Pietro 
              Bembo 
            
             
             
              Pietro Bembo 
               
               Pietro Bembo nacque a Venezia nel 1470, da una nobile fami 
                glia. Fu avviato dal padre Bernardo agli studi umanistici. Accompagnò 
                il padre in numerosi viaggi e missioni. Si perfezionò a 
                Messina (1492-1494) alla scuola del greco Lascaris. Tornato a 
                Ve nezia, collaborò al programma editoriale e culturale 
                di Aldo Manuzio . Dopo aver pubblicato il trattato degli "Asolani", 
                fu alla corte di Urbino (1506-1512), poi a Roma dove divenne nel 
                1513 se gretario di Leo X. Nel 1519 tornò in veneto, nel 
                1522 si stabilì a Padova dove si dedicò alla scrittura 
                delle "Prose della lingua volgare" e alla raccolta delle "Rime". 
                Nel 1530 fu nominato sto riografo della repubblica veneta e bibliotecaro 
                della Libreria Nicena (che diventerà poi la Biblioteca 
                Marciana), a Venezia. Ormai famoso, ottenne il cardinalato nel 
                1539, fu vescovo di Gubbio (1541) e di Bergamo (1544). Negli ultimi 
                tempi risiedette quasi sempre a Roma, dedicandosi all'edi- zione 
                delle sue opere. Morì a Roma nel 1547. 
                 
                Bembo esordì con un breve dialogo, L'Etna (De Aetna, 1496), 
                frutto di un soggiorno ai piedi dell'Etna e dei suoi interessi 
                scientifico-umanistici, sull'esempio delle "Castigationes plinia 
                nae" di E. Barbaro. Le sue prime opere importanti furono l'edizione 
                aldina di Petrarca (1501) e quella di Alighieri (1502). 
                 
                Gli Asolani (1505) sono dei dialoghi in tre libri, alternanti 
                prosa e versi. La tradizione seguita è quella cortigiana 
                e neo platonica. Dopo un esame delle più autorevoli concezioni 
                dell'a more, come causa di dolore per l'umanità e come 
                elemento naturale e vitale, Bembo propone l'idea di un amore spirituale, 
                desiderio contemplativo di una bellezza quanto più possibile 
                ideale, divi na, autonoma rispetto alla realtà terrena. 
                Gli "Asolani" sono am bientati nella villa di Asolo di Caterina 
                Cornaro, ex regina di Cipro. Modello lessicale e stilistico delle 
                prose è Boccaccio. 
                 
                Le Rime furono composte in varie riprese, e pubblicate nel 1530. 
                Qui Bembo mostra la sua ammirazione per Petrarca, la sua cosciente 
                e letteraria assimilazione della lingua, dello stile, delle situazioni 
                sentimentali dei "Frammenti". 
                 
                Le Prose di lingua volgare (Prose della volgar lingua, 1525) sono 
                dialoghi in tre libri, ambientati alla corte di Urbino. E' considerata 
                la prima grammatica ordinata razionalmente della lin gua italica. 
                G.F. Fortunio aveva scritto prima di Bembo delle "Regole" (1516) 
                ma era un testo pedantesco. Coerentemente con la sua esperienza 
                culturale Bembo proponeva il volgare italico come lingua letteraria 
                più ricca di futuro di quanto fosse la lingua latina restaurata 
                e rinverdita dell'umanesimo. Secondo la sua idea il volgare doveva 
                esemplarsi sul toscano, non perché quella lingua avesse 
                virtù naturali, ma per l'eccellenza della sua tradizione 
                rappresentata dai grandi maestri del XIV secolo: Alighieri ma 
                soprattutto Petrarca e Boccaccio. Sono questi due ultimi a fornire 
                a Bembo gli esempi per dare le regole di uno stile e di una lingua 
                letteraria vivi e eleganti, ornati e chiari, in con trasto anche 
                con la ricchezza dispersiva degli scrittori toscani del XV-XVI 
                secolo. 
                 
                Bembo scrisse anche il trattato L'imitazione (De imitatione), 
                la Storia veneta (Historia veneta) dal 1487 al 1513, e che lui 
                stesso poi tradusse in italico. Ricco l'epistolario, che include 
                anche il giovanile carteggio amoroso con Maria Savorgnan. 
                 
                Importante fu, da parte di Bembo, la definizione del concetto 
                di amor platonico, l'aver dato alto prestigio all'imitazione pe 
                trarchesca, l'avere dato unità e norma alla lingua letteraria 
                italica distinguendola dalla lingua popolare e quotidiana, così 
                come presupponeva la cultura aristocratica dell'élite del 
                tempo. 
               
              
               
              [1997]
              
             
            
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