Porfirios
Porfirios
Porfirius fu il sistematore e l'editore delle
"Enneadi" di Plotino, ebbe un notevole influsso sui 'padri della
chiesa' cristiana e cattolica dei primi secoli anche se poi il
suo pensiero fu praticamente dimenticato. Per Porfirio l'anima
è imprigionata nelle fattezze terrene e aspira a liberarsene.
Nato a Tiro [Siria] nel 233, il suo vero nome era Malcho, che
significa Re. Fu Longinus, il più famoso erudito greco
di quei tempi, di cui Profirius fu discepolo a Atene, a traslitterargli
il nome in "Porfirios" (dal greco 'porphyra', porpora il colore
dei re), nel 263 passò a Roma dove divenne discepolo di
Plotinos: Porfirius aveva allora trent'anni, mentre Plotinos ne
aveva 59. Nel 268 sappiamo che Porfirius si recò in Sicilia,
per curare una grave depressione che lo aveva spinto a pensare
al suicidio. Nel 270 Plotinos morì , e al suo maestro Porfirius
dedicò vari scritti, oltre che a un "Vita di Plotinos".
Nel "Commentario al Parmenide di Platone", nella "Lettera a Marcella"
sua moglie, nell'"Isagoge" (270) che esercitò un grosso
influsso nei secoli successivi nelle due aree europee, e in altri
scritti, sviluppa le sue idee, di derivazione neoplatonica (es.
la possibilità di ricongiungersi con il divino anche in
questa vita, grazie a momenti estatici) e plotiniane, ma anche
specifici (la sofferenza per il corpo e per la realtà contingente
implicata nel divenire). La posizione di Porfirius rispetto al
cristianesimo è indicativa del divario (filosofico) che
si verifica all'interno del neoplatonismo, tra quello che resta
proprio della cultura laica e mistica greco-latina e quello che
viene assimilato e stravolto all'interno del cristianesimo stesso.
Per Porfirius Gesù Cristo è stato una persona pia,
ma la posizione dei cristiani è detestabile: credere che
il divino possa essersi incarnato in un corpo, e che possa essere
'risorto' con il corpo è un non-senso per il divino: Ģil
risveglio dell'anima non consiste nella sua risurrezione con il
corpo, ma nella sua risurrezione dal corpoģ.
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