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Alfred Hitchcock


Alfred Hitchcock

E' stato tra i maggiori e più prolifici registi di b-movie, divenuti a partire dagli anni '60 dei classici e dei cult-movie. In Europa la valorizzazione della cinematografia di Hitchock la si deve a François Truffaut: l'intervista "Il cinema secondo Hitchcock" è un vero e proprio manuale del film.

Nato a London nel 1899, morì a Los Angeles nel 1980. Figlio di un commerciante di pollame e importatore di frutta e verdura, fu educato presso il St. Ignatius College dei gesuiti. Studiò poi presso un istituto professionale 8tecniche e strumenti della navigazione), trovò impiego nella società del telegrafo. Fu assunto dalla filiale britannica della Famous Players-Lasky come estensore delle didascalie. Giovanissimo, diventa regista. Ha 26 anni quando dirige The pleasure garden (1925). Seguono una serie di film che lasciano una impronta nella produzione britannica tra muto e sonoro: Il pensatore (1926) è un film muto, ma già sonori sono: Blackmail (1929), Il club dei trentanove (1935).

Fu Selznick a portarlo a Hollywood. Qui Hitchcock raffina e rpecisa la sua tecnica e il suo mondo narrativo dominato dai temi dell'angoscia e della colpa. I suoi film sono macchine perfette di suspance e rigore. Il suo contributo alla storia del genere mystery è fondamentale.

Nel 1940 conquista il primo oscar con Rebecca, la prima moglie. Vero capolavoro è Io ti salverò (1945) storia di una ossessione infantile che sconvolge la personalità di un finto medico: interpreti, degli eccezionali Gregory Peck e Ingrid Bergman. Notorius, l'amante perduta (1946) è la storia del salvataggio di una spia (Ingrid Bergman) cacciatasi volontariamente nella tana del lupo: a salvarla è l'elegante Cary Grant. Nodo alla gola (1948) descrive un'azione che si svolge tutta in una stanza: un'unico piano-sequenza, una tecnica straordinaria. Il caso Paradine (1948, con Gregory Peck e Alida Valli) è la storia di un avvocato che assume la difesa di una donna accusata dell'omicidio del marito: ovviamente se ne innamora.

L'altro uomo (1951) è lo scambio perverso ma non riuscito fino in fondo di due delitti. In La finestra sul cortile (1954), da un racconto di Cornell Woolrich, è la storia di un fotografo (James Stewart) immobilizzato nel suo appartamento con una gamba ingessata, che spia i suoi vicini con un cannocchiale. La faccenda si movimenta quando comincia a sospettare che uno di essi (Raymond Burr) abbia ucciso la moglie, e coinvolge nella psicosi la sua ragazza (Grace Kelly, qui raffinatissima ed elegante) e la governante (Thelma Ritter). Il film è l'esaltazione della potenza dello sguardo e, allo stesso tempo, sua punizione. Tra i due protagonisti (Grace Kelly e James Stewart) si instaura una specie di gioco del gatto con il topo.
Al genere detective-story appartiene Il delitto perfetto (1954, con Ray Milland e Grace Kelly): storia di un marito che trova un sistema per ammazzare la moglie costruendosi un ottimo alibi: ma il killer che usa per l'omicidio viene ammazzato dalla moglie, che viene accusata di omicidio e rischia di essere in questo modo tolta di mezzo. Allo stesso genere Hitchcock ha dato il suo contributo dirigendo diversi film di buona fattura.
Il ladro (1957, con Henry Fonda e Vera Miles) è una storia intensa, di povero musicista scambiato in base a una rassomiglianza per un assassino: la sua vita ne verrà sconvolta e con lui quella di sua moglie. Film in bianco e nero, angosciante e pessimista.
Intrigo internazionale (1959) è una storia di spionaggio, di identità scambiata e di incoscienza affidati a Cary Grant e Eve Marie Saint.

Film tra i più celebri della storia del cinema è Gli uccelli (1963, con Rod Taylor e Jessica Tandy), film pieno di tensione e con sconfinamenti nell'horror. Un capovolgimento allucinante tra il bene e il male, tra l'uomo e la natura.
Indimenticabili le sue regie televisive, attraverso la serie di film tra il giallo e l'inquietante. Qui Hitchcock diventa personaggio, presentando lui stesso i film e dando un tocco particolare, tra l'ironico e l'irriverente.

Hitchcock ha diretto vari films, i migliori hanno sempre come caratteristica quella della rivisitazione di un genere, da un punto di vista psicologico. Scrive *Di Giammatteo: "Il regista era rigoroso come un matematico (usava storyboard meticolosi), spietato come un sadico (gli attori erano le sue vittime), misogino con perfidia, ironico e (mentalmente) macabro" [1]

Note
[1] Dizionario del cinema: cento grandi registi / Fernaldo Di Giammatteo. - Roma : Newton & Compton, 1995. - cit. p. 45-46.

 

 

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