Giovanni
Verga
Giovanni Verga
1) Notizie biografiche
Nato a Catania nel 1840 da una famiglia di
nobili origini e di tradizioni liberali. Durante l'impresa garibaldina
si arruola nella guardia nazionale e si impegna in attività
pubblicistiche di forte ispirazione unitaria. Nel 1869 si trasferisce
a Firenze appena diventata capitali del Regno d'Italia. Strinse
tra l'altro rapporti con D. Dall'Ongaro. Nel 1872 si stabilisce
a Milano, entrando in relazione con Arrigo Boito e G. Giacosa,
e frequentando i ritrovi letterari della città, in particolare
il salotto della contessa Maffei. Gli ultimi anni Verga li trascorse
a Catania, chiuso in uno scontroso isolamento e in un lungo silenzio.
Morì a Catania nel 1922.
2) Il romanticismo eroico
Verga crebbe alla scuola di Antonino Abate,
esponente di una letteratura civile di ascendenza byroniana e
guerrazziana. La sua prima prova romanzesca, Amore e patria (1856-
1857), di cui solo tre capitoli furono pubblicati postumi nel
1929, esce da quell'arroventata officina provinciale e affianca
all'approssimazione linguistica l'enfasi patriottica. L'esordio
pubblico avvenne nel 1861 con I carbonari della montagna , una
storia collocata nella Calabria dei primi moti carbonari, e che
riflette motivazioni etiche e politiche del Verga allora ventenne.
Macchinosità e goffaggine di scrittura relegano "I carbonari
della montagna" alla preistoria verghiana. Così Sulle lagune
(1863), che chiude la trilogia catanese di ispirazione patriottica,
ma in cui è possibile cogliere i segni di un mutamento,
dal romanticismo eroico al romanticismo passionale.
3) Il romanticismo passionale
Il passaggio è documentato dalla sostituzione
della figura dell'artista a quella dell'eroe nei romanzi successivi.
Una peccatrice (1866) narra l'avventura di un giovane scrittore
esordiente. Verga cerca di porre uno stacco alla materia autobiografica
inserendo il filtro di un narratore tra accaduto e narrato. Verga
raggiunse di colpo la fama con Storia di una capinera (1871),
che divenne un best-seller. Due i motivi di tanta popolarità:
il motivo manzoniano della monacazione forzata, e la struggente
confessione di un amore impossibile che condanna alla follia e
alla morte. Le opere immediatamente successive ripetono lo schema
di "Una peccatrice": in Eva (1873) è il tema dell'artista
vittima dell'amore e della società: vi sono influenze provenienti
dalla scapigliatura e indizi autobiografici. Eros (1874) e Tigre
reale (1875) spostano l'obiettivo sull'eroe della mondanità,
uomo o donna "di lusso".
4) Il realismo
Nel 1874 Verga pubblica il «bozzetto siciliano»
(racconto) Nedda . Con es so inaugura un genere non ancora
tentato, il racconto. Ciò che più conta è la parsimonia
dei mezzi stilistici adibiti alla rappresentazione di un destino
lasciato senza riscatto né umano né sociale, oltre
alla scelta di un argomento «umile» come la vicenda di una misera
raccoglitrice di olive siciliana. E' una nuova maniera, il realismo,
che ebbe la sua punta mi gliore nei "Malavoglia"
5) "Malavoglia"
Malavoglia (1881) doveva essere il primo di
una serie di cinque romanzi, il ciclo dei "Vinti" di cui Verga
terminò e pubblicò solo i primi due: oltre a "Malavoglia",
"Mastro-don Gesualdo"; incompiuto restò "La duchessa di
Leyra", mentre gli altri due previsti, "L'onorevole Scipioni"
e "L'uomo di lusso" non furono iniziati. Ambizioso il progetto
sociologico, presentato nella prefazione al romanzo come lo studio
dei meccanismi che determinano la darwiniana lotta per la vita
e le leggi del progresso umana.
I Malavoglia del titolo è il soprannome
che hanno i Toscano, una piccola famiglia di pescatori di Acitrezza.
Essi posseggono come unici beni una casa e una barca, la 'Provvidenza'.
