Storia della letteratura europea - Torna in homepageLouis Ferdinand Céline


Louis Ferdinand Céline


Louis-Ferdinand Destouches nacque a Courbevoie (nella Seine), nel 1894 (morto a Meudon nel 1961). Céline era il nome della non na materna. Partecipò volonta- rio alla prima guerra mondiale dove fu gravemente ferito e decorato. Nel 1926-1933 fu legato a Elisabeth Craig, una ballerina statunitense conosciuta a Ginevra per caso. Fece un viaggio in USA, dove conobbe la condizione di alie nazione dello sfruttamento capitalistico nelle fabbriche Ford di Detroit («non ti serviranno a niente qui i tuoi studi, ragazzo! Mica sei venuto qui per pensare ma per fare i gesti che ti ordi neranno di eseguire. Non abbiamo bisogno di creativi nella nostra fabbrica. E' di scimpanzè che abbiamo bisogno. Ancora un consi glio. Non parlare mai più della tua intelligenza! Penseremo noi per te, amico!», scriverà nel "Viaggio al fondo della notte", ri prendendo le sue note scritte in quell'occasione): nel 1925, come membro di una delegazione incaricata dalla Health Section della Società delle Nazioni di esaminare le condizioni sanitarie nel Nord America. Fece poi il medico condotto nei quartieri popolari di Paris.
Il suo primo romanzo, Viaggio al fondo della notte (Voyage au bout de la nuit, 1932) uno dei libri più importanti del secolo, in gran parte autobiografico, avente per protagonista il medico Bardamu con la sua visione disperata e sarcastica della vita. Il protagonista Ferdinand Bardamu viene ferito durante la prima guerra mondiale; in convalescenza a Paris conosce l'americana Lola. Smobilitato e intenzionato a partire per l'America, si ri trova in Africa. Da questo momento incorre in una serie di avven ture ora tragiche ora buffonesche, che servono all'a. a fustigare la società moderna con le sue guerre, le sue avventure coloniali, le infinite storture e imposture. Dopo un breve soggiorno in Africa Bardamu raggiunge fortunosamente l'America e si arruola nel servizio immigrazione. L'America gli riesce insopportabile. Ritrova Lola, si fa prestare da lei un'ingente somma di denaro, torna in Francia. Aperto uno studio medico in provincia non esita a procurare aborti. Stanco di questa esperienza, torna a Paris dove un amico, il saggio Parapine, gli procura un nuovo lavoro.
"Viaggio al fondo della notte" fu subito scandalo, provocando nell'ambito letterario un vero terremoto. Il testo era stato presentato da Céline al comitato di lettura di Gallimard che lo aveva rifiutato (del comitato facevano parte anche Emmanuel Berl e André Malraux, gli unici che invece si mostrarono interessati). Nell'aprile 1932 Céline aveva lasciato il testo, senza nome né indirizzo dal piccolo e giovane editore Denoël, che non s'era la sciata sfuggire l'occasione: Denoël aveva individuato l'autore servendosi di una etichetta presente casualmente nel pacco di im ballaggio (che era servito alla domestica di Céline per avvolgere le pantofole: anche questo fa parte del mito letterario), e pochi mesi dopo, in tempo per concorrere ai premi letterari, la pubbli cazione senza tagli né correzioni di grammatica o di punteggiatu ra (come avrebbero voluto i tipografi). In pochi mesi ebbe centi naia di recensioni: un libro-scandalo, tanto più che non gli fu dato (come invece si pensava fino all'ultimo) il premio Goncourt. Da una parte coloro in cui era più forte il sentimento di liberazione alimentato da una denuncia spietata della realtà, dall'altra quelli che non potevano contenere il potenziale emotivo scatenato da tanta miseria e disperazione; gli uni senza vedere ciò che nel romanzo andava contro le loro opinioni, gli altri denunciando l'assenza di ciò che avrebbe potuto liberarli dal senso di nausea che li opprimeva. Così gli anarchici si ritrovarono accanto alla destra individualista e pessimista, i comunisti con la destra patriottica e cattolica. Più omogenee le reazioni degli scrittori (da Malraux a Bernanos, da Aragon a Mauriac), più sensibili alla novità célianiana. Henry Miller allora a Paris dirà più tardi che nessun scrittore gli procurò mai un tale shock.
