La
fine della guerra fredda e l'inizio del nuovo millennio
La fine della guerra fredda e l'inizio del nuovo millennio
Nel 1989 accadono una serie di cose. L'epicentro avviene in
europa e nelle regioni collegate. Ciò che accade ha riflessi
su tutto il pianeta. E' un "nuovo mondo" che esce dalla fine della
guerra fredda.
- 1) crolla il muro di Berlin. A livello regionale significa
che due stati, che sono anche culture e sistemi economici
e sociali diversi, finora divisi vengono a riunificarsi;
- 2) dal crollo del muro di Berlin deriva una Germania riunifi
cata, che mette in conto un processo di accrescimento economico
e politico che si era prodotto nei decenni successivi alla
seconda guerra mondiale. La Germania si pone tra i protagonisti
culturali (oltre che economici e politici) del nuovo mondo
che esce dal crollo del muro;
- 3) la Germania tende a acquisire in europa un ruolo sempre
più egemonico. La speranza di una federazione egualitaria
tra gli stati europei finisce ben presto;
- 4) il crollo del muro significa la fine della guerra fredda,
la fine della contrapposizione tra est e ovest europei e tra
est e ovest del mondo. La possibilità (per ora teorica)
di procedere alla realizzazione di una civiltà culturale
comune;
- 5) più direttamente significa il crollo del regime
statalista sovietico. L'abbattimento fisico del muro di Berlin
è il segnale dello sgretolamento dell'impero sovietico.
L'URSS come potenza militare imperialista implode, non in
seguito a una guerra fatta sui campi di battaglia, ma per
cause economiche e tecnologiche;
- 6) la potenza che emerge dalla fine della guerra fredda
è gli USA, che per la prima volta nella storia umana
si pongono come unico impero capace di controllare tutto il
pianeta. La situazio ne degli USA è quella dell'impero
augusteo (non a caso in europa si parla tra gli intellettuali
di "pax americana"): le prospetti ve ma anche tutte le difficoltà
a dover gestire un simile potere, di fronte alle situazioni
di crisi e ai conflitti regionali;
- 7) accanto agli USA si pongono, usciti come potenze economiche
dalla guerra fredda il Giappone e la Germania (che acquista
una sua egemonia in europa), mentre una sostanziale tenuta
ha la Cina anche se tecnologicamente poco sviluppata.
La fine della guerra fredda non significa la fine dei problemi
esistenti sul pianeta e che sono causa di più o meno vasti
conflitti. La fine delle impalcature che in un certo modo limitavano
e irrigidivano le realtà sociali, provoca anzi un aumento
dei conflitti anche e non solo culturali. Così in europa
è il caso della Jugoslavia in cui le etnie iniziano una
guerra civile; e lo stesso esplodere dei nazionalismi si verifica
negli stati prima facenti parte dell'URSS.
Gli USA d'altra parte sono investiti del ruolo di pacificatori
planetari, unici detentori della forza a livello planetario. La
possibilità è un uso a fianco di organismi internazionali
e non di parte per dirimere i conflitti locali; le conseguenze
sono in ogni caso un montare degli odii e dei sospetti contro
la nuova potenza planetaria. Gli USA vivono la fine della guerra
fredda dopo un primo momento di euforia per la fine (per ora)
del pericolo di guerra atomica planetaria, con le conseguenze
da una par te della riorganizzazione degli apparati militari e
produttivi, a fronte anche della crisi economica; dall'altra,
dal punto di vista culturale, lo shock da vittoria: la fine del
nemico, su cui si basava l'ideologia del potere dominante, rischia
di avere ef fetti anche sul piano della compattazione sociale
interna. Dal punto di vista ideologico è il bisogno di
nuovi nemici, che giu stifichino impiego di mezzi militari e tecnologici,
investimenti di vasta portata e apparati politici e produttivi.
Nella prima fase, il nuovo nemico viene trovato nel fondamentalismo
islamico.
La fine della contrapposizione tra est e ovest così come
si era venuta sviluppando nei decenni passati, porta all'emergere
come problemi della politica internazionale, altri tipi di con
trapposizione. Mentre perdura lo sfruttamento economico che le
aree del nord (europa, nord- america e in parte russia) fanno
del le regioni e dei continenti del centro e del sud del pianeta,
sembra manifestarsi in questa prima fase del mondo post-guerra
fredda una contrapposizione montante tra paesi occidentali (euro
pa in parte ma soprattutto nord-america) e paesi islamici.
