Storia della letteratura europea - Torna in homepageFrancesco De Sanctis


Francesco De Sanctis


Francesco De Sanctis nacque a Morra-Irpina [oggi Morra-De-Sanctis, Avellino] nel 1817 (morì a Napoli nel 1883), visse a Napoli dall'età di nove anni, studiò prima con uno zio sacerdote e poi con il purista Basilio Puoti. Nel 1839 aprì una scuola priva ta al Vico Bisi, dove continuò a insegnare anche dopo essere sta to nominato professore (1841) nel Collegio militare della Nunzia tella. Nel maggio 1848 partecipò con i suoi allievi all'insurre zione napoletana. Nel dicembre 1850 fu imprigionato. In due anni e mezzo di carcere compose il dramma Torquato Tasso , il carme in endecasillabi La prigione , studiò il tedesco e lesse la grande "Logica" di Hegel, tradusse la "Storia della poesia" di Rosen kranz. Fu imbarcato, sempre senza aver mai subito un processo, per essere deportato in America. Riuscì invece a sbarcare a Mal ta. Fu poi due mesi dopo a Torino, che accoglieva allora i perseguitati politici. Trovò un posto come insegnante presso un isti tuto femminile, organizzò un corso pubblico di lezioni su Ali ghieri, collaborò con articoli letterari ad alcuni giornali tori nesi. Nel 1856 fu chiamato a Zurigo a insegnare al Politecnico. Tornato a Napoli nel 1860, fu governatore di Avellino, e assesso re alla pubblica istruzione della luogotenenza napoletana. Eletto deputato, fu ministro della pubblica istruzione del Regno d'Ita lia dal marzo 1861 al 1862. L'anno successivo, abbandonata la maggioranza parlamentare moderata, fondò a Napoli insieme a Set tembrini, il quotidiano «L'Italia», e si impegnò a organizzare l'opposizione parlamentare. Nel 1867 fu rieletto deputato e as sunse una posizione politica ancor più radicale. Professore all'Università di Napoli dal 1871, fu ministro della pubblica istruzione altre due volte (1878 e 1879-1881). Ritiratosi a Napoli per una grave malattia agli occhi, si impegnò ancora in un'altra campagna elettorale, da cui fu eletto ancora deputato (1882).
De Sanctis superò presto i limiti del purismo, accostandosi alle grandi letterature europee e alla filosofia idealista. Negli anni zurighesi poi si impegnò in una revisione della stessa este tica hegeliana. Egli non espose il suo pensiero critico in opere autonome e organiche di poetica o di estetica, enunciando i suoi principi critici in scritti di carattere non esclusivamente teo rico. Parecchi saggi del periodo zurighese furono raccolti nel volume dei "Saggi critici" (1866). L'importante "Saggio critico sul Petrarca" (1869) raccoglie e rielabora scritti precedenti di differente datazione. Negli anni 1870-1871 nacque a Napoli la "Storia della letteratura italiana", la maggiore delle sue opere: storia della vita civile, culturale e spirituale del popolo ita liano e storia delle singole personalità. Per esigenze editoriali la parte relativa al XIX secolo risultò molto ridotta: ma a inte grare sono i saggi su Foscolo e Parini compresi nei "Nuovi critici" (1872). Pubblicate postume da Croce sotto il titolo "La letteratura italiana del XIX secolo" (1897) sono le lezioni tenu te da De-Sanctis all'università di Napoli nel 1872-1876, rielabo rate in base agli appunti di F. Torraca, e divise in quattro se zioni (Saggi sul Manzoni, 1873; La scuola cattolico-liberale, 1872- 1873; Mazzini e la scuola democratica, 1873-1874; Saggio su Leopardi, 1875-1876). Interessante anche l'epistolario, e Un viaggio elettorale , apparso nel 1875 sulla «Gazzetta di Torino» e poi ripubblicato con il sottotitolo di «racconto» nel 1876; e La giovinezza , frammento autobiografico pubblicato postumo nel 1889.
Nel pensiero di De-Sanctis confluirono i motivi più significa tivi della cultura romanticista, in un periodo in cui l'entusia smo per lo storicismo idealistico si era spento e la critica eu ropea (e soprattutto in Italia) si stava orientando verso la ricerca filologico-erudita. La "Storia della letteratura italiana" è un capolavoro della storiografia letteraria del romanticismo. De-Sanctis stabilì il nesso contenuto-forma, mirando alla rico struzione del mondo culturale e morale da cui sarebbero poi sorte le grandi opere e manifestando nei suoi giudizi l'adesione a quei momenti e a quelle figure animate a suo avviso da forte tensione etica e civile. Essenza dell'arte è il «vivente», la «forma»; tra contenuto e forma non vi è dissociazione, ma esse sono l'uno nell'altra. L'arte, in quanto vita, ha una logica tutta sua, di versa da quella del pensiero scientifico: la scienza tende all'a stratto, l'arte al concreto. Il genio poetico crea individui, cioè «caratteri» vivi e interi nelle minime manifestazioni esistenziali. Tutto ciò grazie all'operare della «fantasia», distinta nettamente dalla immaginazione che è incapace di fondere in sieme le cose e può solo giustapporle.
A dare efficacia ancora oggi alle pagine di De-Sanctis è la sua prosa antiletteraria, fervida, mirabile per estro e immedia tezza di pensiero, essenziale e incisiva anche negli slanci ora tori. Contrastato dal positivismo della scuola storica, De- Sanctis non ebbe immediati continuatori. Si ebbe una rivalutazio ne del pensiero desanctiano grazie a Croce (che però cristallizzò idealisticamente il concetto di forma nella "intuizione pura"), e poi tramite Gramsci e la critica di ispirazione marxista.



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