Henri 
              Millon de Montherlant  
            
             
             
              Henri Millon de Montherlant 
               
               Nato a Paris nel 1896 (vi morì 
                nel 1972), di famiglia aristo cratica di origine catalana, crebbe 
                con una concezione del mondo eroica e fortemente individualistica, 
                influenzato in modo determinante dalle opere di M. Barrès, 
                André Gide, Friedrich Nietzsche. 
                 
                 A Barrès è ricollegabile il 
                primo libro, Il cambio del mattino (La relève du matin, 
                1920). Romazi successivi: Il sogno (Le songe, 1922), I gladiatori 
                (Les bestiaires, 1925), Gli scapoli (Les célibaitaires, 
                1934), il ciclo de Le fanciulle (Les jeunes filles, 1936-1939). 
                In queste opere emerge una radicale contrapposizione individualistica 
                alla realtà quotidiana, fino al rifiuto di ogni genere 
                di rapporto interpersonale. 
                 
                 La seconda guerra mondiale lo lasciò 
                in posizione sostanzial mente estranea rispetto agli avvenimenti. 
                Il suo libro Solstizio di giugno (Solstice de juin, 1941), non 
                gradito agli occupanti nazisti, spiacque anche alla resistenza. 
                Completamente isolato alla fine della guerra, si dedicò 
                al teatro, esprimendo un esi stenzialismo al di sopra della storia, 
                oscillante tra epicureismo e morale giansenista, nei toni austeri 
                del dramma classico secentesco: La regina morta (La reine morte, 
                1942), Il granmaestro di Santiago (Le mâitre de Santiago, 
                1947), Port-Royal (1954), Il cardinale di Spagna (Le cardinal 
                d'Espagne, 1960), La guerra civile (La guerre civile, 1965). 
                 
                "Port-Royal" è un dramma in un atto: 
                l'azione si svolge nel 1664 in un parlatoio disadorno di Port-Royal. 
                Il giansenismo è stato condannato e l'autorità ecclesiastica 
                preme affinché le religiose sottoscrivano il "formulario" 
                che rinnega la dottrina di Giansenio. Lo spettatore assiste al 
                loro dibattito, l'angoscia per l'attesa dell'arrivo dell'arcivescovo 
                Péréfixe. Suor Angélique Arnauld, nipote 
                del fondatore della comunità, nonostante senta vacillare 
                la propria fede, incoraggia le consorelle a resistere; piena di 
                certezze invece la sua protettrice, la badessa Agnès. All'arrivo 
                dell'arcivescovo, le suore rifiutano di sotto scrivere il "formulario": 
                egli ordina che 12 suore vengano segre gate a Paris nel convento 
                dei gesuiti. In scena alla fine resta no solo suor Angélique 
                e la novizia suor Françoise. Suor Angéli que, sempre 
                più in preda al dubbio religioso, costretta ad abban donare 
                Port-Royal che è stata la sua ragione di vita, sostiene 
                la fede della novizia, ma lo fa con aria distaccata e con parole 
                meccaniche tanto che suor Françoise resta perplessa. Suor 
                Angéli que si allontana, suor Françoise rientra 
                in clausura. La scena resta vuota fino all'arrivo della nuova 
                Superiora preposta alla direzione del monastero. 
                 
                 Ritornò al romanzo con Il caos e la 
                notte (Le chaos et la nuit, 1963). Nel 1968 pubblicò La 
                rosa di sabbia (La rose de sable) scritto nel 1930-32 durante 
                un viaggio in Africa del nord: il romanzo, critico nei confronti 
                del colonialismo francese, fu apprezzato. 
                 
                 Montherlant fu autore di teatro di successo 
                tra le due guerre. Il suo pensiero, complesso ma di dubbia consistenza, 
                trova nel mezzo teatrale lo strumento più idoneo per un 
                monologare solitario e consapevolmente perdente. 
               
              
               
              [1997]
              
             
            
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