Edmund 
              Spenser 
            
             
             
              Edmund Spenser 
               
              Nato a London nel 1552, da auna famiglia di modestissimi mezzi, 
                frequentò da ragazzo come "poor boy", studente 
                non abbiente, la Merchant Taylor's Grammar School di London. Nel 
                1569 iniziò gli studi universitari a Cambridge: qui acquistò 
                gran parte della sua profonda conoscenza della letteratura antica 
                e moderna. In questo periodo ruolo importante nella sua formazione 
                intellettuale ebbe l'influenza dell'amico Gabriel Harvey, uno 
                studioso puritano dotato di vastissima cultura e ingegno acuto. 
                Grazie a lui trovò impiego nel 1578 presso il potente Robert 
                Dudley conte di Leicester e favorito della regina Elizabeth I. 
                In questo stesso anno conosce Philip Sidney che era nipote di 
                Dudley, ed entrò a far parte del suo influentissimo circolo 
                letterario e politico. Spenser fu molto amico di Sidney, e a lui 
                dedicò la sua prima opera poetica, Il calendario del pastore 
                (The shepheard's calendar), che uscì a London nel 1579 
                (con xilografie). Nel 1580, nominato segretario privato di lord 
                Grey, lo seguì in Irlanda. Rimase qui il resto della sua 
                vita, tranne che per alcuni soggiorni a London: nel 1590-91 e 
                nel 1595 per pubblicare i primi canti de "La regina delle 
                fate". Nel 1591 pubblica un libro di poesie minori, i Lamenti 
                : con varie poesie brevi sulla vanità del mondo (Complaint 
                : containing sundry small poems of the world's vanity). Questa 
                raccolta contiene tra l'altro Le rovine del tempo (The ruins of 
                time), una elegia in cui piange la morte di Sidney e del conte 
                di Leicester; e un poemetto satirico sulla vita di corte, Il racconto 
                di mamma Hubbard (Mother Hubbard's tale). Nel 1594 sposò 
                in seconde nozze Elisabeth Boyle. E' lei la probabile destinataria 
                di due tra le opere migliori di Spenser: la collana di sonetti 
                "Amoretti", e il poemetto Epithalamion (1595). Nello 
                stesso 1595 pubblicò il poemetto Colin Clout torna a casa 
                (Colin Clout's come home again). Nel 1596 sono i Quattro inni 
                (Fowre hymnes), la sua opera più apertamente neoplatonica; 
                e i libri IV-VI de "La regina delle fate". Nello stesso 
                periodo scrisse il Prothhalamion dedicato al conte di Essex, e 
                il Discorso sullo stato attuale dell'Irlanda: si tratta di un 
                saggio molto ben informato anche se di parte (fu pubblicato poi 
                solo nel 1633). Nel 1598 i rivoltosi irlandesi incendiarono il 
                castello di Kilcoman [Cork] dove risiedeva Spenser. Nell'incendio 
                andarono distrutti forse gli ultimi canti de "La regina delle 
                fate". Spenser fece ritorno a London. Vi morì nel 
                1599. 
               
              Spenser fu il grande musico del vero inglese, perfezionò 
                la metrica di Chaucer facendone un docile strumento per il suo 
                successore, Milton. Il "Calendario del pastore" segna 
                l'avvento del "poeta nuovo", di colui che in una stagione 
                transitori della letteratura inglese, si riallaccia al passato 
                prossimo e a quello remoto della cultura nazionale ed europea, 
                specialmente quella italica e francese del secolo, oltre ai classici 
                greci e latini, per inserire le varie tradizioni in una trama 
                poetica rinnovata. Tra le cose migliori di Spenser sono gli "Amoretti" 
                e soprattutto l'"Epithalamion": quest'ultimo è 
                un poemetto di una complessità metrica nuova in Inghilterra: 
                di raro splendore formale ma anche profonda sincerità di 
                sentimenti. Le sue capacità trovano più compiuta 
                espressione ne "La regina delle fate", in cui cerca 
                di tradurre le situazioni astratte e concettuali in forme concrete 
                e drammatiche. 
               
              La regina delle fate (The faerie queene) fu composto 
                nel 1589-1596. E' un poema epico allegorico cavalleresco, in ottave 
                con l'aggiunta di una nona rima in dodici sillabe. La regina delle 
                fate è la Gloria (Gloriana con i suoi dodici cavalieri), 
                ma anche la regina Elizabeth I, cui il poema è dedicato. 
                Il piano dell'opera prevedeva 12 libri o canti, ma Spenser ne 
                portò a termine solo sei. Ogni libro è dedicato 
                a un cavaliere della corte di Elizabeth, e ciascuno di essi rappresenta 
                una virtù. Il primo è dedicato alle avventure del 
                Cavaliere della Croce Rossa (la chiesa anglicana) protettore della 
                vergine Una (la vera religione). Il secondo descrive la lotta 
                di sir Guyon, cavaliere della Temperanza, contro Acrasia (l'Intemperanza). 
                Il terzo narra la leggenda di Britomart e Belphoebe, che esemplificano 
                la Castità. Il quarto tratta di Triamond e Cambell simboli 
                dell'Amicizia. Il quinto racconta di Artegall cavaliere della 
                Giustizia. Il sesto infine le avventure di sir Calidore, che esemplifica 
                la Cortesia. I dodici cavalieri dovevano allegorizzare le dodici 
                virtù morali secondo Aristoteles, fondendo precetti morali 
                e celebrazioni delle virtù cortigiane. 
               
              Spenser fu celebre già al suo tempo. Una fama che si 
                protrasse anche dopo la sua morte. La sottigliezza dei suoi versi 
                e la ricchezza delle immagini lo hanno posto tra i massimi poeti 
                inglesi. Ebbe una immensa influenza sul linguaggio e sulla versificazione. 
                Un valore che risulta decisamente appannato per il gusto odierno: 
                i suoi ritmi musicali sono ipnotici e poco profondi, a volte Spenser 
                sacrifica il contenuto a favore di una forma puramente esornativa. 
                La stessa molteplicità di temi de "La regina delle 
                fate" fa pensare a una scarsa possibilità di padronanza 
                da parte sua, un eccesso indipanabile. 
               
              
               
              [1997]
              
             
            
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