Ingmar
Bergman
Ingmar Bergman
Nato
nel 1918 a Uppsala, è stato tra i maggiori registi e autori
della cinematografia europea. Figlio di un pastore protestante della
corte reale, si laurea in lettere con una tesi su Strindberg, si
dedica al teatro, è cacciato di casa dal padre per la relazione
con un'attrice. Debutta come drammaturgo negli anni Quaranta, dando
espressione al clima angoscioso del periodo con una serie di drammi
che si riallacciano alla tradizione di Strindberg, H. Bergman e
Lagerkvist. Ma l’affermazione giunge a partire dagli anni
Cinquanta, con l’attività di regista di cinema e di
teatro, due ambiti che si intrecciano continuamente nella sua opera.
Da "Kris" (1945) fino a "Vargtimmen" (L'ora del lupo, 1966) e a
"Skammen" (La vergogna, 1968), Bergman è riuscito a affrontare
gli ambienti e i temi più diversi, ma sempre riconducibili
al filone esistenziale: il tema della vita e della morte, la solitudine,
la incomunicabilità umana. Il suo stile è sempre raffinato
e poetico.
Gli inizi della cinematografia di Bergman sono all'interno della
tradizione psicologista del cinema svedese. Sono film modesti. Un'estate
d'amore (1950, con Maj Britt Nilsson e Birger Malmsten)
è la storia di una coreografa che, in crisi con il marito,
ripensa con rimpianto al vecchio amante: finiti i ricordi, il ritorno
dal marito. Donne in attesa (1952) in cui
sono quattro singolari ritratti femminili. Il cinema di Bergman
comincia a ingranare con il drammatico Una vampata
d'amore (1953) sulle meschine debolezze di artisti del circo,
e con la garbata meditazione sulla fragilità dell'amore in
Sorrisi di una notte d'estate (1957, con
Ulla Jacobson e Eva Dahlbech) ha per protagonista una diciottenne
che sposa un ricco vedovo: un memorabile week-end sconvolge i loro
destini sentimentali.
La serie dei maggiori film di Bergman inizia con Il
Settimo sigillo, che gli valse il Premio Speciale della Giuria
a Cannes nel 1957. Si tratta di un lugubre apologo medievale. Esistenzialismo
e simbolismo si uniscono in un film destinato a influenzare profondamente
la cultura e l'immaginario intellettuale europeo. Tra i migliori
films del regista svedese è Il posto delle
fragole (1958), con Victor Sjostrom che interpreta il ruolo
di un vecchio medico che si accorge di aver vissuto una vita egoistica,
che lo ha portato alla solitudine reale e esistenziale. Bergman
utilizza tecniche sperimentali (l'agghiacciante sequenza onirica)
e la descrizione del paesaggio.
Con i film successivi Bergman consolida il suo status di autore
di riferimento: Il volto (1958) è
una variazione grottesca e angosciosa sui problemi dell'identità,
dell'amore, dell'illusione. Il film ebbe il premio speciale alla
Mostra di Venezia. La fontana della vergine
(1959) è un racconto terribile di misticismo e di fanatica
crudeltà in un Medioevo senza luce. Ebbe l'Oscar come miglior
film straniero, oscar ripetuto con il successivo Come
in uno specchio (1961) introduzione tormentata e convulsa
di un lavoro sul tema religioso che si svilupperà poi, in
maniera anche più ferma e lucida, in Luci
d'inverno (1962) e Il silenzio (1963).
Una parentesi polemica e comica è A proposito
di tutte queste... signore (1964, con Bibi Andersson) è
imperniato su un critico musicale che si reca in casa di un violoncellista
per scriverne la biografia, e sulle donne che qui incontra.
Torna a occuparsi dei suoi temi, l'identità, il conflitto
tra essere e apaprire, la sincerità e la menzogna, nei film
successivi: Persona (1965), L'ora
del lupo (1966), La vergogna (1967),
Passione (1968). E' una ricerca che culmina
in Sussurri e grida (1972) storia di quattro
donne - tre sorelle, una delle quali sta morendo di cancro, e una
governante -, che si avvale della fotografia di Sven Nykvist. Tra
le cose migliori dei film successivi: Scene da
un matrimonio (1972), Sinfonia d'autunno
(1977), Fanny e Alexander (1981).
Nel 1976-1978 Bergman si esilia volontariamente dal suo paese
perché accusato di frode fiscale.
Libro autobiografico, interessante per la sua sprezzante sincerità,
è Lanterna magica. Dedicato all'infanzia
e al suo difficile rapporto con il padre è il Ğromanzo sull'infanziağ
Nati di domenica: molto belle le pagine
sul vecchio padre morente che chiede al figlio dove lui abbia sbagliato
nel rapporto con la moglie Karin, di cui aveva scoperto il diario
tenuto quotidianamente dal 1913 anno del matrimonio fino a due giorni
prima della morte; la risposta del figlio, e poi alcuni decenni
dopo il suo ricredersi su quel padre tanto odiato.
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