Vladimír 
              Holan  
            
             
             
              Vladimír Holan 
               
               Vladimír Holan ([Boemia] 1905\1980) 
                è creatore di una poesia di ardue visioni interiori e di 
                straordinaria densità metaforica. Dopo la prima raccolta 
                di versi Il ventaglio delirante (1926) maturata con originalità 
                di scrittura e di temi nel clima del poetismo, si tenne in disparte 
                dalle correnti letterarie contemporanee. Fece una scelta di autoreclusione, 
                a partire dall'ultima guerra fino alla morte, nella sua casa nell'isola 
                di Kampa (Praga). La sua poesia è densamente intellettualistica, 
                ricca di metafore oscure e cristalline, tesa a di stillare i nuclei 
                metafisici del rapporto tra uomo e realtà: Trionfo della 
                morte (1930), L'arco (1934). Dopo la guerra e l'occupazione nazista 
                si volse verso una maggiore affabilità, raggiungendo a 
                tratti una semplice e grandiosa eloquenza epica: Primo testamento 
                (1940), Terezka Planetova (1944), Viaggio d'una nuvola (1945), 
                Ringraziamento all'Unione Sovietica (1945), Requiem (1945), Soldati 
                rossi (1956). Dopo questa parentesi H. abbandonò definitivamente 
                i temi politici e tornò, approfondendole, alle sue ardue 
                visioni interiori. Nel poema Una notte con Amleto (1964) gli incubi 
                della fantasia del poeta parlano per bocca di una stralunata reincarnazione 
                dell'eroe shakespeariano, in un frenetico sovrapporsi di tempi 
                storici e di motivi mitici e etnologici. Negli ultimi anni ha 
                scritto: Ma c'è la musica (1968), Un gallo a Esculapio 
                (1970), I documenti (1976), Ovunque è silenzio (1977). 
                
                 
                 Pur nel suo itinerario solitario e singolare, 
                la poesia di H. che è una delle migliori espressioni della 
                lirica del secolo, dimostra una spontanea contiguità con 
                alcune costanti della poesia ceca: la tensione barocchista con 
                i suoi possibili sbocchi surrealisti; l'ispirazione notturna che 
                ha il massimo esempio nell'opera di Mácha e che in H. è 
                soprattutto compresenza di morte e di vita, presenza occulta della 
                morte come matrimonio della vita. 
               
              
               
              [1997]
              
             
            
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