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L'influenza della scuola russa
stanislavskijana sul teatro nordamericano giunse attraverso due canali.
Determinante fu la tournée
del 1923 della compagnia del Teatro d'Arte di Mosca. La compagnia ebbe
un enorme successo di pubblico. Stanislavskij fu stimolato a scrivere
La mia vita nell'arte, che non a caso è
dedicato "in segno di gratitudine all'ospitale America".
Negli stessi anni, si aprì
l'American Laboratory Theatre, una scuola teatrale diretta
da Richard Boleslawski e Marija Uspenskaja [],
due transfughi del teatro di Mosca, e che posero alla base del loro
insegnamento il metodo Stanislavskij. Tra i loro allievi - ne ebbero
più di 500 - furono Lee Strasberg, Stella Adler, Harold Clurman: quelli che saranno i tre
principali protagonisti del Group
Theatre. Siamo ormai nel clima del
new deal. Negli Stati Uniti, per la prima
(e non più ripetuta volta), lo Stato interviene nel finanziamento delle
attività teatrali: ciò permette a centinaia di gruppi di avere finalmente
quel minimo sostegno finanziario sufficiente per realizzare attività
di teatro non necessariamente legate al ritorno economico tipico del
sistema di Broadway. Il Group Theatre nasce nel 1931 dalle ceneri di altre iniziative teatrali precedenti
(come il Theatre Guild cui si deve nel novembre 1929 la prima rappresentazione di una commedia
sovietica negli Stati Uniti [])
e grazie all'impegno di Lee Strasberg, si pone come la prima attività teatrale statunitense di successo che
abbia impiegato in maniera sistematica l'insegnamento di Stanislavskij.
Due erano soprattutto gli esercizi che Strasberg faceva svolgere ai suoi attori:
l'improvvisazione, cioè l'interpretazione di situazioni emotivamente
analoghe a quelle contenute nella commedia che avrebbe dovuto essere
rappresentata, ma senza il sostegno delle battute; e l'esercizio di
memoria affettiva, che consisteva nel rivivere un avvenimento del proprio
passato, in modo da rievocare sentimenti che erano entrati in gioco
nel momento in cui questo avvenimento si era svolto. Erano esercizi
che, nell'ottica di Strasberg, erano utili sia all'attore che al regista. L'attore imparava a esprimersi
non soltanto con la voce e il gesto ma con tutto il suo essere, a entrare
nel personaggio e a riprodurne gli schemi psicologici. Il regista aveva
la possibilità di vedere il suo strumento di lavoro messo a nudo e liberato
dalle sovrastrutture del mestiere e dalle riserve mentali. Strasberg si sforzò inoltre di organizzare
il gruppo come un vero collettivo, con paghe date agli attori non sulla
base dei ruoli che recitavano, e con preparazione alle recite fatte
in campagna, lontano dalle scene. Altro punto interessante fu l'atteggiamento
del Group Theatre verso gli autori. Ribellandosi alla figura tradizionale nel teatro
nordamericano del play-doctor,
l'esperto di teatro che interviene nel tryout,
il giro in provincia che serve da rodaggio a ogni commedia nuova prima
della presentazione a Broadway, ad aggiungere accomodare togliere scene
o battute secondo criteri strettamente commerciali spesso senza neppure
che l'autore ne sappia nulla, il Group
postulò la necessità di voler collaborare con l'autore delle commedie,
criticandone collettivamente i punti deboli e suggerendo come modificarli.
L'applicazione del metodo Stanislavskij produsse disagi e incomprensioni
nella fase iniziale di preparazione del gruppo teatrale, ma alla fine
i risultati ci furono: il Group Theatre fu uno dei migliori gruppi teatrali della storia del teatro statunitense.
Dall'esperienza del Group Theatre e da una nuova rivisitazione del metodo Stanislavskij, nacque nel
dopoguerra l'Actors' Studio di Elia Kazan, scuola di formazione e perfezionamento per attori, che deve a Marlon
Brando, James Dean, Anthony Perkins e a occasionali visite di Marilyn
Monroe una vasta notorietà non specialistica. La versione nordamericana
del metodo Stanislavskij fa diventare il metodo stesso non solo una
"grammatica della recitazione" ma addirittura una norma di
vita. Scriverà Harold Clurman nel 1957: "l'attore, uomo naturalmente neurotico e sofferente
di angosce e repressioni d'ogni genere, trova nella rivelazione di se
stesso - raggiunta con il rivivere un'esperienza passata - un agente
purificatore. Pensa così di diventare non soltanto un miglior attore
ma un uomo migliore [...]. Non esistendo un teatro nazionale, né compagnie
di repertorio, né garanzie di lavoro stabile e permanente, e quindi
impossibilità di serie discussioni artistiche e di lavoro approfondito
sulla recitazione, gli attori americani si aggrappano al metodo come
a un toccasana non soltanto professionale ma spirituale. Diventa per
loro come manna scesa dal cielo" [].
L'influenza di elementi del
metodo Stanislavskij è comunemente avvertibile nei gruppi dell'avanguardia
new-yorkese degli anni Sessanta, compreso il Living Theatre di Julien Beck e Judith Malina: tutti si pongono comunque il problema del superamento della versione
nordamericana del "metodo Stanislavskij", tentando varie strade
(il Living all'inizio tenterà la strada
di un "teatro di poesia" che dovrà presto abbandonare). La
tournée del Living in Europa e in Italia permise la ri-immissione di queste tecniche
all'interno della pratica dei gruppi della sperimentazione teatrale
e dell'avanguardia dal Sessantotto in poi, ormai con l'attenzione piena
alle influenze provenienti da altre sorgenti (Artaud, Brecht, Piscator ecc.) e dal "teatro povero"
di Jerzy Grotowski.
A una "ripresa" di
Stanislavskij ma cercando di "superare" la sclerotizzazione
avvertita all'interno della pratica dell'Actors'
Studio, punta anche l'altro gruppo sperimentale nordamericano
che negli anni Sessanta ha dato una svolta al teatro occidentale, l'Open
Theatre di Joe Chaikin []:
gli esercizi messi a punto per portare gradualmente gli attori all'improvvisazione
collettiva coscientemente derivano da Stanislavskij e dal rilievo da
lui sottolineato, negli ultimi anni, per le "azioni fisiche".
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