Pedro 
              Calderón de la Barca 
            
             
             
               
                
                   Pedro Calderón de la Barca 
                
                Nacque a Madrid nel 1600 figlio di un cancelliere 
                del consiglio delle finanze. Nel 1609-1614 studiò nel collegio 
                imperiale dei gesuiti a Madrid. Fu poi all'Università di 
                Alcalá de Henares, e poi a quella di Salamanca. Visse a 
                Salamanca nel 1617-1620, di venne baccelliere, acquistò 
                una solida formazione teologica. Nel 1621 fu accusato di aver 
                ucciso un domestico del duca di Frí as. Per evitare la 
                cattura si rifugiò presso l'ambasciatore di Germania. Dopo 
                aver abbandonato gli studi ecclesiastici, tornò a Madrid. 
                Divenne in poco tempo il drammaturgo preferito dalla corte. Nel 
                1623 fu rappresentata a palazzo la sua prima commedia. Nel 1623-25 
                fu forse soldato in Italia o in Fiandre. Nel 1626 era a Madrid, 
                al servizio del duca di Frí as. Tre anni (1629) dopo fu 
                arrestato per aver attaccato un prete che, dal pulpito, aveva 
                condannato l'irruzione in un convento di clausura compiuta da 
                Calderón per catturare un commediante che aveva ferito 
                suo fratello. Nel 1636 Filippo IV lo nominò cavaliere dell'ordine 
                di Santiago. Combattè contro i francesi in Catalogna (1640), 
                fu nominato comandante di squadra (1641), combattè a Lé 
                rida (1642), poi ottenne il congedo. Nel 1645 divenne segretario 
                del duca d'Alba. Nel 1650 entrò nell'ordine terziario di 
                san Francesco, fu ordinato sacerdote (1651). Gli fu concessa la 
                parrocchia dei Reyes Nuevos di Toledo, ma non potè prenderne 
                possesso per l'op posizione del cappellano maggiore. Entrò 
                allora nella confraternita del Rifugio, fu nominato cappellano 
                onorario del re (1663), e poi cappellano maggiore (1666). Nel 
                1679 Carlo II stabilì che il suo mantenimento fosse a carico 
                della corte, fino alla morte. Calderón morì a Madrid 
                nel 1681.  
                 
                 Delle sue opere ci sono pervenute 120 commedie, 
                80 autos e altri numerosi lavori teatrali minori.  
                Dividiamo le commedie in due gruppi:  
                
                  - a) in un primo gruppo Calderón riprende 
                    il linguaggio teatrale di Lope de Vega, lo semplifica e stilizza. 
                    Fanno parte di questo gruppo alcune animatissime commedie 
                    di cappa e spada, come La donna fantasma (La dama duende, 
                    1629), e Una casa con due porte è difficile da custodire 
                    (Casa con dos puertas mala es de guardar, 1629). Tra le commedie 
                    di argomento storico o leggendario, la più profonda 
                    è Il sindaco di Zalamea (El alcade de Zalamea, 1642) 
                    che riprende l'omonima opera di Lope de Vega. Tra le commedie 
                    di onore e gelosia, Segreta offesa, segreta vendetta (A secreto 
                    agravio, acreta venganza, 1636), e Il maggior mostro, la gelosia 
                    (El mayor mónstruo los celos, 1635). 
                  
 - b) più personali il secondo gruppo 
                    di commedie, scritte quasi tutte dopo il 1635. Gli elementi 
                    realistici sono sostituiti da quelli simbolici e fantastici, 
                    mentre centrale si fa l'espressione del concetto filosofico. 
                    Troviamo in questo gruppo commedie fantastiche e mitologiche 
                    come La figlia dell'aria (La hija del aire, 1653), La statua 
                    di Prometeo (La estatua de Prometeo, 1669), Il castello di 
                    Lindabridis (El castillo de Lindabridis, 1660). 
                
  
                Dopo le commedie della 'lunga giovinezza dorata', 
                1623-1640, è avvertibile nel teatro calderoniano un mutamento. 
                Nel 1640 la dichiarazione di guerra di Richelieu alla Spagna, 
                Calderón è militare, è promosso capitano 
                sul campo per il suo coraggio in battaglia. Il suo teatro intensifica 
                i rapporti con il mondo sociale e con quello politico (dominato 
                allora dall'arroganza dei militari). Di questo periodo fanno parte 
                testi come "L'alcade di Zalamea", Il pittore del suo disonore. 
                 
                 
                 Dopo il trattato di Westfalia (1648) in Spagna 
                si ha un cambiamento politico- militare grazie al matrimonio tra 
                Filippo IV e Marianna d'Austria. Sono riaperti i teatri pubblici, 
                ha una brillante ripresa il teatro di corte per il quale Calderón 
                scrisse due testi come Le armi della bellezza (1652) e "La figlia 
                dell'aria" (1653).  
                Dopo gli anni '50 Calderón compose sempre più autos 
                sacramentales, che moltiplicò dopo la sua decisione di 
                abbracciare il sacerdozio.  
                 
