| "La prima immagine...", di 
                  Maurizio Cucchi  
                   La prima immagine è il Lago di Garda, 
                     
                    scavata in bianco e nero fino all'Ortles. 
                  Sarò solo un bambino, 
                    ma mio padre vive in eterno. 
                  Dopo la Jugoslavia, nel luglio '41,  
                    con firma fiorita 
                    salutava la Magda. 
                  
                  a Mauro 
                  
                  Il paese era sparso sulla schiena del colle 
                     
                    e mi scorreva limpido negli occhi.  
                    Nell'aria illogica di un sole svizzero  
                    come la donna bidimensionale 
                    in visone e scarpe di plastica 
                    che aspettava il bambino a scuola.  
                    <<Non sento quasi niente - ho detto -.  
                    Però ti fermi su, alla chiesa, 
                    e lasci che io vada solo in mezzo al bosco:  
                    per rispetto, almeno, per raccoglimento>> 
                   
                    C'era un bel sole quel mattino di maggio.  
                    Glenn se ne andava in moto dalla periferia,  
                    la 6,35 in una tasca del vestito beige. 
                    Vide l'amico nella casa al confine  
                    e mangiò alla sua tavola 
                    tranquillamente. 
                    Tina era sempre golosa, 
                    ecco perché il cercatore di funghi  
                    che attraversava il bosco, 
                    gli trovò addosso,  
                    trentasei ore dopo, 
                    la tavoletta di cioccolato. 
                   
                    Glenn, come lo chiamavo nella mia mente io,  
                    o com'è più dolce e semplice 
                    com'è più vero: 
                    Luigi. 
                    Resti per me una crepa d'affetto 
                    o un lampo intermittente nel cervello. 
                    E anche tu, che non l'hai mai visto,  
                    lo ami. 
                    Tu che hai taciuto, e oggi non taci più, 
                    hai la memoria smangiata come la tua macula:  
                    cerchi e non trovi più 
                    nemmeno la sua voce. 
                   
                    Facevo il viale: per arrivare al campo.  
                    Attorno, uomini coi badili, 
                    e io piangevo poco. 
                    Ma davanti alla scatola col tuo vago sorriso,  
                    bellissimo, con la camicia scura aperta 
                    e il distintivo del ferito,  
                    il gelo mi è venuto dentro.  
                    <<Cosa vuoi che ti dica?>> ho fatto allora 
                    con le mie rose in mano e con paura, 
                    <<forse è già il tempo dell'indifferenza>> 
                     
                    Forse sono decotto, forse io stesso,  
                    sono solo memoria di me stesso. 
                   
                    Lui se ne andò gettandoci 
                    nell'improvviso smarrimento.  
                    In un sacchetto della polizia,  
                    ecco gli assegni, il pettine, 
                    la benda per il polso... 
                  Ciao, dico adesso senza più tremare. 
                     
                    Io ti ho salvato, ascoltami. 
                    Ti lascio il meglio del mio cuore  
                    e con il bacio della gratitudine,  
                    questa serenità commossa. 
                  
                  
                  
                  Maurizio 
                    Cucchi (da: L'Ultimo viaggio 
                    di Glenn)  
                   
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