Pierre 
              Corneille 
            
             
             
               
                
                   Pierre Corneille 
                
                Nato a Rouen nel 1606, suo padre era avvocato, mentre sua madre, 
                Marthe le Pesant, era figlia di un podestà. Studiò 
                presso i gesuiti, seguì poi corsi di diritto e ottenne 
                il titolo di avvocato, ma non sembra che abbia mai esercitato 
                la professione. Ricoprì cariche nella magistratura di Rouen 
                fino al 1650. La sua carriera teatrale iniziò nel 1629. 
                Presto ebbe i favori e la protezione di Richelieu. Questi tra 
                l'altro commissionò a lui, a Rotrou, a L'Estoile, Boisrobert 
                e a Colleret una commedia a cinque mani, che riuscì veramente 
                male. Del 1636 è il trionfo de Il Cid. Nel 1640 sposò 
                Marie de Lampé rière, da cui ebbe sei figli. Nel 
                1647 entra all'Académie Française, di cui divenne in 
                seguito decano.  
                Solo nel 1662 Corneille si trasferì definitivamente a Paris, 
                dove morì nel 1684. Restò sempre un uomo di provincia. 
                La Bruyère riferisce che la sua conversazione era noiosa, 
                che non riuscì mai a eliminare l'accento normanno, che 
                non sapeva recitare i suoi versi. Gli ultimi anni furono amareggiati 
                da molti insuccessi. Saliva il nuovo astro della tragedia, Racine: 
                il  Tite e Bérénice di Corneille fu rappresentato 
                giustappunto una settimana dopo il trionfo del "Bérénice" 
                di Racine. 
                 
                La prima opera teatrale di Corneille fu  Mélite o le 
                lettere false (Mélite ou les fausses lettres). Rappresentata 
                nella stagione 1629-1630 al Théâtre du Marais, dalla 
                compagnia del principe d'Orange, e interpretata dal celebre Montdory. 
                 
                Seguirono altre commedie e tragicommedie, affidate alla stessa 
                compagnia:  Clitandre o l'innocenza liberata (Clitandre 
                ou l'innocence dé livrée, 1631),  La vedova o 
                il traditore tradito (La veue ou le traître trahi, 1632), 
                 La galleria del palazzo o l'amica rivale (La galerie du 
                palais ou l'amie rivale, 1632),  La piazza reale o l'innamorato 
                stravagante (La place royale ou l'amoureux extravagant, 1634). 
                 
                Fredda fu l'accoglienza del pubblico alla sua prima tragedia, 
                 Médée (1635), e ancora più fredda 
                quella riservata a  L'illusione comica (L'illusion comique, 
                1636), bizzarro ma interessante esperimento di 'commedia nella 
                commedia'. 
                 
                A questi due insuccessi seguì nel 1636  Il Cid (Le 
                Cid), tragedia a lieto fine di argomento spagnolo, che ebbe grande 
                successo. Corneille ne ebbe anche critiche erudite e scolastiche, 
                e di queste tenne conto nelle opere successive che adottano le 
                forme rigorose della tragedia storica 'regolare', cioè 
                tecnicamente conforme ai princì pi della poetica drammatica 
                normativa elaborata dalla critica del tempo:  Horace (1640), 
                 Cinna (1641),  Polyeucte (1641-2),  La morte 
                di Pompé e (1642-3). 
                 
                Nel 1644 è un ritorno alla commedia con  Il bugiardo 
                (Le menteur), che influenzerà Molière e sarà 
                imitato da Goldoni. 
                 
                Nelle opere successive è una progressiva decadenza. Sono 
                una quindicina di titoli, in una ventina d'anni, fino al 1662 
                che segnerà per Corneille la scelta di un definitivo silenzio. 
                Tra le opere teatrali di quest'ultimo periodo si ricordano:  
                Rodogune,  Nicomède,  Sertorius,  
                Othon,  Agé silas,  Attila re degli unni 
                (Attila roi des huns),  Suré na generale dei parti 
                (Suré na gé né ral des parthes). 
                 
                La fama di Corneille ha resistito ai secoli soprattutto grazie 
                a quattro tragedie: "Il Cid", "Horace", "Cinna" e "Polyeucte". 
                 
