Giuseppe 
              Rovani 
            
             
             
               Giuseppe Rovani 
               
               Giuseppe Rovani nacque a Milano nel 1818 (morì 
                nel 1874). Fu prima istitutore presso famiglie aristocratiche, 
                poi bibliotecaro a Brera. Pubblica tre romanzi storici: Lamberto 
                Malatesta (1843), Valenzia Candiano (1844) e Manfredo Pallavicino 
                (1845-1846), che contengono una sotterranea polemica nei confronti 
                di quel genere di largo consumo, demistificandone il patetismo 
                di maniera e i congegni narrativi convenzionali. Volontario nella 
                guerra del 1848-1849, esule in Svizzera dove frequentò 
                Cattaneo e conobbe Mazzini, Ferrari e Pisacane. Tornato in Lombardia 
                si dedicò al vasto romanzo ciclico Cento anni , apparso 
                a puntate sulla «Gazzetta di Milano» nel 1857-1858, e poi in edizione 
                definitiva in volume nel 1868-69, dedicato alla vita milanese 
                dal 1750 al 1850. Si occupa di critica letteraria, artistica e 
                musicale. Pubblicò poi altri due romanzi storici: La Libia 
                d'oro (1868) e La giovi nezza di Giulio Cesare (1872). Gli scritti 
                critici di Rovani sono stati raccolti nella "Storia delle lettere 
                e delle arti in Italia" (1855-1858) e poi ripubblicati postumi 
                e accresciuti con il titolo "Le tre arti" (1874). 
                 
                "Cento giorni" è un romanzo pieno di lungaggini e squilibri 
                strutturali che lo rendono oggi fastidioso. Conserva un suo inte 
                resse per la tensione tra le forme del romanzo storico, volte 
                a un vivace cronachismo, e un impulso antistoricistico che prelude 
                alla sensibilità decadentista e che ispira l'idoleggiamento 
                dell'età giovanile come stagione della felice libertà 
                individuale destinata a svanire al contatto con il mondo brutale 
                degli anni adulti. A questo dissidio (molto intimo) corrisponde 
                l'ibridismo linguistico del romanzo, in cui si mescolano forme 
                colte e espressioni popolari. Tutto questo ne fece oggetto di 
                ammirazione entusiastica da parte dei giovani letterati della 
                generazione successiva a quella di Rovati che, nel clima anticonformista 
                da cui nacque la scapigliatura fu considerato una guida. 
               
              
               
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