Kipling o la coscienza dell'Impero
Kipling è stato considerato come il capofila della
letteratura dell'imperialismo, il celebratore della pax
britannica imposta ai popoli di colore come pegno del loro
inserimento in un progresso universale. E' stata una interpretazione
superficiale. Kipling non possiede la presunzione del propagandista,
ma l'inquieta coscienza del moralista. E' consapevole che
l'impero britannico incontrerà la decadenza, ma sostiene
sulla base di un certo stoicismo di matrice metodista, che
le istituzioni imperiali debbono essere difese con la forza
di una disciplina etica. L'azione sociale dell'uomo ha significato
solo con la capacità che ha l'uomo di crearsi codici
e regole. Kipling è affascinato da tutti i gruppi
sociali cementati da vincoli di lealtà e solidarietà,
e ubbidienti a schemi di comportamento: le scuole, le comunità
militari, persino l'associazione degli animali della giungla
soggetti a una inderogabile Legge. Kipling così,
indirettamente, studia gli istituti, le strutture, le estreme
sanzioni che impediscono alla società di dissolversi.
Ma Kipling assegna anche un ruolo importante all'esperienza
individuale. Essa è spesso vista da Kipling come
stimolo dialettico: in questo ritmo contraddittorio tra
l'esplicazione dell'energia del singolo e la realizzazione
dell'armonia sociale, sta il senso dell'ideologia kiplingiana.
Ciò che ne fa, anche stilisticamente, qualcosa di
unico nel panorama della produzione narrativa europea tra
fine del XIX secolo e inizio del XX.
Contesto
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