                Cinque atti per  Il Cid (1636): Rodrigo (il Cid) per vendicare 
                l'onore offeso dal padre uccide in duello don Gomès, padre 
                della sua promessa sposa Chimène. Seguendo l'onore familiare 
                i due fidanzati si separano e Chimène chiede vendetta al 
                re. Anche quando Rodrigo torna vittorioso da una battaglia contro 
                i mori, Chimène insiste nella sua richiesta, promettendo 
                la sua mano a chi ucciderà il Cid. Rodrigo è sfidato 
                da don Sanche, che viene battuto. Per un equivoco Chimène 
                crede Rodrigo ucciso: disperata si lascia sfuggire un grido d'amore. 
                Sarà il re a riunire gli orgogliosi innamorati, imponendo 
                loro un anno di attesa prima delle nozze. 
                 
                Altri cinque atti per  Horace (1640). Alba e Roma sono 
                in guerra, le due città scelgono tre campioni il cui scontro 
                deciderà la controversia. Alba sceglie i tre fratelli Curiazi, 
                Roma i fratelli Orazi. Le due famiglie sono parenti. Sabina, sorella 
                dei Curiazi, ha sposato uno degli Orazi, mentre Camilla sorella 
                degli Orazi è fidanzata con uno dei Curiazi. Le proteste 
                delle donne non servono a niente, si ha il combattimento. E' annunciata 
                l'uccisione di due Orazi e la fuga del terzo. Il vecchio Orazio 
                si prepara a uccidere il figlio vigliacco. La fuga è uno 
                stratagemma, affrontando gli avversari distanziati Horace li uccide 
                tutti e tre. Fiero dell'impresa, è accolto dalla sorella 
                Camilla che lo maledice. La uccide. I romani vorrebbero condannare 
                Horace, ma il re Tullio dopo aver ascoltato il vecchio Orazio 
                perorare la causa del figlio, decide di salvargli la vita, e lo 
                sottomette a una cerimonia espiatoria. 
                 
                I cinque atti del  Polyeucte (1643) si svolgono a Metilene, 
                capitale dell'Armenia, nel 250, sotto il regno dell'imperatore 
                Decius. Poliuto signore armeno si prepara a ricevere il battesimo. 
                Ma la moglie Paolina sogna Severo, un cavaliere romano creduto 
                da tutti morto, che un tempo ha amato e che suo padre le ha impedito 
                di sposare, pugnalare Poliuto, per cui chiede al marito di non 
                uscire. Poliuto, noncurante del consiglio, esce di casa con il 
                suo amico cristiano Nearco. Arriva Felice, padre di Paolina, che 
                annuncia Severo è vivo e torna trionfante a Melitene. Severo 
                vie ne a sapere che Paolina si è sposata, e decide rassegnato 
                a non rivederla. Poliuto, mentre si prepara il sacrificio agli 
                dei pagani, si propone di distruggere gli idoli. Scoppia lo scandalo. 
                Felice cerca di ottenere una sua ritrattazione. Paolina tenta 
                di convincere il marito ma lui la invita alla conversione. Sapendo 
                di dover morire per le persecuzioni in atto contro i cristiani, 
                affida la moglie a Severo, che generosamente cerca di salvargli 
                la vita. Dopo aver assistito al martirio del marito, Paolina si 
                converte, e anche Felice è toccato dalla grazia. Severo, 
                sconvolto, annuncia che promuoverà una politica di tolleranza 
                verso la nuova religione. 
                 
                Le quattro tragedie esaltano le virtù dell'onore, il patriottismo, 
                la generosità, finendo con la celebrazione della santità 
                cristiana. E' il corneillismo: una poesia drammatica senza ombre, 
                fatta di enunciazioni, proclamazioni. Poesia della volontà, 
                del libero arbitrio umano teorizzato dai gesuiti. Che adotta le 
                unità aristoteliche, nello sforzo e nella disciplina stilistici, 
                creando l'organismo altamente convenzionale della tragedia classicista 
                francese. Il gusto classicista non esaurisce però tutti 
                i lati della produzione di Corneille, in cui convivono ampi lati 
                barocchisti, aspetti romanzeschi e deliranti anche nelle opere 
                maggiori, che mostrano un temperamento irregolare e fantastico. 
                 
                Nelle commedie dei primi anni è una notevole vivacità, 
                con l'ambientazione in una Paris realistica e minuta; solo dopo 
                Corneille vi apporterà modifiche, "normalizzandole". Nell'ultimo 
                periodo poi domina un alto e lampeggiante patetismo (soprattutto 
                in "Rodogune" e "Surèna"). 
               
              
               
              
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