Jean 
              La Bruyère 
            
             
             
               
                
                   Jean La Bruyère 
                
                Nato a Paris nel 1645, di estrazione borghese. Nel 1684 grazie 
                a una raccomandazione di Bossuet, fu assunto dal Grand Condé 
                come precettore del nipote, il duca di Borbone. La sua vita si 
                svolse quindi a contatto con i nobili, con poche soddisfazioni. 
                Morì nel 1696. 
                 
                Il contatto con l'ambiente nobiliare e mondano gli permise di 
                accumulare materiale per la stesura de I caratteri di Thé 
                ophraste, tradotti dal greco con i caratteri o i costumi di questo 
                secolo (Les caractères de Thé ophraste, traduits 
                du grec, avec les caractères ou les moeurs de ce siècle). 
                Pubblicato nel 1688, ebbe un enorme successo. La parte originale, 
                posta in appendice alla traduzione di Teofrasto, ma che è 
                anche la più importante, consiste in massime e brevi ritratti 
                che analizzano i vari comportamenti umani. L'opera ebbe anche 
                forti contrasti: in alcuni carat teri si vollero riconoscere personaggi 
                famosi del tempo; La Bruyère inoltre assunse una netta 
                posizione a favore degli "anciens" nella querelle tra antichi 
                e moderni. 
                 
                I "Caratteri" non hanno una precisa strutturazione, né 
                presentano una dottrina sistematica, ma offrono ritratti che spiccano 
                per acuto spirito satirico e intenso respiro morale. Lo stile 
                è originale, rapido e vario, fondato sull'uso di una larga 
                gamma di strumenti espressivi e su un calcolo preciso degli effetti. 
                 
                Nel campo della critica letteraria La Bruyère è 
                fautore di un dogmatismo di tipo classicista, temperato dalla 
                consapevolezza dell'evoluzione della lingua e della letteratura. 
                Mescola l'analisi dei costumi dell'epoca, esemplificazioni storiche 
                di stereotipi eterni e universali (di qui il fatto che il valore 
                documentario sconfina nella riflessione filosofica) e una critica 
                sociale e politica ardita, che apre la strada alla confutazione 
                razionalistica delle istituzioni, ponendo la logica e l'ironia 
                al servizio di sentimenti di giustizia e di umanità. 
               
              
               
              
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