Quattro anni dopo un altro capolavoro, Morte a credito (Mort à credit, 1936). In entrambi è un'oscuro senso della morte che minaccia costantemente i protagonisti, attenzione vigile alla natura umana colta nei suoi eccessi, nel crimine, nella negazione, nella violenza, mediante uno stile realistico e aspramente colloquiale.
Seguono: il pamphlet antisovietico Mea culpa (1937), Il ca stello dei rifugiati (D'un chateau l'autre, 1957), Nord (1969), Il ponte di London (Le pont de Londres, 1964), Rigodon (1969). In alcune di queste emerge l'antisemitismo già presente in Bagatelle per un massacro (Bagatelles pour un massacre, 1937).
Dopo il 1936 Céline si distingue per la sfrenata invenzione linguistica e trasfigurazione fantastica. Il monologo celiniano si fa sempre più sincopato, eccitato, delirante: rimane poco del la dolorosa fraternità e del senso di rivolta presenti, sotto il cinismo, nei primi due romanzi. Durante la seconda guerra mondiale, Céline si unì ai tedeschi in ritirata. Arrestato come collaborazionista, venne incarcerato. Nel 1951, amnistiato, tornò in Francia.
Per lo stile di Céline si è parlato di espressionismo. Basta prendere un brano come il seguente, tra le prime pagine di "Morte a credito": "La gare c'était dedans come une boîte, la salle d'attente pleine de fumée avec une lampe d'huile en huat, branleuse au plafond. Ça tousse, ça graillonne [scaracchia] autour du pe tit poêle, les voyageurs, tout empilés, ils grésillent dans leur chaleur. Voici le train qui vrombit, c'est un tonnerre, on dirait qu'il arrache tout. Les voyageurs se trémoussent, se décarcassent [ce la mettono tutta], chargent en ouragan les portières" Rappresentazione antropomorfica del mondo esterno e unanimismo delle folle sono tipici elementi espressionistici; mentre la violenza del cromatismo si affida a elementi gergali (tradotti tra parentesi quadre). La descrizione è tradotta nel linguaggio dell'historicus, il monologo interminato che costituisce la trama di tutto Céline, un monologo esteriorizzato e ancora naturalistico (cosa diversa dal monologo interiore joyceiano). Il suo historicus è potentemente colloquiale, ma l'impianto è lirico. Quella di Céline è una triturazione del discorso, che conosce il parossismo di spezzature, la successione di addenti con cui si cerca un impossibile esaurimento. Céline porta all'iperbole la rappresentazione di funzioni corporee: la sua corporeità orgiasticamente secerne deiezioni, atti sessuali, malattie, vomito, percosse. L'oltranza di Céline rivela flagrantemente la sua motivazione pratica, la turpe infelicità della sua sorte che si compensa in un'ostentazione di abiezione. Ciò che differenzia Céline dagli espressionisti è nella diversa pratica dell'io: per gli espressionisti tedeschi l'Io ha valore mistico, non soggettivo, gli stessi personaggi del loro teatro sono funzioni senza individuale stato civile, al contrario dell'eccessivo e soggettivissimo io célineiano.
