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Anni Settanta, la profezia di Costa Gavras


Anni Settanta, la profezia di Costa Gavras

In Italia fu una sirena d'allarme: da lì a poco la bomba di piazza Fontana. E l'inizio della strategia della tensione

di ANDREA COLOMBO (il Manifesto 8 agosto 2003)

I limiti del film di Costa Gavras, quello che gli regalò di colpo notorietà internazionale, contano poco. I ragazzi e gli operai che, nell'Italia del `69, davano vita al più longevo e radicale movimento antagonista occidentale del dopoguerra non guardarono Z. L'orgia del potere con l'occhio attento del critico cinematografico. E neppure con quello del tipico spettatore impegnato d'allora, sempre pronto a farsi trascinare dalla denuncia politica, dalla messa in scena a sfondo militante dell'ingiustizia o della tirannia. Nell'istantanea dell'uovo del serpente greco, quello che quattro anni dopo l'omicidio Lambrakis avrebbe partorito il regime dei colonnelli, gli italiani non videro solo il racconto agghiacciante di quel che era accaduto in un paese vicino, in una democrazia tutto sommato simile alla nostra. Lessero invece subito un sinistra profezia di quel che sarebbe potuto accadere in tempi brevi anche da noi. Intuirono una minaccia concreta. Lo scarto tra Zeta e la stragrande maggioranza dei film politicamente schierati d'allora, molti dei quali certamente più belli di quello del regista greco, è tutta qui. Quel film, per come fu visto da noi, non chiedeva di mobilitarsi per contrastare orrori perpetrati altrove, come faceva il cinema terzomondista. Non rivelava, come molti film sul fascismo, le connessioni oscure del passato per mettere in guardia da una loro possibile ripetizione. Non inquadrava neppure, come il miglior cinema critico italiano, il fondo limaccioso della nostra società, le mani sporche protese sulle città del boom, i sassi in bocca e i giorni siciliani della civetta. Sembrava parlare invece, caso unico, del futuro prossimo. Era un campanello d'allarme, un avvertimento preciso, e per questo risultava infinitamente più inquietante degli altri film «di sinistra» che proliferavano allora nelle sale e nei cinema d'essai. A distanza di oltre un trentennio, si può tranquillamente affermare che mai sirena d'allarme suonò più puntualmente, mai profezia cinematografica fu destinata a una così rapida e sanguinosa verifica nella realtà immediata. In quello stesso anno, nel 1969, esplose la bomba di piazza Fontana, avviando la catena di attentati oscuri passata alla storia come «strategia della tensione». E da quali pericoli imponeva di guardarsi il film di Costa Gavras se non appunto dalle cospirazioni di aree del potere pronte a tutto? Per quale via i colonnelli erano arrivati al potere se non per quella lastricata da sapienti scosse inflitte all'opinione pubblica, per spaventarla, addomesticarla, prepararla al trauma della dittatura? Nei primi anni `70, la permanenza dei film nelle sale cinematografiche non era fulminea come oggi. Era ancora possibile andarsi a vedere Zeta quando, un anno dopo la mattanza di piazza Fontana, arrivò nelle librerie quel modello tuttora insuperato di controinchiesta che era La strage di stato. Gli accostamenti erano troppi e troppo clamorosi per non saltare agli occhi. Identica la zona d'ombra nella quale era stata messa a punto la strategia inaugurata il 12 dicembre alla Banca nazionale dell'agricoltura, quella dove spezzoni anonimi del potere costituito si incontravano con la manovalanza neofascista tosta e spesso sottoproletaria, sorella gemella di quella che, dall'altra parte del Mediterraneo, aveva portato a termine l'operazione Lambrakis. Ma la controinchiesta non si fermava alle similitudini, per quanto strette. Dimostrava come la mano adunca del fascismo greco si fosse introdotta anche in Italia, rivelava incontri, finanziamenti, progetti comuni, disegni inconfessabili. La Cina era vicina, ma la Grecia lo era anche di più. La sceneggiata del processo per la strage completò più tardi il quadro. A tutt'oggi gli interrogatori dei generali nelle scene finali di Zeta potrebbero essere adoperati per chiosare e commentare quella sagra della reticenza e dell'omertà che fu il processo di Catanzaro. Bomba dopo bomba, intrigo dopo intrigo, la strategia della tensione ha accompagnato il decennio dei grandi movimenti sovversivi di massa in Italia, e ne ha certamente condizonato gli esiti in una misura che non sarà mai possibile definire con certezza. Di quella torva vicenda il film di Costa Gavras ha rappresentato l'anticipazione, quasi il prologo. A un film del genere non si può chiedere di più.


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