Pietro Aretino
Pietro Aretino
Pietro Aretino è stato tra i personaggi del secolo. Irrequieto,
mai immobile, affaccendato intorno a un mestiere di letterato
intesa come professione proficua dal punto di vista finanziario.
Fuggito giovanissimo da Arezzo, dove era nato il 19 aprile 1492,
in circostanze mai chiarite, andò a Perugia come apprendista
pittore (1506 o 7), poi a Roma, Mantova, Firenze, Reggio, di nuovo
Roma, definitivamente a Venezia dove scrisse alcune delle opere
maggiori, tra cui i "maledetti" Ragionamenti.
Ebbe rapporti non sempre facili con i potenti della terra, ottenne
enormi ricchezze, fama di intrigante, pennivendolo, genio della
penna al servizio di chi pagava di più, qualche coltellata.
Modello di intellettuale rinascimentale, fece della letteratura
mestiere, inventò il libro come oggetto intellettuale e
commerciale, strumento di potere. Le sue opere furono più
volte bruciate dai cattolici, condannato come osceno fino all'ottocento,
costretto a una circolazione clandestina dopo la morte, e a una
valutazione riduttiva. Iniziò con esercizi poetici di carattere
petrarchesco (Opera nova, 1512), divenne famoso a Roma con le
Pasquinate, sonetti satirici che richiamavano nel nome le anonime
proteste anticuriali che si usava affiggere sul torso marmoreo
del Pasquino, presso piazza Navona. Allo stesso periodo appartengono
le prime commedie, Farza e La cortigiana (1925).
"La Cortigiana" è una commedia in 5 atti, in
prosa, ambientata nella Roma antecedente al sacco (1527). E' un
tessuto di battute e trovate che si regge sul filo delle burle.
La burla ai danni dello stolto senese Messer Maco da Coe, giunto
a Roma per diventare cortigiano. La burla giocata a Parabolano,
giovane signore napoletano, acceso petrarchescamente d'amore per
Laura, gentildonna romana. Maco, capitato nelle mani di Maestro
Andrea, è sottoposto, con la scusa di farlo diventare perfetto
cortigiano, a mille angherie. Parabolano è invece raggirato
dal servo Rosso che, dopo aver tolto di mezzo l'onesto servo Valerio,
finge di avergli combinato un convegno con Laura, ma gli fa trovare,
con l'aiuto di Aloigia, mezzana e fattucchiera, Togna fornaia
inseguita dal geloso Ercolano, suo marito. Pietro fece poi un'altra
versione, nel 1534, più conforme al gusto letterario del
tempo.
Quando nel 1526 illustrò nei Sonetti lussuriosi le incisioni
erotiche di M. Raimondi, fu fatto segno di un attentato, ispirato
dal datario pontificio G.M. Giberti, e costretto alla fuga. Si
rifugiò allora presso l'amico protettore Giovanni dalle
Bande Nere; alla sua morte si trasferì a Venezia. Qui divenne
critico d'arte famoso e ascoltato, libellista temuto per la spregiudicatezza
con cui usava le armi della diffamazione e del ricatto, amico
di Pietro Bembo, di Tiziano, protetto da Francesco I e da Carlo
V.
Il ricchissimo epistolario è una vera ribalta personale,
in cui l'autore si esibisce come scrittore capace di toccare le
corde più varie, stilistiche morali e sentimentali. Se
la sua tragedia in versi Orazia è considerata la migliore
tragedia del secolo, la sua fama è però legata ai
celebri dialoghi delle prostitute: "Ragionamento della Nanna
e dell'Antonia" (1534) e "Dialogo nel quale la Nanna
insegna a la Pippa" (1536), poi indicato con il titolo unitario
di Ragionamenti (ma, anche, "Dialogo", "Sei giornate"
ecc.). In queste pagine l'espressionismo dissacrante esaspera
le risorse del parlato fino ai limiti della deformazione parodistica.
Nel "Ragionamento" Nanna, sollecitata da Antonia, rivive
le vicende che l'hanno vista giovanissima monaca, la sua iniziazione
sessuale in conformità ai costumi di gran parte delle monache;
la madre la tolse poi dal convento, la maritò a un uomo
ricco ma poco accorto; Nanna si sofferma sui tradimenti delle
mogli in generale e sui suoi, conclusi con l'uccisione del marito
e la fuga a Roma; il suo ingresso nel mondo cortigiano, l'inserimento
progressivo, proposto a magistero ideale, nell'élite puttanesca.
Esce di scena Antonia, entra Pippa, figlia di Nanna, che vuol
diventare cortigiana: il "Dialogo" tratta dei segreti
di quest'arte: discrezione, buone maniere, risolutezza; illustra
le insidie degli uomini emblematizzata nella parodia della vicenda
di Didone e Enea. Alla fine la Comare parla della ruffianìa
e della accortezza su cui si fonda quest'arte complementare a
quella delle puttane. In Pietro è l'esigenza di essere
costantemente presente, di annullare ogni momento di pausa e di
vuoto: di qui il poligrafismo, la sperimentazione continua, la
varietà di registro con l'alternanza di comico, epico,
osceno, religioso, laudatorio, ricattatorio. La sua poetica, formulata
nelle lettere e nei prologhi alle opere maggiori, è quella
anticlassicista del "ghiribizzo", del capriccio, l'ispirazione
come "furore", l'esaltazione del primato della natura
e della sua imprevedibilità rispetto alla fissità
dei canoni estetici. La scrittura di Pietro non è istintiva,
ma possiede una stratificazione calcolata, gli effetti di naturalezza
sono costruiti su una fitta rete di riferimenti ad altre opere,
di citazioni, di calchi, in cui talvolta è la volontà
di dissacrare i modelli del passato.
Bibliografia: Pietro Aretino
opere teatrali: Il Marescalco (1527-30), commedia La Cortegiana
(1534, II redazione) Talanta e Ipocrito (1542) Il filosofo (1546)
Orazia (1546), tragedia in versi
opere poetiche: I tre primi canti di Marfisa (1533) L'Orlandino
(1540)
prose religiose: Salmi Passione di Gesù (1534) Humanità
di Cristo (1535) Genesi (1538) Via di Maria Vergine (1539) Vita
di Caterina vergine e martire (1540) Vita di san Tommaso (1543)
epistolario: Lettere (1538-57, 6 volumi)
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