Lo "scandalo" che provocò Céline dal suo primo romanzo in poi, non è solo dettato dalla presenza dell'osceno. La sua scrittura attaccava le fondamenta dell'edificio letterario, la fonte della sua legittimità. Con Céline la scrittura ritrova la polifonia orale della sua origine: ciò che si legge e sente non è la lingua di Amyot, ma la lingua di Rabelais. Ciò che il francese avrebbe potuto essere se non fosse stato trasformato nel linguaggio im balsamato di cui il potere ha fatto da sempre lo strumento del suo dominio. Dominio del corpo sociale e delle sue pulsioni, di tutto ciò che poteva far tremare la fragile rappresentazione di sé che i più forti cercano di darsi. Prima di Céline c'erano sta ti "Il fuoco" di Barbusse, e l'"Hotel del Nord" di Dabit: anch'esse avevano una presa in diretta sul loro tempo, ma a tutta la produzione "populista" manca lo spessore che si individua per esempio nel "Viaggio al fondo della notte". Céline garantisce l'autenticità del reale senza rinunciare ai diritti dell'immaginazione, sfruttando la distanza della trasposizione, facendone il luogo liberato in cui l'autobiografia sfugge ai doveri dell'esattezza e la finzione al rischio della gratuità. Della guerra, della colonizzazione, del lavoro industriale, l'alienazione metropo litana, la miseria delle periferie, di queste esperienze che fu rono tra le più traumatiche del secolo, "Viaggio al fondo della notte" dà una immagine forte, trasfigurata dalle proprie osses sioni. E' un viaggio verso il polo negativo delle repulsioni, un "potere dell'orrore" (*J. Kristeva). Al "fondo" della notte deve arrivare Bardamu in un percorso iniziatico che dal buco nero del la guerra sbocca in quello ancora più oscuro della morte: «Coraggio, Ferdinand, ripetevo a me stesso, per tenermi su, a forza di essere sbattuto fuori dapertutto, finirai di sicuro per trovarlo il trucco [le truc] che gli fa tanta paura a tutti, a tutti gli stronzi che ci sono in giro, deve stare in fondo alla notte. E' per questo che non ci vanno loro in fondo alla notte» E' una parabola che rimanda all'epopea conradiana di "Cuore di tenebre", e all'invito del "Viaggio" baudelariano («o morte, vecchio capitano») a andare in fondo all'ignoto per trovare il nuovo. Una attrazione compulsiva verso il pericolo che porta Bardamu, protagonista del "Viaggio al fondo alla notte", verso la catastrofe: metafora parossistica della condizione dell'uomo moderno, della sua condanna a spingersi sempre oltre verso una esperienza dell'alterità che gli è ripetutamente negata. Solo quando fa sua la lezione del Freud di "Al di là del principio di piace re" che Bardamu capisce che non c'è via di scampo, deve andare fino in fondo, non serve a niente la rivolta. E' un radicale pessimismo, l'assenza totale di riscatto che non bastano da soli a spiegare lo scandalo provocato dal suo primo romanzo e dai suc cessivi. Nella denuncia delle miserie Céline abolisce la distanza tra oggetto e soggetto, usando la lingua degli sfruttati, l'orale popolare (che non sempre coincide con l'argot): «No, l'argot non si fa con un glossario, ma con immagini nate dall'odio, è l'odio che fa l'argot. L'argot è fatto per esprimere i veri sentimenti della miseria [...[. L'argot è fatto perché l'operaio possa dire al padrone che detesta: tu vivi bene e io male, mi sfrutti e giri con il macchinone, ti farò fuori ...» Céline porta sulla scena della scrittura non solo quelli che erano stati a lungo emarginati (altri, pochi, l'avevano fatto), ma anche le forze inconsce che con essi erano state rimosse (e in questo era il primo). Narratore e racconto emergono fin dall'ini zio senza indicazioni di spazio e di tempo: «ça a débuté comme ça» è l'incipit del "Viaggio": un doppio riferimento all'Es (ça) freudiano, e un "iniziare" (débutér) che rompe una unità primor diale. In Céline l'immaginazione non è il prodotto di fantasmi, ma il loro confronto con il reale; la scrittura non è il linguag gio delle sole pulsioni. La scrittura célianiana è il risultato di un attentissimo lavoro letterario, teso a recuperare l'affettività e la comunicazione davanti all'orale. "Viaggio al fondo della notte" è opera inaugurale ("débuté...") in cui sono allo stato germinale i procedimenti che Céline porterà nelle opere successive all'estremo: giochi fonici, slittamenti semantici, uso della paratassi, quello dei famosi tre puntini. Nel "Viaggio" il periodo è ancora delimitato dai segni della punteggiatura, ma già dislocato dalla segmentazione, da quella che *L. Spitzer chiamò "anticipazione" e "ripresa". Una lingua legata alla struttura complessiva. E' come se la scrittura fosse l'unico bene restitui to a una umanità privata di tutto.
A una inchiesta tra vari scrittori fatta da «Nouvelles Littéraires», rispose una volta: «scrivo come posso, quando posso, dove posso [...] ho sempre dovuto rubare ore a quelli che mi da vano lavoro, rubare tempo ai mestieri che mi davano il pane [...]. Scrivo in fretta e furia, come sempre ho vissuto: in fret ta e furia». E ancora, altrove: «l'argot non si fa con un glossario, ma con delle immagini nate dall'odio, è l'odio che fa l'argot. L'argot è fatto per esprimere i veri sentimenti della miseria».



[1997]

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