Storia della letteratura europea - Torna in homepageAndrej Belyj


Andrej Belyj


Si chiamava Boris Nikolaevic Bugaev. Nato a Mosca nel 1880, si laureò in matematica e filosofia all'Università di Mosca. Dopo il fallimento della rivoluzione del 1905, che aveva accolto con en tusiasmo come altri poeti simbolisti, ripiegò nel misticismo. Do po il matrimonio con Asja Turgenev si convertì all'occultismo e alle teorie dell'antroposofo Rudolf Steiner, che raggiunse a Dor nach nel 1914 per contribuire alla costruzione del tempio-teatro di Goetheanum. Tornò in Russia dopo lo scoppio della rivoluzione, soffrì i disagi della durissima vita postrivoluzionaria. Nel 1922 si recò a Berlin, ma tornò dopo poco in Russia. Morì a Mosca nel 1934.
Belyj esordì in campo letterario con una composizione in prosa ritmica, la II Sinfonia (1903) cui seguirono nel tempo la I , la III e la IV . Si tratta di un testo pervaso dalla fede nell'avven to di una nuova favolosa era mistica. Seguirono i versi di Oro nell'azzurro (1904), pieni di riferimenti a Nietzsche e all'iconografia romantico-simbolista di Böcklin. Il ripensamento mistico post-1905 si riflette tra l'altro nelle liriche di Cenere (1908) le più cupamente realistiche della sua produzione.
Il suo primo romanzo Il colombo d'argento (1909) è la storia dell'assassinio di un intellettuale da parte di una setta orgiastica. E' già indicativo della complessa tecnica narrativa di Belyj e della sua prosa ricca di valori musicali. La sua ricerca è spinta fino alla disintegrazione del linguaggio comune in Pietro burgo , il suo romanzo più noto, scritto nel 1911- 12 fu pubblicato nel 1913-1914, imperniato sull'attentato dinamitardo compiuto da un giovane terrorista ai danni del padre burocrate. La vicenda si svolge all'epoca della rivoluzione del 1905 e della guerra russo-nipponica, su uno sfondo di scontri comizi scioperi. In quella Pietroburgo i cui abitanti sono sconvolti ma che si erge come immobile prodotto razionale, si muovono i protagonisti: l'alto funzionario statale Apollon Apollonovic Ableuchov, e suo figlio Nikolaj. Nikolaj si trova quasi senza sapere come, costretto per eseguire gli ordini del «partito» a compiere un attentato contro il padre. La bomba, in una scatola di sardine, gli è stata consegnata da un misterioso emissario, Dudkin, che lo incita a mantenere la sua promessa. Nikolaj non ricorda di aver promesso il parricidio ma si trova ben presto circondato da una serie di persone che lo forzano e lo giustificano. In una atmosfera onirica che rende indistinguibile la realtà dall'allucinazione, si assiste al ritorno della madre di Nikolaj fuggita tempo addietro. Le dimissioni di Apollon. I vagabondaggi di Nikolaj in domino rosso. L'assassinio di uno dei cospiratori, Lippacenko. Infine lo scoppio della bomba, che non ucciderà il padre ma che segnerà la fine di ogni rapporto tra lui e Nikolaj. In "Pietroburgo", che ha la struttura meticolosamente tortuosa di un delirio, la scrittura di Belyj giunge a effetti di gusto decisamente espressionista.
Al soggiorno mistico di Dornach risale Kotik Letaev (1922), il suo romanzo più audacemente sperimentale, che illustra in frammenti suggestivamente oscuri e sconnessi il progressivo formarsi della visione del mondo di un bambino.
Belyj salutò trionfalmente la rivoluzione del 1917 con il poe metto Cristo è risorto (1918), identificando il bolscevismo con la rinascita spirituale del suo paese. Tormentato dai disagi del la durissima vita post-rivoluzionaria, tornò con il ricordo all'idillica Mosca dell'infanzia nel poemetto Primo incontro (1921), la sua cosa migliore in versi. A Berlin scrisse le poe sie di Dopo il congedo (1922) caratterizzate dalla completa di struzione dei nessi logici e sintattici e dal ritmo soffocato e convulso.
Si dedicò poi prevalentemente alla stesura di ricordi: "Ricor di di Blok" (1922), "Al confine tra due secoli" (1930), "L'inizio di un secolo" (1933), "Tra due rivoluzioni" (1934). Negli ultimi anni, sempre più malvisto dalla critica ufficiale per la sua estraneità all'imperante realismo, iniziò una tetralogia narrati va di cui ci sono noti solo due romanzi, Mosca (1926) e Maschere (1932).
Fondamentali restano i suoi studi sui problemi della forma letteraria: "Simbolismo" (1909), "L'arte di Gogol'" (1922), "Ritmo come dialettica" (1928). Essi preludono e arricchiscono le ricerche dei critici formalisti.
La vasta opera di Belyj riflette la sua personalità ardua e contraddittoria. Egli si atteggia a mistico e profeta per poi rinnegare sé stesso nei soprassalti di una ironia devastatrice. Costituisce nel complesso una delle più notevoli espressioni di tutta la produzione russa moderna.



[1997]

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