Svetlana Aleksevic


Svetlana Aleksevic

Nasce il 31 maggio 1948 in Ucraina, nella città di Ivano-Frankovsk, da padre bielorusso e madre ucraina e dopo il congedo dall’ esercito del padre, militare di carriera, la famiglia si trasferì in Bielorussia, stabilendosi in campagna. Ultimati gli studi universitari entrò a far parte a Minsk della redazione del giornale a diffusione nazionale «Sel’skaja gazeta”, di cui divenne in seguito inviato, approdando infine alla rivista letteraria «Neman” (organo dell’Associazione degli scrittori bielorussi) con l’incarico di responsabile della sezione critica e saggistica.

“La guerra non ha un volto di donna”, il suo primo libro dato alle stampe nel 1983, ha dei guai con la censura e resta bloccato presso l’editore per due anni. Aleksievic viene accusata di pacifismo, naturalismo, dissacrazione dell’eroi­ca figura della donna sovietica proprio perchè il libro narra delle donne al fronte durante la seconda guerra mondiale. Nonostante l’opposizione dell’ufficio propaganda del Comitato centrale del PC bielorusso le edizioni si susseguono raggiungendo complessivamente la tiratura di 2 milioni di copie. Del 1985 l’uscita di un altro libro sulla seconda guerra mondiale, dove i cento racconti degli «ultimi testimoni” restituiscono «con gli occhi di quand’erano bambini” gli spaventi e gli stupori di coloro che hanno visto i loro papà e mamme” soffrire morire nella Bielorussia sotto l’occupazione tedesca. I premi in Bielorussia e URSS per meriti civili e letterari si moltiplicarono; ad essi si sarebbero aggiunti negli anni anche importanti riconoscimenti ai suoi libri in Svezia, Francia, Germania, Austria, Italia. Dopo “I ragazzi di zinco”(1989) e “Incantati dalla morte”(1993), nel 1997 Aleksievic dà alle stampe “Preghiera per Cernobyl”, che parla del dimenticato «popolo di Cernobyl, un problema aperto anche nel nostro XXI se­colo, sia per le Repubbliche dell’ex URSS (Bielorussia, Ucraina Russia), che per tutto il mondo. La tragedia segnerà i popoli coinvolti per decenni e forse molte altre generazioni.

«Ho cercato lungamente me stessa, volevo trovare qualcosa che mi avvicinasse alla realtà, ero tormentata ipnotizzata, appassionatamente incuriosita proprio dalla realtà. Afferrare quanto vi è di autentico, ecco cosa volevo. E ho assimilato all’istante questo genere, fatto delle voci di uomini e donne, di confessioni, testimonianze e documenti dell’anima delle persone. Si il mondo io lo vedo e lo sento proprio in questo modo: attraverso le voci e i dettagli della vita quotidiana e del vivere. La mia vista e il mio udito sono strutturati così. E tutto quello che avevo dentro si è subito rivelato utile, perché bisognava essere al tempo stesso scrittore, giornalista, sociologo, psicoanalista, predicatore...”

Contesto: L'Ucraina dopo il 1945

 


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