Michel
Tournier
Michel Tournier
Michel Tournier è nato a Paris
nel 1924. Ha esordito con il romanzo Venerdì o il limbo
del Pacifico (Vendredi ou les limbes du Pacifique, 1967). Ha scritto
poi Il re degli ontani (Le roi des aulnes, 1970), Le meteore (Les
météores, 1975), Gaspard, Melchior e Balthazar (1980),
Gilles e Jeanne (1983), La goccia d'oro (1985). Una raccolta di
racconti è Il gallo cedrone (Le coq de bruyère,
1978). Saggio autobiografico è Il vento Paracleto (Le vent
Paraclet, 1977) in cui sono chiariti anche i nuclei tematici della
sua narrativa. Una breve raccolta di prose sono Piccole prose
(Petit proses, 1986), dedicato al tema della fotografia (Tournier
è stato anche fotografo).
Tournier recupera vecchie trame narrative
e leggendarie: il "Robinson Crusoe" di Daniel Defoe in "Venerdì";
spunti di mitologia nordica legati alla figura fantastica di un
Orco e trasferiti nell'ambiente del Terzo Reich nel "Re degli
ontani"; l'episodio dei re Magi; la storia di Gilles de Rais in
"Gilles e Jeanne". E' un recupero che si realizza attraverso una
interpretazione ricca di elementi ironici, con finissimi riferimenti
storici, letterari, biblici. "Venerdì" riprendendo la trama
del romanzo di Defoe, ne capovolge il senso: Venerdì non
subisce le leggi e le consuetudini di vita imposte da Robinson,
ma finisce per essere lui a convertire il bianco occidentale,
avviandolo a una metamorfosi di tipo iniziatico verso una vita
diversa, autentica, primitiva.
Uno dei temi centrali della sua narrativa
è quello dell'unità perduta. Ritrovare quell'unità
è il problema di Robinson protagonista di "Venerdì",
ma anche quello di Tiffuges, il garagista-orco del "Re degli ontani".
Il mito dei gemelli, e quello dell'androgino, unità sessuali
degli opposti, segnano "Le meteore". La leggenda dei re Magi in
"Gaspard, Melchior e Balthazar" è trasformata in un meraviglioso
racconto alle 'Mille e una notte', imperniata sul desiderio del
ritorno alle origini mediante un cammino iniziatico, quello del
cibo, segnato dalla progressiva purificazione del corpo. Il mito
delle origini è anche ne "La goccia d'oro", storia di un
ragazzo berbero, Idriss, che emigra in occidente, in Francia,
alla ricerca di una foto che una turista- fotografa francese gli
ha fatto: ritrovare quella foto, che secondo lo zio non è
bene che vada in giro per il mondo, è lo scopo di Idriss:
ciò che lo costringe a fissare altre immagini, immergersi
nel mare delle immagini della civiltà occidentale. Il tema
della fotografia è qui quello centrale, ma ancora una volta
la trama si svolge attraverso il percorso iniziatico, con una
progressione simili a quella di una fiaba alla Grimm. Anche i
due racconti incastonati nel romanzo, quello di Barbarossa e quello
della Regina Bionda, sono la storia di due immagini. Come è
stato notato, "La goccia d'oro" è il rovesciamento de "Il
piccolo principe" di Saint-Exupéry. La "goccia d'oro" che
dà titolo al romanzo è il talismano che Idriss porta
al collo, e che gli viene rubato da una prostituta a Marsiglia,
simbolo dell'unicità persa e vanamente inseguita (oltre
che nome di un ghetto Parisno). L'unicità è persa,
Idriss fa vari mestieri: è modello in una fabbrica di manichini,
un cugino lo introduce nel mondo dei pulitori, fa la comparsa
in un film, amante del regista Biglou "checca grassa e sentimentale",
conduttore di un cammello che al termine delle riprese verrà
avviato al macello (ma il "doppio totemico" di Idriss si salverà).
L'àncora di salvezza offerta a Idriss è l'esercizio
paziente del calligrafo arabo. L'attività della scrittura
è l'unico rimedio per sottrarsi all'influenza medusiaca
delle immagini, per salvarsi dalla ricerca senza fine del proprio
doppio. Idriss alla fine ritrova la sua goccia d'oro nella vetrina
di una gioielleria Parisna, manda in frantumi il vetro con il
suo martello pneumatico mentre ripete tra sé un misterioso
ritornello appreso da una danzatrice secondo cui la libellula
e la cavalletta recano sulle ali uno scritto che "sventa l'astuzia
della morte" e "svela il segreto della vita".
Del 1997 è il romanzo "Eleazar, ovvero
la sorgente e il roveto". Protagonista è un pastore protestante
nell'Irlanda ottocentesca, che come Mosè, porta la sua
famiglia verso la terra promessa della California, attraverso
montagne e deserti, aprendo a caso la Bibbia per trarne ispirazione
sulle scelte difficili che deve compiere. "La grandiosa avventura
di Mosè funzionava da riferimento per decifrare i modesti
accadimenti della sua vita", e proprio come Mosè, Eleazar
non riuscirà a vedere la terra promessa. Il romanzo vive
del parallelismo con la figura di Mosè e del "problema
teologico" dell'esclusione di Mosè dalla terra promessa,
nonostante l'elezione di Mosè a leader del popolo di israele.
Eleazar è un protestante in un paese di cattolici; vive
in traslato tutte le peripezia moseiane: l'uccisione di un uomo
per salvare un umile, l'epidemia e il flagello agricolo ecc. Egli
muore nel deserto, non senza prima aver incontrato un pellirossa:
"il deserto ci mostra il volto di Dio fatto paesaggio". Eleazar
è così l'uomo che attraversa l'oceano per morire
nel deserto, il servo del Signore che è escluso dalla terra
promessa.
© Antenati - 1994-1997
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