Andreas
Gryphius
Andreas Gryphius
Andreas Gryphius è il nome latinizzato di Andreas Greif.
Nacque a Glogau nel 1616. La sua giovinezza fu difficile, a causa
di continue malattie e per i drammatici avvenimenti della guerra.
Nel 1638 fu a Leida dove studiò lingue antiche e moderne.
Viaggiò poi in europa, fu anche in Italia. Morì
nel 1664.
I suoi drammi hanno una struttura rigorosa: cinque atti, cori,
rispetto delle tre unità aristoteliche, versi alessandrini.
Sono imperniate su figure di eroi e di màrtiri. Si ricordano:
Leo armeno (Leo armenius, 1650), Katharina di Georgia (Katharina
von Georgien, 1657), Aemilius Paulus Papinianus (Grossmütiger
rechs-gelehrter oder sterbender Aemilius Paulus Papinianus, 1659).
Cardenio e Celinde (Cardenio und Celinde, 1657) è considerata
la prima tragedia borghese del teatro tedesco.
Nelle commedie, le uniche del barocchismo tedesco, Gryphius mostra
doti di leggerezza e brio. Si ricordano: Horribilicribrifax (1663)
ripreso dal "Soldato glorioso" di Plautus, Commedie assurde o
il signor Peter Squentz (Absurda comica oder Herr Peter Squentz,
1658) tratto dal "Sogno di una notte di mezza estate" di Shakespeare,
L'amata Rosaspina (Verliebtes gespenst, die geliebte Dornrose,
1661). Formatosi sul teatro dei gesuiti, e dunque sull'esempio
di Seneca , ma anche sul teatro olandese (Hoost, Vondel) e sugli
spettacoli delle compagnie vaganti, espresse nei suoi drammi uno
dei motivi tipici della cultura controriformistica, l'amara considerazione
della vanità delle cose: a essa i suoi personaggi reagi
scono con stoica rassegnazione, e incrollabile fermezza nella
ricerca della verità e della giustizia.
Gryphius scrisse anche una raccolta di Odi (Oden, 1643), e una
di Sonetti (Sonn- und Feirtags-Sonette, 1639), tra i componimenti
più sinceri della poesia barocchista tedesca. Tra i "Sonetti"
leggiamo quello intitolato "Iscrizione sul tempio della mortalità":
«Mentre che vivi, sbagli. La strada tutta ostacoli
| non fa andar dritto nessuno. Quello che vuoi trovare | è
errore: errore è che ti può chiudere la mente.
| Quello che infiamma il cuore è solo follia vana. ||
Guardate, miseri, quel che cercate. Perché affannarsi
tanto? | Per quel che carne, sudore e sangue, ricchezze, peccati,
| cadute e dolore non trattiene; ecco scompare | quando chi
li ha sale la barca della morte. || Sbagliate nel dormire, sbagliate
nel vegliare, | sbagliate nel dolore, sbagliate anche nel riso,
| nel tenere questo da vile, quell'altro per prezioso, || l'amico
per nemico, il nemico da amico, | nel rigettare la gioia, nel
preferire la pena, | finché infine la morte vi libera
da errare».
© Antenati - 1994-1997
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