Ploutarkhos 
            
             
             
               
                
                   Ploutarkhos 
                
                Ploutarkhos era nativo di Cheronea nel 46-50, da una influente 
                famiglia beotica: potè studiare all'Accademia ateniese, 
                occupandosi di matematica, scienze, retorica, filosofia (in particolare 
                platonica). Viaggiò molto in asia ed egitto, fu anche a 
                Roma per svolgere incarichi pubblici (80 e 90). Acquistata la 
                cittadinanza romana, anche grazie alla sua fama di filosofo e 
                sapiente, ebbe varie cariche onorifiche sotto Adrianus ma senza 
                mai rinunciare alla sua vita familiare e alle amicizie di Cheronea. 
                Nel 95 venne nominato sacerdote del più alto grado dell'oracolo 
                di Delfi, ma continuò a coltivare i suoi molteplici interessi 
                scrivendo una vasta serie di lavori. Morì dopo il 120. 
                 
                Delle opere di Ploutarkhos, di cui un antico catalogo incompleto 
                (e non molto attendibile) enumera ben 277 titoli, ci rimane forse 
                1/3, classificato nei due gruppi delle opere morali (le "Moralia", 
                come vennero indicate molto dopo) e delle opere storiche. Nel 
                primo gruppo sono numerosi studi filosofici, retorici, religiosi, 
                scientifici, politici, che si presentano in parte nel vigoroso 
                stile delle diatribe accademiche dell'epoca, in parte in stile 
                dialogico, familiare e piano, che fa presumere un'origine assai 
                vicina al circolo di Ploutarkhos a Cheronea (i nomi dei protagonisti 
                sono desunti dalla sua cerchia). Sono interessanti in particolare 
                le "Questioni conviviali" in 9 libri su argomenti occasionali 
                e spesso superficiali; la delicatissima "Consolazione alla moglie" 
                per la morte della figlia; le eziologiche "Questioni greche" e 
                "Questioni romane". Interessante risulta un trattato "Iside e 
                Osiride" (De Iside et Osiride) sulla teologia egizia, in cui Ploutarkhos 
                sembra riassumere tutta la cultura della tolleranza propria delle 
                classi dominanti del tempo, a fronte della complessità 
                e delle lotte tra religioni e razze all'interno dell'impero: 
                 "Non ci sono dè i diversi per popoli diversi, 
                  né dèi barbari e dèi greci, né tantomeno 
                  dèi settentrionali e dèi meridionali. Come il 
                  sole e la luna e il cielo e la terra e il mare sono di tutti, 
                  così pure le religioni e i modi di chiamare le divinità 
                  variano da popolo a popolo a seconda delle singole tradizioni. 
                  Però tutti si riferiscono a una sola ragione prima, quella 
                  che ha dato origine a questo mondo, e a una sola provvidenza 
                  che lo dirige".  
                Non a caso il trattato porta la dedica a Clea, che a Delfi era 
                sacerdotessa di Dioniso, ma anche seguace dei culti di Iside. 
                 
                Ne "Le contraddizioni degli stoici" si preoccupa di criticare 
                alcune tesi dello stoicismo. Ploutarkhos era un platonico in filosofia, 
                ma aperto allo studio e alla meditazione anche di altre correnti 
                filosofiche. Anche attraverso un testo come "Le contraddizioni 
                degli stoici" contribuisce a fondare quella koiné platonico-stoica 
                che caratterizzò l'ideologia imperiale. Degli stoici Ploutarkhos 
                contesta la contraddizione esistente tra impegno politico e situazione 
                data, propugnato da Panetius e Posidonius, e la dottrina originaria 
                della 'cosmopoli'. Soprattutto, la critica plutarkiana si concentra 
                sulla contrapposizione del concetto di una divinità responsabile 
                anche del male di questo mondo, e il concetto della divinità 
                provvidente. Convinto sostenitore del dualismo platonico, Ploutarkhos 
                considera inammissibile ogni visione monistica del reale. In questo 
                dibattito si inseriranno con posizioni di volta in volta diverse 
                teologi e filosofi cristiani successivi. 
                 
                In Ploutarkhos gli imperatori Traianus e Adrianus videro il grande 
                filosofo morale, capace di indicare nella 'philanthropia', cioè 
                nell'amore e nel rispetto del prossimo, e nella ragione, i mezzi 
                per comporre le contraddizioni di una società lacerata 
                dalla triarchia prì ncipe / esercito / senato, divisa tra 
                liberi e schiavi, che già cominciava a conoscere le tensioni 
                tra romani e provinciali, e la crescente pressione dei barbari 
                ai confini. 
                 
                Ploutarkhos deve però la sua fama alle opere storiche. 
                In particolare le  Vite parallele, raccolta di biografie 
                composte nella maturità (105-115) e presentate a coppia: 
                es. un generale o statista greco e uno romano, con un commento 
                riassuntivo finale. Ne sono rimaste 23 coppie e 4 singole. Celebri 
                la "Vita di Alexandros" e la "Vita di Caesar". Lo schema è 
                quello tipico della biografia peripatetica, con accentuazione 
                dei motivi etici. Le fonti sono varie, con preferenza per quelle 
                greco-ellenistiche spesso di seconda mano. Pur ribadendo la superiorità 
                culturale e morale dei greci, Ploutarkhos non nasconde l'attuale 
                supremazia romana nel mediterraneo, e l'accettò con lealtà 
                senza particolari problemi di coscienza. Nelle "Vite" (meno spesso 
                nei "Moralia") ha trattato situazioni umane concrete, con sensatezza 
                di giudizio e stile semplice. Il contenuto aneddotico e a volte 
                romanzesco, e i forti e umani caratteri dei suoi eroi diedero 
                immensa popolarità alle "Vite parallele" in ogni momento 
                della cultura europea; in alcuni periodi (tra IV e XIV secolo) 
                furono l'unica fonte per la storia di alcuni personaggi. 
               
              Contesto storico: Secondo secolo  
              
                [1996]
              
              
             
            
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