Pompeo 
              Bettini 
            
             
             
               Pompeo Bettini 
               
               Nato a Verona nel 1862 (morì a Milano nel 1896), ebbe 
                idee socialiste: tradusse tra l'altro il "Manifesto del partito 
                comunista" di Marx e di Engels, e collaborò alla «Critica 
                sociale» di Filippo Turati a cui fu le gato da un affetto filiale. 
                La sua poesia, riscoperta da *Croce, fu raccolta in volume nel 
                1897, sotto il titolo di Poesie : ne fu rono stampate su iniziativa 
                della madre 400 copie che rimasero invendute. La sua poesia appare 
                lontana da ogni impegno programmatico, rispecchiando l'umanità 
                schiva e malinconica dell'autore, anticipando certi toni crepuscolari, 
                una poesia idillica dai toni eccentrici rispetto alla contemporanea 
                produzione dell'età umbertina. 
                 
                Documento indicativo della posizione di Bettini e del mutato clima 
                ideologico, rispetto ai furori nazionalistici della metà 
                del secolo, è un testo poetico come A Goffredo Mameli , 
                una risposta/ripresa dell'inno patriottico di Mameli ("Fratelli 
                d'I talia"). Di contro all'esaltazione della guerra e della morte 
                ti pica della produzione retorica patriottarda, Bettini che appartiene 
                alla generazione successiva si fa l'interprete di una realtà 
                altra, in cui la guerra è «eco spenta»: «i militi son vecchi, 
                | liberata è la terra, | gli allori cadon secchi [...] 
                | L'Italia non è forte | ed il suo cielo è bello, 
                | io non amo la morte». Il testo di Bettini vive tutto nell'acuto 
                finale: «io non amo la morte» che fa eco ai versi di Mameli («siam 
                pronti alla morte, | l'Italia chiamò») contestandone con 
                una pronuncia di personale rifiuto la solenne perentorietà. 
                L'obiettivo di Bettini è il mito della nazione, così 
                come è stato tramandato dai poeti, il 'sistema retorico' 
                patriottardo divenuto da strumento di lotta strumen to di dominio 
                del regno italico. Nel mite, disincantato tempera mento di Bettini 
                c'è posto per l'ammirazione e per la pietà (Mameli 
                «sognatore di rime | a vent'anni cadente | d'una morte su blime», 
                la generazione precedente di patrioti «fanciulli tolti al gioco 
                | con fucili impàri | rispondevano al fuoco»), ma dell'inno 
                mameliano l'unica cosa che accetta è il primo verso, con 
                cui ini zia il testo poetico di Bettini ma cambiato di senso: 
                i «fratelli d'Italia» di Mameli diventa il colloquiale «o fratello 
                d'Italia» di Bettini. 
                 
                Bettini ha scritto anche delle commedie: I vincitori (1894) tradotto 
                poi in milanese da E. Albini (con il titolo "La guèra", 
                1896), Ca' Panighetta in milanese, Il marito ricco . Le ultime 
                due commedie sono rimaste inedite. 
               
              
               
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