Le esigenze drammaturgiche
di Brecht furono sempre diverse rispetto a quelle di Stanislavskij. L'incontro
tra i due approcci avviene sul piano della pratica teatrale, mentre
motivazioni e finalità divergono. Stanislavskij ha come obiettivo l'attore,
Brecht è un autore che finalizza l'opera a una validità e uno scopo sociale.
Da questo punto di vista, la "linea" di Brecht è più quella di Mejerchol'd (e di Piscator) che non di Stanislavskij.
Brecht parla di Stanislavskij negli "Scritti"
(vol. VII). "Il sistema di Stanislavskij è indubbiamente un passo
avanti - scrive Brecht - se non altro perché è un sistema", ma
tuttavia una serie di "parole d'ordine" stanislavskijane sono
per Brecht inaccettabili. Innanzitutto l'immedesimazione
dell'attore con il personaggio: per Brecht l'attore deve essere capace di
distanziarsene e giudicarlo. L'attore deve intervenire con il suo giudizio,
per rilevare tutte le contraddizioni del personaggio (e dell'opera),
per questo non è possibile l' "azione ininterrotta del personaggio"
così come insegnava Stanislavskij: l'azione viene interrotta proprio
dall'intervento del nostro giudizio e della nostra critica degli eventi
e dei personaggi. Ma soprattutto: "quello che importa è una verità
socialmente utile: che se ne fa il pubblico di una verità bella ma inutile?".
"Anche Freud, come Stanislavskij, lotta contro un male sociale con metodi non sociali:
entrambi lottano contro i risultati non contro le cause". "Stanislavskij
quando dirige è prima di tutto un attore. Io, quando dirigo, sono prima
di tutto un drammaturgo".
Sempre negli "Scritti"
vol. VII, Brecht parla di tre fasi che servono per la costruzione del
personaggio:
"La prima avviene durante
la lettura e nei primi giorni di prova e consiste nel cercare di conoscere
bene il personaggio senza assimilarlo o perdervisi dentro, ma cercando
di individuare le contraddizioni [...].
La seconda fase è quella dell'immedesimazione:
la ricerca della verità di un personaggio in senso soggettivo. In altre
parole, voi gli lasciate la sua volizione, gli permettete di fare quello
che vuole, come vuole. Lasciate che il personaggio reagisca liberamente
agli altri personaggi, al suo ambiente, alla sua trama. Tutto questo
in modo semplice e naturale. Dopo una lunga ed elaborata raccolta di
dati e di elementi, voi vi tuffate nel personaggio: acquisite la sua
forma definitiva, diventate tutt'uno con esso [...].
C'è poi la terza fase: nella
quale voi tentate di vedere il personaggio dal di fuori, dal punto di
vista della società. E a questo punto, voi dovete cercare di ricordare
sia la diffidenza che l'ammirazione che avete provato nei riguardi del
personaggio durante la prima fase".
La seconda fase descritta da
Brecht riprende il metodo Stanislavskij integralmente: verità del personaggio,
movimento di immedesimazione, raccolta dei dati ecc. Il metodo brechtiano
non si muove in opposizione a quello di Stanislavskij, ma lo ingloba
e lo finalizza in maniera diversa. Ciò che chiede Brecht non è solo di rappresentare il
personaggio, ma esige una presa di coscienza e un feedback ideologico.
L'attore deve recitare ma deve essere anche in grado di dare un giudizio
di valore sul personaggio, ed essere cosciente di quelli che sono i
"super-obiettivi" dell'opera: "se l'attore capisce il
super-obiettivo, egli rappresenta la società e sta al di fuori del personaggio"
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