Alighieri 
              e la critica successiva 
            
             
             
               
                
                   Alighieri e la critica successiva 
                
                La grandezza del poema fu subito sentita dai 
                contemporanei. Pochi anni dopo la morte di Alighieri la "Commedia" 
                era letta in molte università. Boccaccio commentò 
                alcuni canti dell'Inferno per incarico del comune di Firenze. 
                Seguirono i primi commenti, parziali o completi: le "Chiose" (1324) 
                di Jacopo Alighieri, il "Commento" (1326) di Graziolo Bambaglioli, 
                quello di Iacopo della Lana, dell'anonimo fiorentino detto L'Ottimo 
                (alcuni lo identificano con Andrea Lancia), di Pietro Alighieri 
                (in tre redazioni), Guido da Pisa, Benvenuto da Imola, Francesco 
                da Buti. Si tratta di commenti importanti non solo per la storia 
                della diffusione e della fortuna dell'opera, ma anche per le notizie 
                che possono fornire per il commentatore moderno.  
                 
                 Durante l'umanesimo e con il petrarchismo, 
                l'interesse per il poema si affievolì . Ci furono acuti 
                commentatori, ma il poema era considerato di marginale interesse 
                per la cultura del XV e XVI secolo, tutta presa dall'interesse 
                per i classici latini. Nel XV secolo sono interessanti le interpretazioni 
                di Guiniforte Barizza, e di C. Landino. Nel XVI secolo sono: A. 
                Vellutello, B. Daniello, Ludovico Castelvetro, B. Varchi, V. Borghini, 
                I. Mazzoni.  
                 
                 Estremo disinteresse si ebbe nel XVII secolo: 
                pochissime le edizioni, scarsi gli studi, violente le stroncature. 
                Allo stesso modo la critica classicistica del XVIII secolo.  
                 
                 L'interesse per la "Commedia" fu rilanciato 
                con il romanticismo. Prima con il rilancio dell'interpretazione 
                di Vico, poi con Alfieri, Foscolo, Leopardi. Il nazionalismo italico 
                del XIX secolo lesse Dante Alighieri come uomo impegnato politicamente 
                per una unità nazionale. La "Commedia" fu tenuta insieme 
                ai "Promessi sposi" di Manzoni come monumento letterario nazionale 
                italiano. Nello stesso tempo si diffuse in europa la fortuna critica 
                e di lettori del poema. Dal XIX secolo fioriscono edizioni, commenti, 
                studi, letture: Hegel, K. Witte, K. Bartsch, T. Paur, F.S. Wegele, 
                K. Vossler, Erich Auerbach (Germania); H.C. Barlow, D.G. Rossetti, 
                E. Moore, P. Toynbee, Thomas S. Eliot (Gran Bretagna); H.W. Longfellow, 
                J.R. Lowell, E.H. Wilkins, Ch. Singleton (Stati uniti); P. Hazard, 
                E. Gilson, A. Renaudet (Francia). In Italia dal XIX secolo gli 
                studi sono stati portati avanti a partire soprattutto da Francesco 
                De Sanctis; seguito dalla "scuola storica" di Graf, Carducci, 
                D'Ancona, Rajna, cui si deve un lavoro esegetico e filologico; 
                Pascoli diede una lettura simbolista. Nel 1888 fu fondata a Firenze 
                la Società dantesca italiana, di cui M. Barbi fu l'animatore 
                filologicamente più agguerrito. Nel 1921, in polemica con 
                la scuola storica *Benedetto Croce richiamò gli studiosi 
                al fatto espressivo, distinguendo nella "Commedia" la struttura 
                dalla "poesia". Sono seguite interpretazioni volte a recuperare 
                la struttura allegorica come parte intrinseca della poesia alighieriana. 
                 
                 
                Contesto: indice Alighieri
              
             
            
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