                 A carattere religioso sono le commedie La 
                devozione della croce (La devoción de la cruz, 1624) giovanile, 
                Il prì ncipe costante (El prí ncipe constante, 1629), 
                e Il mago dei prodigi (El mágico prodigioso, 1637) che 
                è tra le commedie principali di Calderón.  
                Tra le commedie nettamente filosofiche, il capolavoro di Calderón 
                è  La vita è sogno (La vida es sueñ 
                o, 1631-1635), in cui teorizza il trionfo dell'uomo sul destino. 
                Si tratta di un dramma in versi. Basilio re di Polonia ha saputo 
                dagli oroscopi che il figlio Sigismondo appena nato, sarà 
                il più empio dei tiranni. Fa credere allora che sia morto, 
                lo fa rinchiudere in una torre tra le montagne sorvegliato dal 
                servo Clotaldo. Sigismondo cresce selvaggio e incolto, ignaro 
                delle sue origini. Solo l'incontro con la bella Rosaura, che è 
                alla ricerca di un cavaliere che l'ha sedotta, gli offre una esperienza 
                di bellezza e dolcezza. Prima di escludere il figlio dalla successione, 
                Basilio vuole sottoporlo a una prova. Lo fa trasportare a corte 
                addormentato. Sigismondo, incredulo, è informato della 
                sua vera identità ma, schiavo degli istinti e incolto, 
                si rivela superbo, violento, prepotente. Solo Rosaura giunta a 
                corte dove si trova l'amante che l'ha abbandonata, riesce a placarlo 
                ispirandogli il sentimento d'amore. Fallita la prova, Basilio 
                lo fa riportare di nuovo addormentato alla torre. Al suo risveglio 
                Sigismondo crede di aver sognato tutto: ma poiché il sogno 
                era verosimile quanto la realtà a cui è tornato, 
                anche questa deve essere una illusione. Sigismondo matura, nella 
                convinzione che la vita stessa è sogno da cui ci si ri 
                sveglia con la morte e di cui si può conservare solo il 
                patrimonio del bene compiuto. Basilio abdica a favore dei nipoti, 
                l'infanta Estrella e Astolfo duca di Moscovia, ma una rivolta 
                popolare libera Sigismondo, lo mette a capo dell'esercito che 
                si oppone al re. Sconfitte le forze di Basilio, Sigismondo si 
                sottomette umilmente al padre ricevendone il riconoscimento. Costringe 
                il seduttore Astolfo a sposare Rosaura. Lui sposa Estrella inaugurando 
                il regno della giustizia e della saggezza.  
                 
                 Gli autos mostrano le profonde conoscenze 
                che aveva Calderón della dottrina di Tommaso da Aquino 
                e dei gesuiti neo-scolastici. Tra i suoi autos migliori è 
                Il grande teatro del mondo (El gran teatro del mundo, 1633), in 
                cui la vita è una rappresentazione teatrale in cui gli 
                uomini assolvono i ruoli assegnati da dio. L'Autore invita il 
                mondo a preparare un palcoscenico su cui farà agire sette 
                personaggi: Ricco, Re, Contadino, Mendicante, Bellezza, Discrezione, 
                Bimbo mai nato. Questi entrano e escono attraverso due porte, 
                Culla e Tomba, poste ai lati della scena, mentre si sente una 
                voce suggerire amore a dio e al prossimo. Ognuno im provvisa la 
                sua caratteristica parte, secondo una recita a soggetto che rappresenta 
                il libero arbitrio. A spettacolo terminato l'Autore chiama i personaggi 
                per distribuire premi e punizioni. In paradiso sono accolti Discrezione 
                e Mendicante, in purgatorio Re Bellezza e Contadino, nel limbo 
                il Bimbo non nato, all'inferno Ricco. 
                Importanti anche Il veleno e l'antidoto (El veneno y la triaca, 
                1634), e Il convito di Baltasar (La cena de Baltasar, 1634).  
                 
                 Con Calderón siamo davanti a uno dei 
                maggiori autori del teatro barocchista europeo. La componente 
                ideologica nel suo teatro assume un ruolo centrale, i personaggi 
                perdono spesso la propria dimensione concreta per diventare simboli 
                di concetti astratti, come la delusione e la visione negativa 
                dell'esistenza: per cui le glorie terrene sono illusorie, solo 
                "fumo, polvere, oscurità e vento". Ma anche il rispetto 
                cieco e totale della volontà del re, o la fiducia nel libero 
                arbitrio.  
                Nel suo stile si fondono concettismo e culteranesimo. La sua tecnica 
                teatrale vede la stilizzazione schematica del reale e la subordinazione 
                degli elementi drammatici a un tema centrale, programmatico, da 
                scenografie complicatissime, ricche di effetti e di invenzioni. 
                 
                Nei suoi autos esalta il dogma cattolico, in particolare il "mistero" 
                dell'eucarestia, contro l'"eresia" protestante. Non dimentichiamo 
                che essi erano rappresentati all'aperto, su carri, durante le 
                celebrazioni del "corpus domini". I suoi autos rag giungono un 
                alto grado di raffinatezza. Il contenuto teologico si fonde con 
                i valori poetici e drammatici, è esaltato in sfarzosissime 
                messinscene. Esuberanza di elementi ornamentali, intreccio di 
                più livelli concettuali, uso sistematico dello strumento 
                allegorico fanno di questi autos tra le maggiori espressioni del 
                ba rocchismo spagnolo.  
                 
                
                 
              
              
             
            
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