Lope
de Vega
Lope de Vega
Nato a Madrid nel 1562, dimostrò precocemente
i suoi interessi letterari. A cinque anni leggeva il latino, improvvisò
versi prima di saper scrivere, a quattordici anni scrisse la sua
prima commedia. Nel 1583 partecipò alla conquista dell'isola
Tercera. Fu poi al servizio del marchese de las Navas . In quel
periodo ebbe una relazione con Elena Osorio (su cui poetò
chiamandola Filis) che gli preferì un tizio più
ricco. Lope fece circolare al lora scritti satirici contro la
potente famiglia di questi, i Velázquez: nel 1588 fu condannato
a otto anni di esilio. Poco prima aveva rapito Isabel de Urbina
(Belisa), che sposò per procura. Partecipò alla
spedizione dell'Invencible Armada.
Al ritorno si stabilì a Valencia con la moglie. Si trasferì
a Toledo, entrò al servizio del marchese di Malpica. Fu
poi ad Alba a servire il duca d'Alba. Nel 1594 morirono la moglie
e le sue due figlie.
Ottenuto il perdono dai Velázquez, potè tornare
a Madrid (1596). Nel 1598 sposò Juana de Guardo. Contemporaneamente
ebbe una relazione con l'ex attrice Micaela de Luján (Camila
Lucinda, nei versi) da cui ebbe altri figli. Fu consigliere del
marchese de Sarria. Si trasferì a Madrid, poi a Toledo
(1604-1606). Dal 1605 fu in contatto con il futuro duca di Sessa
, presso cui fu poi a servizio.
Nel 1611 entrò nell'ordine terziario di san Francesco.
Due anni dopo, nel 1613, Juana morì mettendo al mondo Feliciana.
Fu un evento decisivo nella vita di Lope. Nel giro di due mesi
si fece sacerdote (maggio 1614 a Toledo l'ordinazione). Nel 1615
tornò a Toledo, poi a Avila dove si innamorò dell'attrice
Lucia de Salce do (la Loca). Si dedicò poi alla sua ultima
grande passione, Marta de Nevares (Amarillis, Marcia Leonarda)
moglie di un mercante, che nel 1617 gli diede la figlia Antonia
Clara.
Nel 1629 Lope di ammalò. Anche Marta si ammalò,
divenne cieca e nel 1632 morì . Due anni dopo, nel 1634,
Antonia Clara fu rapita da uno spasimante. Tutte queste pene aggravarono
le condizioni di Lope, che morì a Madrid, nel 1635.
Lope fu tra gli autori più fecondi
della storia letteraria. Un contemporaneo, Pé rez de Montalbán
afferma che scrisse 1800 commedie e 480 autos: non sappiamo se
veramente ne scrisse tante. Di lui ci sono pervenute 426 commedie
e 42 autos.
Tra le commedie profane, le migliori sono
quelle che riprendono motivi storici o leggendari della tradizione
spagnola: Peribáñez e il commendatore di Ocaña
(Peribáñez y el comendador de Ocaña, 1613).
Fuente Ovejuna (1612-14) è una commedia in tre
atti in versi. La vicenda si svolge nel XV secolo, durante la
lotta tra i sovrani cattolici e la pretendente al trono di Castilla,
Juana la Beltraneja. Il paese di Fuente Ovejuna è una "commenda"
dell'Ordine di Calatrava di cui è titolare Fé rnan
Gómez partigiano della Beltraneja. Prepotente e arrogante,
pretende di esercitare il diritto di prima notte su tutte le donne
del luogo. Passa ogni limite quando imprigiona il giovane Frondoso
e ne rapisce la sposa Laurenzia. Guidato dalla giovane, il popolo
si rivolta, uccide Gómez, ne infila la testa su una picca.
Essendosi nel frattempo sottomesso ai legittimi sovrani, l'Ordine
di Calatrava chiede giustizia per la morte del suo commendatore:
la Corona manda un giudice per istruire un processo contro i trecento
abitanti di Fuente Ovejuna. Gli abitanti del paese, nonostante
le torture, rispondono a una voce che l'unico uccisore del tiranno
è stato "Fuente Ovejuna". Il giudice è costretto
a assolvere tutti.
Anch'essa strutturata in tre atti è
Il miglior giudice, il re (El mejor alcalde el rey, 1620-23).
In Galizia, nell'XI secolo sotto il regno di Alfonso II, per le
nozze del contadino Sancio de Roelas con Elvira, il padre di lei
chiede il permesso del si gnore del luogo, don Tello de Neira.
Don Tello si invaghisce di Elvira, impedisce le nozze, rapisce
la giovane donna. Sancio, accompagnato dal "gracioso" (buffone)
della commedia, Pelayo, ottiene dal re un ordine scritto di restituzione
della sposa. Don Tello si rifiuta, trascina Elvira in un bosco
e la violenta. In terviene a questo punto il re in persona, a
ristabilire la giustizia: egli ingiunge al prepotente signorotto
di sposare Elvira e di lasciarla erede di parte dei suoi beni
prima di essere decapitato.
Il cavaliere di Olmedo (El caballero
de Olmedo, 1620-25) si ispira a una leggenda storica e a un versetto
popolare, dove si accenna all'uccisione del Cavaliere di Olmedo.
