Michelangelo
Buonarroti
Michelangelo Buonarroti
Michelangelo Buonarroti nacque a Caprese-nel-Casentino nel
1475 (morì a Roma nel 1564). Discepolo di Ghirlandaio e
di Ber toldo a Firenze, nel 1490-1494 visse alla corte medicea,
poi si trasferì a Roma chiamato dal cardinale Riario. Al
primo soggiorno romano risale la statua della "Pietà",
mentre al secondo soggiorno è l'affresco della Cappella
Sistina (1506-1512) su incarico di Julius II. Dopo il 1515 tornò
a Firenze dove lavorò alle tombe medicee e, dopo la cacciata
dei Medici, alle opere di fortifica zione della città.
Nel 1532, dopo una crisi religiosa in cui ha forte influsso anche
Savonarola, torna a Roma. Paulus III lo in- carica del "Giudizio
universale", e lo nomina pittore scultore e architetto di palazzo.
Dal 1547 lavorò alla fabbrica di San Pie tro, per cui progettò
la cupola.
Della sua attività rimària testimoniano le Rime
, raccolte e sistemate inizialmente da Luigi del Riccio e Donato
Giannotti, pubblicate solo nel 1623 a cura del nipote, Michelangelo
Buonarroti junior. Le prime prove risalgono al 1502-3 e mostrano
una dipendenza da Alighieri (quello delle "rime petrose"), da
Petrarca e dai poeti del tardo XV secolo (Lorenzo Medici, Pulci,
i rimatori burleschi). Fino al 1534 il suo interesse per la poesia
fu marginale, anche se con esiti robusti e intensi. Dopo si dedicò
con maggiore continuità. Soprattutto nelle rime per Tommaso
Cavalieri e per Vittoria Colonna, profondamente segnate dal platoni
smo, maggiore è la ricerca formale, spinta a volte fino
al pre ziosismo e al concettismo. Nella produzione posteriore
al 1547 giunge a una maggiore essenzialità, con una totale
fusione tra mondo interiore e espressione, creando una poesia
piena di ansia e tormento religioso.
Riuscì a superare la monotonia e l'artificiosità
della rimeria petrarchesca grazie al suo temperamento risentito
e alla stessa imperfezione letteraria (lo scrivere non era il
suo mestiere, il suo rapporto con la scrittura è un vero
corpo a corpo ma proprio per questo riesce a scrivere forte, con
irruenza, "scultoreamente"); egli ci ha lasciato circa 300 componimenti,
che non volle mai dare alle stampe; si tratta di versi che testimoniano
non so lo la sua attività scultorea («con tanta servitù,
con tanto tedio | e con falsi concetti e gran periglio | dell'alma,
a sculpir qui cose divine...»), ma soprattutto la sua personalità
(«ogni'ira, ogni miseria e ogni forza, | chi d'amor s'arma vince
ogni fortu na»: un concetto dell'amore "armato", proprio perché
doloroso, dimidiato, lacerante: si veda il componimento che inizia
con "Fuggite, amanti, Amor, fuggite 'l foco", oppure quello "Come
può esser ch'io non sia più mio"), la sua ricerca
di una concettosità salda sia nella corrispondenza con
Vittoria Colonna che nell'amore con il giovane Tommaso Cavalieri
.
Documento della personalità di B. sono anche le Lettere
(edite per la prima volta nel 1875), scritte senza pretese ma
con un linguaggio tormentato e personalissimo.
[1997]
[Up] Inizio pagina | [Send]
Invia questa pagina a un amico | [Print] Stampa
questa pagina | [Email] Mandaci
una email | [Indietro]
Europa: Antenati - la storia della letteratura europea online
-
© Antenati 1984-2006, an open content
project
|
|