Christopher 
              Marlowe 
            
             
             
              Christopher Marlowe 
               
              Nato a Canterbury [Kent] nel 1564, figlio di un benestante calzolaio, 
                dopo i primi studi a Canterbury fu dal 1581 borsista a Cambridge, 
                dove si laureò nel 1587. Risalgono a questo periodo i primi 
                contatti con il servizio segreto di stato e con il circolo di 
                Walter Raleigh che amava circondarsi di tipi spregiudicati e aperti. 
                Poco si sa dopo il trasferimento a London. Nel 1589 fu coinvolto 
                in una lite. Il 30 maggio 1593 fu ucciso in una taverna a Depford 
                [London] durante una rissa sorta per il pagamento del conto. 
               
              Ateo, schernitore della religione, ammiratore di Machiavelli, 
                Marlowe fu il maggiore degli 'university wits'. Negli anni universitari, 
                con le traduzioni degli "Amori" di Ovidius e della "Farsalia" 
                di Lucanus, Marlowe maturò una abilità metrica che 
                lo fece maestro del 'blank verse'. Forse dello stesso periodo 
                di queste traduzioni è la sua prima opera drammatica, La 
                tragedia di Dido regina di Carthago (The tragedy of Dido queen 
                of Carthage, c.1586) di un classicismo ancora accademico. Raggiunse 
                presto il successo con Tamburlaine il grande (Tamburlaine the 
                great), rielaborazione fantastica e tragica delle imprese del 
                leggendario conquistatore mongolo Timur (Tamerlanus), in due parti 
                (1587 e 1588). Dopo "Tamburlaine" fu La tragica storia 
                del dottor Faustus (The tragical history of doctor Faustus, 1588 
                o 1592). Essa, ispirata alla tedesca "Storia di Johann Faust" 
                (Historia von Johann Fausten, 1587), entrò nei secoli seguenti 
                nel repertorio del teatro dei burattini: tramite questo giunse 
                fino a Goethe. La tragedia di Marlowe è la storia del teologo 
                e negromante Faust che evoca Mefistofele e stringe un patto con 
                il suo padrone Lucifero: gli vende l'anima in cambio di 24 anni 
                di vita e dei servigi di Mefistofele. Faustus vuole diventare 
                l'uomo più potente del mondo. A Roma libera l'antipapa, 
                sbalordisce Carlo V imperatore di Germania con i suoi poteri magici, 
                chiede il bacio di Elena di Troia. Avvicinandosi l'ora della morte, 
                teme implora, vorrebbe una dilazione: inutilmente. Faustus muore, 
                straziato dai demoni. Sue anche L'ebreo di Malta (The jew of Malta, 
                1589), La strage di Paris (The massacre of Paris, 1591-1592). 
                Un dramma storico è Edward II (1592?). Ultima opera di 
                Marlowe fu il poemetto Hero e Leander (Hero and Leander, 1593) 
                ispirato al greco Museo: Marlowe torna qui ai temi classicheggianti 
                dell'adolescenza, anche se con maggiore maturità. 
               
              Marlowe fu tra i maggiori drammaturghi elisabettiani, per alcuni 
                aspetti precursore di Byron, di Shelley e del romanticismo. In 
                un linguaggio vigoroso e ricco, a volte iperbolico, porta sulla 
                scena individui isolati dal contesto sociale, pervasi da passioni 
                estreme e monologanti titanicamente: Tamburlaine roso dalla brama 
                di dominio, crudele fino al grottesco ma anche inquieto e ansioso 
                di infinito; Faustus assetato di scienza e di bellezza; Barabba 
                implacabile nella ricerca di una vendetta che lo porterà 
                alla rovina. Solo "Edward II", forse anche per l'influenza 
                dell'"Henry VI" di Shakespeare, presenta una struttura 
                diversa: l'attenzione va verso un intero gruppo e non a un personaggio 
                isolato, mentre al prevalente monologo lirico si sostituisce un 
                più vivace tessuto dialogico. 
               
              
               
              [1997]
              
             
            
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