Padron 'Ntoni è il vecchio capofamiglia, padre di Bastianazzo
che ha cinque figli. Padron 'Ntoni compra un carico di lupini
da vendere altrove, ma la barca fa naufragio, Bastianazzo muore
e i lupini vanno perduti. Per i Malavoglia è l'inizio di
una serie di sven ture: per pagare il debito bisogna vendere la
«casa del nespolo». Luca il secondogenito di Bastianazzo, cade
nella battaglia di Lissa; la vedova Maruzza muore vittima del
colera. 'Ntoni (ju nior) figlio maggiore di Bastianazzo frequenta
cattive compagnie, si dà al contrabbando, finisce in galera.
La sorella più piccola, Lia, compromessa per le voci di una sue
presunta relazione con don Michele, il brigadiere delle guardie
doganali, figge di casa e scompare (si saprà poi che è
diventata una prostituta). La so rella maggiore Mena a causa delle
difficoltà economiche non può sposare compare Alfio.
Con la morte di padron 'Ntoni la famiglia è smembrata:
'Ntoni junior lascerà il paese per andare lontano. Rimane
il più giovane dei fratelli, Alessi, per riscattare la ca sa del
nespolo e continuare il mestiere del nonno.
Nei "Malavoglia" sono chiari i cardini della
nuova concezione realista di Verga: da una parte l'individuazione
di un «punto di vista» che con- senta al narratore di calarsi
nei fatti e quasi scomparire, lasciando che questi si producano
da sé come per una necessità naturale, cancellando
la mano dell'autore. Dall'altra il progetto di tipo balzachiano
e zolaiano del ciclo. Evitando di dare voce direttamente alle
proprie reazioni etiche, ideologi che, affettive, lo scrittore
persegue l'obiettivo di orchestrare la materia ritmandola su una
cadenza locale, immune da compiaci menti dialettali. E' una sintassi
mimetica che restituisce l'elementarietà ma anche l'eloquenza,
la sentenziosa proverbialità del parlato, calando il lettore
nel ritmo naturale del vissuto. Verga si immerge nel mondo sociale
di Aci-Trezza, nella semplice e ris sosa comunità che sta
attorno ai protagonisti, i Toscano detti i Malavoglia. Si confronta
con i miti di quell'umanità elementare: l' «ideale dell'ostrica»
come difesa dall'urto della marea, da cui tuttavia tutti gli eroi
del romanzo sono investiti dopo il naufragio della 'Provvidenza',
la barca dei Malavoglia, che avvia la vicenda. La «religione della
famiglia» incarnata dal patriarca della «casa del nespolo», il
biblico padron 'Ntoni, e ereditata dal mite Alessi. La «vaghezza
dell'ignoto» che getta gli inquieti, il giovane 'Ntoni e la sorella
Lia, in bocca al mondo, «pesce vorace» che inghiotte coloro che
spezzano il vincolo tutelare della comunità.
6) I racconti, i drammi
Negli anni in cui scriveva i "Malavoglia",
Verga scriveva an che alcuni dei suoi racconti migliori. La serie
di Vite dei campi (1880), che contiene anche una anticipazione
di tono colloquiale dei motivi dei "Malavoglia" nel racconto intitolato
Fantasticheria . Vi sono soprattutto i racconti dedicati ai 'primitivi'
( La lupa , Jeli il pasto- re ) e ai danna ti della terra ( Rosso
Malpelo ). La serie delle Novelle rusticane (1883), dove la materia
si articola in un contesto di rapporti storico-sociali ed economici
più evoluti, ma anche fortemente drammatici ( Libertà ),
e ossessivi ( Malaria , La roba ). Le altre raccolte di racconti
attingono invece anche a una vena populistica: la serie di Per
le vie (1883), Vagabondaggio (1887), I ricordi del capitano d'Arce
(1891), Don Candeloro e C.i (1894).
Dai racconti Verga trasse materia per i drammi.
Nel 1894 il grande successo di Cavalleria rusticana inaugurò
il realismo in teatro, nella veste regionale e 'elementare' che
sarà molto cara al repertorio di fine secolo. Minore la
fortuna di altri drammi: In portineria (1895), La lupa (1896)
che risentì fortemente dell'adattamento al modo di recitare
delle grandi attrici del tempo, Caccia al lupo (1901), Caccia
alla volpe (1901).
