"La 
              Veneziana" 
            
             
             
              "La Veneziana" 
               
               La veneziana (La venexiana) è il titolo di 
                una commedia anonima. Il manoscritto (si trova alla Biblioteca 
                Marciana) è firmato da un certo Hieronimus Zarellus: costui 
                è forse solo il copista, non l'autore. Fu scoperta nel 
                1928 da *E. Lovarini , che ipotizzò una attribuzione a 
                G. Fracastoro; altri studiosi hanno formulato altre ipotesi, ma 
                nessuna conclusiva. 
                 
                L'azione inscena gli espedienti di due nobildonne, la vedova Anzola 
                e la giovane sposa Valiera, con il concorso delle rispettive serve 
                e di un facchino-gondoliere, per soddisfare la loro passione per 
                un milanese poco più che adolescente, Iulio. 
                 
                Vivace il disegno dei due caratteri femminili, ardentemente sensuali, 
                e di quello maschile, incline all'esperienza libertina. E' uno 
                spaccato dell'ambiente aristocratico veneziano del XVI se colo, 
                forse con riferimenti a fatti di cronaca e maldicenze mondane 
                degli anni 1535-37. Si distingue dal repertorio classicheg giante 
                inaugurato da Ariosto per il carattere novellistico. Diversamente 
                dalla scena prospettica all'aperto del teatro classicista, la 
                commedia rivela gli interni domestici, e sottolinea un fervore 
                erotico audacemente (specie per i secoli successivi con troriformistici 
                e bacchettoni) dichiarato e rappresentato. Il dialogo asseconda 
                la mimesi realistica delle situazioni, e la varietà dei 
                comportamenti e della caratterizzazioni psicologiche. Si alterna 
                il veneziano dei personaggi femminili (padrone e ser ve) con l'italiano 
                lezioso del giovane forestiero, e con il ber gamasco espressionistico 
                del facchino. 
                 
                Il prologo monologante, di intonazione artificiosa, esprime il 
                giudizio morale dell'autore, la sua dissociazione di maniera. 
                Tanto è vero che non interferisce nella spregiudicata vicenda, 
                affidata al suo ritmo naturale, senza conclusione. 
               
              
               
              [1997]
              
             
            
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