Federico
De Roberto
Federico De Roberto
Nato a Napoli nel 1861, di madre siciliana,
studiò all'istituto tecnico di Catania. Abitò prevalentemente
a Catania, tranne che nel 1888-1897 trascorso a Firenze e Milano,
un decennio fon damentale per la sua formazione. Morì a
Catania nel 1927.
Amico di Verga e di Capuana, De-Roberto aderì
subito al naturalismo esasperandone i postulati di rappresentazione
impassibile e documentaria, ma subendo anche l'influsso dello
psicologismo di P. Bourget. La compresenza delle due suggestioni
si protrasse per tutto l'arco creativo di De-Roberto, determinando
squilibri e approssimazioni: così nelle raccolte di racconti
La sorte (1887), Documenti umani (1888), Processi verbali (1890).
E nei numerosi romanzi: Ermanno Raeli (1889), L'illusione (1891),
Spàsimo (1897), Messa di nozze (1911).
Solo nel romanzo I Vicerè (1894) le
qualità di De-Roberto riescono a emergere. "I Vicerè"
narra la storia della nobile famiglia siciliana de gli Uzeda nell'arco
di tempo che va dai primi moti dell'isola al le elezioni del 1882.
Gli Uzeda sono dilaniati da accaniti con trasti d'interesse che
oppongono il principe Giacomo, duro e avi do, al dissoluto conte
Raimondo, il cinico e corrotto don Blasco al nipote Ludovico,
anch'egli monaco senza vocazione, e alla so rella, donna Ferdinanda.
Questi contrasti hanno per cornice i grandi avvenimenti dell'unità
italiana. Alle beghe di fratelli e parenti si aggiunge la lotta
che tutti insieme sostengono per conservare gli antichi privilegi,
per mantenere, nel rapporto tra sfruttatori e sfruttati, la parte
dei dominatori: nonostante il naufragio di alcuni singoli come
don Eugenio finito in miseria. Don Blasco è pronto a approfittare
della soppressione dei conven ti per acquistare i beni degli ordini
ecclesiastici. Il vecchio don Gaspare non esita a fingere simpatie
liberali riuscendo a farsi eleggere deputato. Consalvo, l'ultimo
degli Uzeda, si mescola a faccendieri e corruttori pur di farsi
eleggere. Il naufragio degli ideali della borghesia liberale è
emblematizzato dalla figura di Giulente, giovane patriota che
nonostante il ma trimonio con una Uzeda, non ottiene la sperata
promozione sociale e risulta sconfitto alle elezioni politiche.
Attraverso le vicende degli Uzeda lo scrittore compone un va sto
affresco dell'aristocrazia siciliana nel momento del diffici le
passaggio dal regime borbonico alla nuova realtà sociale
dell'Italia unita, acquisendo alla tecnica naturalistica italiana
una capacità nuova di penetrazione, fredda ma vigorosa,
nel tes suto vivo della storia e della lotta politica nazionale.
In que sta prospettiva si esaltano le doti dell'osservatore spietatamen
te Ğarido e fissoğ, del pittore di scene fastose e lucide, del
creatore di personaggi stravaganti e sgradevoli.
Stanca continuazione de "I Vicerè"
è il romanzo postumo L'impèrio (1928), polemico
ritratto della vita politica e parlamentare di Roma capitale.
Postumo uscì anche il racconto La paura (1927), coraggiosa
denuncia degli orrori della guerra, scritta in tempi di retorica
bellicista e patriottarda.
© Antenati - 1994-1997
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