La prima guerra che si combatte all'indomani del crollo dell'URSS
è quella tra USA e Irak, tra la nuova potenza imperiale
planetaria cioè e un paese arabo, che nella fase precedente
aveva visto una crescita del proprio ruolo perché usato
da URSS e da USA prima nelle guerre locali per il controllo dei
giacimenti pe troliferi della regione medio- orientale; poi nel
tentativo di ar ginare l'esplodere della "rivoluzione komehinista",
cioè dei fondamentalisti islamici, in Iran. La diffusione
a livello planetario, nelle regioni islamiche, del fondamentalismo,
è tra gli elementi più macroscopici di que sta fase
storica. Tutti i paesi la cui geografia politica era prima data
dall'alleanza ora con l'URSS ora con gli USA e gli eu ropei, sono
interessati e vivono la destabilizzazione di questo fenomeno.
Ciò a fronte della mancata soluzione di alcuni problemi
tradizionali della regione: innanzitutto quella palestinese, data
dall'occupazione di Israele (appoggiato dagli USA e dall'occidente)
dei territori arabi palestinesi. E' una questione questa che trova
una unità e un senso di identità da parte di tutti
gli islamici. Sotto però covano grossi problemi economici
e sociali: quasi tutti i paesi islamici sono dominati da dittature,
classi di potere filo-occidentali; a fronte di una povertà
generale e dell'arretramento sociale, le ricchezze provenienti
dai proventi del petrolio hanno benefici solo per alcune famiglie
numericamen te ristrettissime (e ricchissime). Il malessere sociale
trova sbocchi ideologici nell'odio anti-occidentale.
In questo quadro, gli intellettuali si trovano davanti a una serie
di prospettive: da una parte una planetarizzazione della cultura,
la possibilità di una comunicazione non più relegata
all'interno di blocchi o di contrapposizioni e sospetti. La pro
spettiva è quella di una nuova koinè, una lingua
comune planeta ria, per la prima volta nella storia dell'umanità,
con tutte le potenzialità che una simile prospettiva possiede.
Ciò però significa una forte caratterizzazione di
questo nuovo planetario da parte delle culture egemoniche, prima
tra tutte quella nord- americana: un evento esiste solo se una
televisione statunitense ne parla. Dall'altra parte l'esplodere
delle realtà locali, pro prio a fronte di questa internazionalizzazione
ultraspinta. Il legarsi degli intellettuali alle realtà
ultra-locali, a farsi portavoce di interessi e aspetti feudali.
Così in europa, il processo che porta all'abbattimento
delle frontiere tra gli stati occidentali porta all'interno di
questi stati ad un aumento delle forme di nazionalismo e di razzismo.
Gli intellettuali, all'interno di un mondo che sembra sempre più
esplodere di contraddizioni e di problemi, si pongono sempre come
coscienza critica. Non è un caso che secondo un rapporto
pubblicato dal Centro Pen nel 1992 ("Writers in prison '91" a
cura di Angelica Mechtel) continuino a verificarsi in tutto il
pianeta persecuzioni nei confronti degli intellettuali e gli scrittori.
Nel 1990 risultavano 739 gli scrittori perseguitati (in maniera
pesante: cioè uccisi torturati o condannati alla prigione,
costretti all'esilio o alla clandestinità) in 75 paesi
del mondo. Il potere politico, specie quello dittatoriale, continua
a esi stere e a perseguitare i propri oppositori. Così
il poeta sud-coreano Park Ky Pyong condannato all'ergastolo per
"pensiero anarchico". In Iran sono stati centinaia gli intellettuali
uccisi, sepolti in fosse comuni insieme a altri prigionieri politici,
solo per aver scritto un articolo o manifestato proprie opinioni:
così Amir Nikaiin, Monucheher Bezhadi, Djavad Misani, Abutorab
Bagherzadeh, e poco prima di questi Said Soltanpour e Rahman Hatefi.
La scrittrice Fahimeh Farsaie dopo aver passato 18 mesi nelle
carceri di Teheran per aver scritto un romanzo "critico", dal
1982 è costretta a vivere in esilio a Berlin. La maggior
parte di questi casi sono sistematicamente ignorati dalla "pubblica
opinione". Ciò di cui ci si interessa a questo livello
continua a essere quello che il sistema di propaganda occidentale
permette che sia diffuso, ad uso di propaganda. E' in caso doppiamente
tragico di Salman Rushdie, condannato a morte per "apostasia"
dal regime fondamentalista di Iran: il caso di Rushdie divenne
notis simo, al contrario della serie notevole di scrittori e intellet
tuali perseguitati e uccisi da altri regimi, prendendo il posto
a livello pubblicistico dei "dissidenti sovietici" che periodica
mente si riaffacciava nei decenni precedenti sui mass-media occidentali.
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