Storia della letteratura europea - Torna in homepageDi Concetta e le sue donne...


Di Concetta e le sue donne...

di sergej, pubblicato sul n.2 di Bancarella, settembre 1999.

Di Concetta e le sue donne / Maria Attanasio. - Palermo : Sellerio, 1999. - 122 p., br. ; 16,8 cm. - (La memoria ; 452). - ISBN 88-389-1506-7.

V'è un grumo troppo forte di sentimenti ed emozioni perché riesca ancora a parlare del libro di Maria "Di Concetta e le sue donne". Rimando a tra qualche anno parole che possa trovare e un ragionare critico che siano all'altezza di questo libro. Tuttavia occorre che il campo dei lettori sappia.
Che questo è un grande libro e la scrittura di Maria Attanasio qui si rivela tra le migliori dal punto di vista letterario e (che è qui lo stesso) politico. Un libro bellissimo, emozionante, che va letto e pianto. Poi, magari, dopo il silenzio tramortito per una simile esperienza, uno può riniziare a fare politica o cominciare a farla sul serio, chissà.

Per ora posso solo dire alcune cose che non c'entrano niente con il libro in sé. Sono le uniche cose che riesco per ora a dire. Ho conosciuto Concetta La Ferla, la "protagonista" del libro della "scrivente" Maria. Mi ha ricordato immediatamente un altro personaggio, che non ho avuto il privilegio di conoscere ma che così me l'hanno descritta i compagni di Lentini. Graziella Vistré si chiamava, una compagna della Camera del Lavoro di Lentini. Una donna matura, rude, che nel 1968 fumava le alfa e che spiegò al novellino neo-segretario della Camera del Lavoro e ai compagni del partito (il PCI, non c'è bisogno di specificare) l'importanza del Piano Regolatore per lo sviluppo di una città. Graziella Vistré è morta qualche anno fa, tornata nella sua città natale dopo decenni di lavoro tra i braccianti di Lentini. Non stiamo qui a fare il rimpianto su "com'erano i funzionari di una volta", o "che odore buono era quello della mia sezione" - un misto di fumo, di casa vecchia e cancelleria polverosa. A Lentini, a differenza che a Caltagirone, la sezione del partito non stava in una casa nobiliare ma in un vecchio bordello, proprio vicino a quella che veniva chiamata la "piazzetta della vergogna" perché usa ad ospitare i politici nei loro ozi da bar. Tra i pochi buoni e duri, c'erano poi i molti, umanamente arrivisti e pressapochisti, indifferenti melanconici e parolai. Ma si sa, quando una struttura umana funziona è per la presenza silenziosa, di "base" di persone come Concetta La Ferla e Graziella Vistré. Concetta mi ha firmato il libro con la dedica: "La Ferla Compagna" si è firmata. Alla fine dell' "assemblea" - come ha chiamato la presentazione del libro alla festa di Liberazione a villa Pacini, a Catania, il 6 settembre - ha intonato l'Internazionale tra lo sbigottimento dei letterati presenzialisti e degli ospiti di Rifondazione. Una vecchia sclerotica, è parsa ai più, così come matta e eccessiva doveva sembrare ai dirigenti locali del partito, dominata dai culichiatti e dai signorini. Culichiatti e signorini di cui evidentemente è ancora pieno il mondo e non basta una tessera per ritornirsi il culo. Non so cosa possa dire un lettore che di quella storia - la storia del comunismo in Italia - non ha mai fatto parte. Non so cosa potrei dire io che di quella storia ho sempre sentito di fare parte, se non ai compagni e alle compagne sparse di leggere il libro, ché male non fa.

Le citazioni dal libro

Le tenebrose risonanze della parola comunista si confondono, nella mia infanzia tra guerra fredda e ricostruzione, alla sensazione dell'ineguagliabile calura della campagna, in cui ogni estate dei conoscenti di famiglia ci ospitavano: fara di scirocco dove d'improvviso si spegneva il sibilo dell'insetto, mentre i lavoranti stagionali continuavano a raccogliere cotone dalle basse pianticelle...

E' l'incipit del libro, che varrebbe trascrivere tutto, ma non ora, non qui.

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