Nella commedia in tre atti in versi di Lope de Vega, don Alonso,
il cavaliere di Olmedo, ha visto alla fiera di Medina la bellissima
Iné s. Cerca la vecchia Fabia perché interceda e
dica a Iné s il suo amore. Iné s gli corrisponde,
ma a chiederla in sposa è un altro cavaliere, don Rodrigo.
Iné s per mezzo di Fabia chiede a don Alonso di venirle
a parlare attraverso una inferriata, di notte: al convegno giungono
però anche don Rodrigo e il suo amico don Fernando. Una
breve rissa, la fuga dei contendenti. Si preparano le nozze tra
don Rodrigo e Iné s, nonostante i desideri della donna.
Don Alonso ha un cattivo presagio: vede un astore, un uccello
rapace, uccidere un cardellino. Poco dopo salva la vita al suo
rivale, che era sul punto di essere sventrato da un toro. Ma don
Rodrigo non mostra alcuna riconoscenza, anzi medita l'uccisione
di don Alonso. Il cavaliere di Olmedo si reca nella sua città.
Cammin facendo sente cantare i versi che alludono alla sua morte.
Continua a non dare fede al cattivo presagio. Don Rodrigo e don
Fernando lo uccidono in una imboscata. Intanto Iné s ha
avuto dal padre e dal re il consenso a sposare don Alonso. Durante
una udienza reale giunge Tello, servitore del cavaliere di Olmedo,
e an nuncia la sua morte. Il re ordina che don Rodrigo e don Fernando
siano decapitati.
Tra le commedie di argomento storico e fantastico,
ma di ambiente non spagnolo, è Il castigo senza vendetta
(El Castigo sin venganza, 1631). Tra quelle in costume o di cappa
e spada, basate su un intreccio amoroso sempre a lieto fine, la
migliore forse è L'acciaio di Madrid (El acero
de Madrid, 1608-1612). La commedia di ambiente contadino migliore
è Il villano nel suo cantuccio (El villano en su
rincón, 1614-5).
Tra le commedie pastorali e mitologiche,
la più nota è Il marito più costante
(El marido más firme, 1625) che riprende il mito di Orfeo
e Euridice.
La produzione di argomento religioso comprende commedie come
La nascita di Cristo (El nacimiento de Cristo, postumo 1641),
ma anche autos tra cui: L'adultera perdonata (La adú
ltera perdonada), e La mietitura (La siega).
Lope de Vega compose anche moltissime opere
in versi e in prosa. Scrisse circa 3000 sonetti, al livello artistico
di Quevedo e di Góngora. Si dedicò anche a forme
popolari come il romance, la redondilla ecc.
Scrisse vari poemi epici, a imitazione di Ariosto e Tasso, ma
anche con temi e formule originali. Delizioso è il poema
burlesco La gattomachì a (La gatomaquia).
Tra le opere in prosa eccelle La Dorotea
(1632) in cui narra liberamente i suoi amori con Elena Osorio,
non senza allusioni e invenzioni tratte da altre opere come "La
Celestina".
Quando Lope de Vega iniziò la sua
produzione teatrale, il teatro spagnolo era una forma d'arte di
grandissimo successo. L'attività si svolgeva su tre livelli
diversi: il teatro religioso, rappresentato all'aperto in determinate
festività religiose; il teatro di corte, che assunse poi
con Filippo IV grande valore; e il teatro dei corrales (cortili),
a larga partecipazione popolare, recitato all'aperto e senza scenari.
Nei corrales le opere venivano replicate solo poche volte, la
richiesta di nuovi testi era continua. Per questo forse Lope de
Vega scrisse tanto, e per questo tra le tante commedie da lui
scritte solo poche hanno compiutezza espressiva, mentre il resto
della sua produzione (che ebbe un vasto favore di pubblico) si
colloca su un piano di medietà.
Nel teatro di Lope è una vera e propria esplosione di elementi
popolari e nazionali. Si colloca al polo opposto rispetto alle
tensioni umanistiche presenti nel teatro del tempo. Caratteristiche
del teatro di Lope sono l'incrollabile ottimismo, l'interesse
per l'azione piuttosto che per i tratti psicologici dei personaggi,
il gusto per la naturalezza del linguaggio appena velata da inevitabili
influenze barocchiste. A lui si debbono alcune innovazioni sceniche,
come la misura dei tre atti al posto dei cinque della tradizione
classicista. Creò formule teatrali che rimarranno in auge
per tutto il XVII secolo: solo con Calderón de la Barca
si avranno nuove essenziali innovazioni.
Lope depositò le sue idee sul teatro
nel trattato in versi La nuova arte di fare commedie (El
arte nuevo de hacer comedias, 1609). Il suo trattato è
il frutto della sua esperienza sul campo: già nelle sue
commedia Lope aveva stravolto i precetti aristotelici e la tradizione
scenica precedente, mescolando elementi tragici con quelli comici,
dati eruditi e colti con quelli popolareschi, distribuendo metri
e versi differenti secondo gli effetti che voleva suscitare sul
gusto del suo pubblico. Grandissimo innovatore di situazioni drammatiche,
riuscì a far confluire nell'azione teatrale la fabulazione
narrativa, la fantasia del romanzo cavalleresco, la solennità
dell'epica, il sottile soggettivismo della lirica. In ciò
la sua funzione e importanza fu ana loga a quella di Shakespeare.
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