7) "Mastro don Gesualdo"
Del 1889 è il secondo grande romanzo
di Verga, Mastro-don Gesualdo . Pubblicato in rivista nel 1888,
la pubblicazione in volume presenta significative varianti. L'impianto
narrativo, più ampio che nei "Malavoglia", è quello di
un romanzo di costume. Il montaggio degli episodi è per
successione di quadri, ognuno dei quali svolge un tema, sempre
senza interventi dello scrittore: dal quadro d'apertura dell'incendio
di palazzo Trao a Vizzini, che scopre la rovina materiale e morale
del nobile casato, a quello finale della solitaria morte a Palermo,
nella foresteria del duca di Leyra, tra l'irrisione della servitù,
dell'ormai ras segnato protagonista. L'azione si svolge a Vizzini,
centro agricolo del catanese, tra il 1820 e il 1848, un periodo
segnato da rivolte politiche e sociali. Il manovale «mastro» Gesualdo
è diventato «don» a forza di lavoro e sacrifici. Dopo la
ricchezza, la promozione sociale dovrebbe essere sancita dal matrimonio
che lo imparenta a una fa miglia nobile anche se economicamente
rovinata: sposa Bianca Trao, ma non per questo è accolto
nel suo mondo. La moglie del resto non lo ama, e quando lo sposa
era già incinta per la rela zione con il cugino, il ricco
Ninì Rubiera: la madre di questi aveva impedito il matrimonio.
Nasce Isabella, che da grande si vergognerà delle umili
origini del padre putativo e sposerà anche lei come la
madre, per «riparare», un duca squattrinato e dissipatore della
dote e dei beni del suocero. Il romanzo si conclude con la scena
della morte.
Anche la morte nel romanzo è spogliata
di ogni solennità. Nel sovrapporsi chiassoso di voci che
incrinano ogni valore sociale, Verga sembra aver individuato il
ritmo espressivo di una umanità condizionata dal denaro,
condannata alla solitudine. E' una condizione di cui i personaggi
non hanno coscienza, né avvertono il disagio, diversamente
dai protagonisti dei romanzi giovanili che invece declamano quel
disagio nella retorica.
8) Ultime opere
L'insuccesso editoriale dei "Malavoglia" costringe
Verga a continuare a tenere provvisoriamente in vita la maniera
mondana e sentimentale. A questa maniera va ricondotto il romanzo
Il marito di Elena (1882). E' una parentesi, tanto è vero
che Verga conti nuò il suo progetto realista con "Mastro-don
Gesualdo". Un progetto che si arenò allo stadio iniziale,
nell'incapacità (o impossibilità) a individuare
per il mondo borghese quel ritmo e quello stile autonomi dalla
caduta nel sentimentalismo e nel populismo che aveva invece trovato
per il mondo contadino e pre- borghese. Alla estrema fase della
sua attività di scrittore, prima del silenzio nell'ultima
parte della sua vita, appartengono il roman zo Dal tuo al mio
(1906), una sarcastica e amara parabola dei conflitti sociali,
adattato subito dopo per il teatro, e alcuni racconti.
Verga era riuscito a trovare nel naturalismo
un metodo per creare in letteratura un correlativo "naturale"
della realtà e liberare la prosa italiana dell'artificio.
A parte *Capuana, il suo tentativo non trovò un sufficiente
supporto, né da parte del la critica del tempo né
del pubblico. Vincenti risultarono i ro manzi sentimen- tali e
patetici del romanticismo borghese e i best-seller costruiti per
lo scandalo dalla nascente industria editoriale del tempo. Verga
restò uno scrittore poco letto fino alla seconda metà
del XX secolo. Nel frattempo aveva avuto l'at tenzione favorevole
di *Croce, i contributi di *Luigi Russo, *Giacomo Devoto, *Leo
Spitzer. L'attenzione verso Verga è decol lata grazie alla
critica marxista che ha innescato il dibattito sul realismo e
l'attenzione al mondo dei 'minori' e delle classi sfruttate.
Bibliografia: Giovanni Verga
Amore e patria (1856-1857)
I carbonari della montagna (1861)
Sulle lagune (1863)
Una peccatrice (1866)
Storia di una capinera (1871)
Eva (1873)
Eros (1874)
Nedda (1874)
Tigre reale (1875)
Vita dei campi (1880)
Malavoglia (1881)
Il marito di Elena (1882)
Novelle rusticane (1883)
Per le vie (1883)
Vagabondaggio (1887)
Mastro-don Gesualdo (1889)
I ricordi del capitano d'Arce (1891)
Don Candeloro e C.i (1894)
Cavalleria rusticana (dramma, 1894)
In portineria (dramma, 1895)
La lupa (dramma, 1896)
Caccia al lupo (dramma, 1901)
Caccia alla volpe (dramma, 1901)
La duchessa di Leyra (incompiuto)
Dal tuo al mio (1906)
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