Francesco
Guicciardini
Francesco Guicciardini
Alla storia della cultura, a quella del pensiero
e della storiografia appartiene l'opera di Francesco Guicciardini.
Nato a Firenze nel 1483, dopo aver esercitato l'avvocatura in
varie province toscane, nel 1512 iniziò la carriera politica:
fu ambasciatore della Repubblica Fiorentina presso Ferdinando
il Cattolico. Frutto di questa esperienza fu un Diario di Spagna
(1512) e una Relazione di Spagna (1514). Restaurata la signoria
medicea, la sua ascesa fu rapidissima. Leo X (Giovanni Medici)
lo nominò governatore di Modena (1516) e poi di Reggio
e Parma (1517-1522). Clemens VII lo nominò governatore
della Romagna e poi luogotenente generale delle truppe pontificie.
Di fronte alla minaccia di Carlo V, Guicciardini si fece promotore
di una lega tra gli stati italici, il papa e il re di Francia:
la costituzione della lega fu firmata a Cognac (1526). La lega
fu sconfitta, Roma saccheggiata dalle truppe imperiali (1527),
a Firenze fu instaurata la terza e ultima repubblica. G., accusato
per i trascorsi filo-medicei, si rifugiò nella sua villa
di Finocchietto [Firenze]. Qui, a sua difesa, scrisse una lettera
Consolatoria, una Orazione d'accusa (Oratio accusatoria) e una
incompiuta Orazione difensiva (Oratio defensoria). Tornati i Medici
nel 1531, fu scelto dal duca Alessandro Medici come consigliere
e luogotenente. Il successore invece, il giovane Cosimo Medici,
non lo gradì. Amareggiato, si ritirò in campagna
dove, tra Santa-Margherita-in-Montici e Poppiano trascorse gli
ultimi anni, scrivendo attorno alla sua "Storia d'Italia".
Morì a Santa-Margherita-in- Montici [Arcetri] nel 1540.
Guicciardini fu testimone "dall'interno"
della crisi dei principati italici. Non diede organica sistemazione
al suo pensiero politico. Nelle oltre duecento massime, sentenze,
osservazioni di straordinaria finezza psicologica che compongono
i Ricordi, di cui restano cinque redazioni diverse (dalla prima
del 1512 alla definitiva del 1530), fissò alcuni punti
essenziali della sua visione della realtà. Come Machiavelli,
Guicciardini pensa che la realtà è immutabile e
che le variazioni avvengono solo in superficie. Ma proprio perché
le leggi della realtà sono imperscrutabili, e il senso
profondo della storia sfugge a ogni analisi, è necessario
limitarsi a osservare i mutamenti di superficie. La sorveglianza
richiede il «buon occhio del saggio»: il saggio, se vuol salvaguardare
il suo interesse «particulare» e il suo «decoro», dovrà
affidarsi alla «discrezione»: la sorveglianza deve essere fatta
senza esporsi, cautamente e con prudenza, e seguendo le stesse
regole si deve operare. Cogliendo l'aspetto caratteristico di
ogni situazione, si deve adattare ad esso la propria condotta
(e non viceversa). Siamo nell'ambito di una precettistica esperenziale
e pragmatica, che vale per il campo politico, così come
Castiglione compie un'analogo sforzo precettistico nel campo del
comportamento cortigiano. Ma mentre Castiglione è teso
a uno sforzo estetico, Guicciardini come Machiavelli è
interessato da un interesse pratico, realistico. Un concetto realistico
e relativistico della storia, fondamentalmente scettico nei confronti
degli uomini e della capacità di intervento sulla realtà
è presente in tutti gli scritti di Guicciardini, sia in
quelli politici che in quelli storiografici.
Pragmatismo rigoroso, che esclude la possibilità
di indicare modelli di governo al di fuori di quelli contingenti,
è ne Le cose fiorentine (pubblicate nel 1945) cui iniziò
a scrivere nel 1528, portate avanti con stanchezza per qualche
anno, e abbandonate nel 1531. L'impostazione del lavoro non lo
soddisfaceva, la crisi che Guicciardini vedeva andava oltre quella
di una piccola città. Per questo si dedicò a un
progetto più ampio,quello della Storia d'Italia che, dopo un paziente
lavoro di raccolta del materiale, stese in soli tre anni (1537-1540).
Dopo lunghe manipolazioni di contenuto e forma, l'opera alla fine
risultò di venti libri. E' la prima storia nazionale italica,
di respiro europeo. Essa cerca di ripercorrere un'età di
crisi, e di individuare le cause di quella crisi. Sono gli anni
1494-1534: la calata di Carlo VIII, la lotta tra Francia e Spagna,
l'invasione di Luigi XII (1499- 1514), la prima e la seconda guerra
tra Francesco I e Carlo V, la morte di papa Clemens VII e l'elezione
di Paulus III Farnese. Un quarantennio che Guicciardini contrappone
agli anni dell'equilibrio garantito da Lorenzo Medici (che invece
nelle "Storie fiorentine" era condannato come tiranno).
Guicciardini curò con estremo scrupolo la forma della sua
"Storia": lesse con attenzione le "Prose di lingua
volgare" di Bembo, si fece consigliare da amici. Lo stile
della sua "Storia" è grave, la tendenza è
quella di risolvere tutto nell'azione: rispetto alle "Storie
fiorentine" le descrizioni delle battaglie sono più frequenti,
i personaggi non sono ritratti ma uomini d'azione studiati con
acuta psicologia nella varietà e nel succedersi dei loro
sentimenti e pensieri. Seguendo i canoni della storiografia umanistica,
Guicciardini inserisce numerose orazioni, che servono anche per
variare i punti di vista e la stessa ricostruzione degli episodi.
Bibliografia: Francesco Guicciardini
Storie fiorentine (1508-1510)
Diario di Spagna (1512)
Discorso di Logrogno (1512)
Relazione di Spagna (1514)
Consolatoria (1527)
Oratio accusatoria (1527)
Oratio defensoria (1527)
Del reggimento di Firenze Considerazioni intorno ai "Discorsi"
del Machiavelli sopra la prima deca di Tito Livio (1528)
Ricordi (1512-1530)
Le cose fiorentine (1528-1531)
Storia d'Italia (1537-1540)
[Up] Inizio pagina | [Send]
Invia questa pagina a un amico | [Print] Stampa
questa pagina | [Email] Mandaci
una email | [Indietro]
Europa: Antenati - la storia della letteratura europea online
-
© Antenati 1984-2006, an open content
project
|
|