Gian 
              Giorgio Trissino 
            
             
             
              Gian Giorgio Trissino 
               
               Gian Giorgio Trissino nacque a Vicenza nel 1478. Di famiglia 
                patrizia, studiò greco a Milano sotto la guida di Calcondila. 
                Esiliato da Vicenza in quanto fautore del partito imperiale, fu 
                a Firenze e poi a Roma (dove morì nel 1550), svolgendo 
                missioni di plomatiche per i papi Leo X, Clemens VII e Paulus 
                III. 
                 
                Fu fautore di un classicismo integrale, conforme ai princìpi 
                aristotelici, che espose nelle sei parti della Poetica (1529- 
                1562), una gigantesca e macchinosa sistemazione di tutti i generi 
                letterari, ciascuno ricondotto a precise regole di struttura, 
                stile e metrica. 
                 
                Le opere poetiche di Trissino sono una puntuale applicazione di 
                questa normativa: così la Sofonisba (composta nel 1514-5, 
                pubbl. 1524) è la prima tragedia "regolare" del secolo. 
                Scrisse anche una raccolta di Rime volgari (1529) interessanti 
                per gli esperimenti metrici. L'Italia liberata dai Goti (1527- 
                1547) è un laborioso poema in 27 libri sulla guerra tra 
                bizantini e ostrogo ti del 535-39. I simillimi (1548) una quasi 
                traduzione dei "Me naechmi" di Plautus. 
                 
                Più interessanti i suoi interventi linguistici, per le 
                vivaci reazioni che suscitarono. Nel dialogo Il castellano (1529), 
                con tro la tesi di Bembo e Machiavelli, e proponendo una tendenziosa 
                lettura dell'"Eloquenza del volgare" di Alighieri (che Trissino 
                tradusse e pubblicò quell'anno), sostenne l'idea di una 
                lingua "cortigiana", formata dalla mescolanza di tutti i dialetti. 
                La tesi ebbe la contestazione dei letterati toscani. Altra polemica 
                suscitò la sua proposta di riformare l'alfabeto italico 
                con l'adozione di vocali e consonanti dell'alfabeto greco ( Epistola 
                in torno alle lettere nuovamente aggiunte alla lingua italiana 
                , 1524). 
               
              
               
              [1997]
              
             
            
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