Martin 
              Opitz 
            
             
             
               Martin Opitz 
               
               Nato a Bunzlau [Slesia] nel 1597, studiò a Heidelberg 
                diritto. Costretto dalla guerra a rifugiarsi in Olanda nel 1620, 
                a Leida subì l'influsso letterario di Heinsius. Nel 1624 
                rientrato in Slesia, pubblicò la prima raccolta importante 
                di Poesie tedesche (Teutsche poemata), e il trattato dal titolo 
                di Libro dell'arte poetica tedesca (Buch von der deutschen poeterey). 
                A questo trattato si conformerà la poesia tedesca per oltre 
                un secolo. Dopo il 1626 Opitz affiancò al lavoro poetico 
                una intensa attività politico- diplomatica presso la cancelleria 
                del burgravio di Breslavia, e al servizio dei duchi di Liegnitz 
                e del re di Polonia. Morì di peste a Danzica nel 1639. 
                 
                Più che per le opere poetiche oggi Opitz è considerato 
                importante dal punto di vista storico per l'influsso esercitato 
                con il suo trattato di poetica. In esso propugna una concezione 
                razionalistica e formale, mutuata dai teorici italici rinascimentali 
                come Scaligero e Vida. Indica la predilezione per l'alessandrino 
                francese. Contribuì così in modo decisivo all'affermazione 
                di una metrica tedesca moderna, basata sulla coincidenza dell'accento 
                della parola con l'accento del verso. A lui spetta il merito di 
                aver preservato all'interno della tradizione tedesca una linea 
                di sobrietà formale e di rigore stilistico, che si salderà 
                nel XVIII secolo con l'illuminismo. 
                 
                Opitz fu anche un divulgatore. Le sue versioni da Seneca ("Troiane") 
                e da Sofokles ("Antigone") influirono sulla tragedia tedesca barocchista. 
                La rielaborazione del primo melodramma italiano, la "Dafne" di 
                Ottavio Rinuccini, introdusse in Germania il nuovo genere dell'opera 
                in musica. 
               
              
               
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