Stéphane
Mallarmé
Stéphane Mallarmé
Nato a Paris nel 1842 da una famiglia di funzionari
del Registro, la sua vita fu povera di avvenimenti di rilievo.
Gli morì a cinque anni la madre, poi la sorella Marie.
Ebbe un piccolo im piego statale che comportava per lui periodiche
umiliazioni. Per superare le difficoltà economiche cercò
di perfezionarsi nella lingua inglese con un soggiorno in Gran
Bretagna. Al ritorno sposò Marie Gehrard. Ottenne un incarico
nel liceo di Tournon. Dovette poi trasferirsi a Besançon
(1866) e ad Avignone, riuscen do a scrivere solo nelle veglie
notturne. Nel 1871 ottiene il so spirato trasferimento a Paris,
nel cui grigio cercava scampo contro l' «azzurro mediterraneo»
da cui si sentiva soffocare. Di venuto caposcuola del simbolismo,
famosi divennero i «martedì letterari» di casa Mallarmé,
durante i quali esercitava un fasci no particolare sui letterati
delle nuove generazioni. Morì a Valvins nel 1898.
Fondamentale per la sua formazione letteraria fu la conoscenza
della poesia di Baudelaire e di Poe. Durante il soggiorno a Tour
non, nonostante la routine di un lavoro monotono e le preoccupa
zioni di famiglia, pubblicò una decina di poesie sul «Parnasse
contemporain» (1866). Iniziò il poema Hérodiade
con cui si pre figgeva di realizzare una poetica nuova: dipingere,
come scrisse all'amico Cazalis, «non la cosa, ma l'effetto che
essa produce». Il poema non ebbe gestazione facile, vi lavorò
anche a Besançon e a Avignone.
Nel 1867 iniziò il racconto Igitur, o la follia di Elbehnon
(Igitur ou la folie d'Elbehnon), in cui è già tutto
il repertorio di oggetti, temi, immagini delle poesie successive.
Mallarmé diventa un caposcuola, è visto come colui
che dalla baudelaireiana poetica delle corrispondenze aveva ricavato
la poetica dei simboli. La poesia simbolista nacque ufficialmente
nel 1876, come atto di scissione dal filone decadentista. Nel
1876 pubblica Il pomeriggio di un fauno (L'aprés-midi d'un
fau ne). In questo poemetto, i simboli diventano il mezzo per
chiude re il mondo dei sogni e rendere l'assoluto. Nel 1897 pubblicò
Un colpo di dadi non abolirà mai il caso (Un coup de dés
jamais n'abolira le hasard). Imprevedibile nel suo aspetto formale
con la rottura del sistema sintattico e del si stema grafico tradizionali,
il poema riprendeva il dialogo la sciato sospeso trent'anni prima
in "Igitur" con un punto interro gativo, risolvendo il dubbio
metafisico di allora con una radica le negazione. Morì
un anno dopo, senza realizzare il «Libro» assoluto che da tempo
prometteva a discepoli e a sé stesso.
Il sogno iniziale di Mallarmé era l'ambizione di sfociare
nell'assoluto. Un sogno che finisce nell'impossibilità
di un di stacco netto e definitivo dall'accidentale, nella constatazione
che «un colpo di dadi non abolirà mai il caso». Fin dal
principio Mallarmé aveva immedesimato il poeta con il demiurgo,
e il mondo poetico con il mondo ontologico. Il crollo del mondo
ontologico comporta anche il crollo del mondo poetico come sistema
di rapporti comunicativi. Mallarmé con conclude, non fornisce
risposte, ma apre una serie feconda di interrogativi.
La sua influenza sulla produzione poetica posteriore, francese
e europea fu immensa: arriva fino ai dadaisti, ai futuristi, agli
ermetisti italiani, e ai 'poeti visivi' del dopoguerra. I futuristi
hanno imparato da Mallarmé l'uso degli interlinea, dei
corpi tipografici, e di tutta una serie di espedienti tecnici.
Gli ermetisti hanno appreso il valore del silenzio come cassa
di risonanza attorno alla voce, ovvero degli spazi bianchi attorno
alle parole scritte. I 'poeti visivi' hanno spinto queste conseguenze
fino a ridurre la poesia a puro segno, pura figura, a un messag
gio che non può più essere letto.
© Antenati - 1994-1997
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