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Nel 1937, già profondamente
malato, Stanislavskij scrisse un piccolo promemoria per i suoi allievi
dello Studio dell'Opera e del Dramma. E' un "ruolino di marcia"
in cui fissa in 24 fasi il lavoro sul personaggio e la commedia che
gli allievi dovevano compiere (sotto la supervisione degli insegnanti).
Riportiamo il brano []:
1.
Racconto
(generico, non troppo particolareggiato) della favola del dramma.
2.
Recitare
la favola dall'esterno secondo azioni fisiche. Esempio: devi entrare
in una camera. Non entrare, se non sai: da dove vieni, dove vai, perché.
Per questo l'allievo chieda i fatti sommari esterni della trama che
giustifichino (rendano vere) le sue azioni. Le azioni fisiche (sommarie)
vengono a loro volta giustificate (rese vere) per mezzo delle circostanze
(le più esterne, sommarie). Le azioni si estraggono dalla commedia:
se non bastano, inventarne altre nello spirito dell'opera: che farei
se io, adesso, oggi, qui... (mi trovassi in circostanze analoghe a quelle
del personaggio)?
3.
Esercitazioni
sul passato, sul futuro (il presente, è nella scena stessa); da dove
sono venuto, dove vado, che è successo negli intervalli fra un'uscita
e un'altra.
4.
Racconto
(più particolareggiato) delle azioni fisiche e della favola del dramma.
Riesposizione più particolareggiata, precisa e approfondita delle circostanze
date, impiego analogo del "se".
5.
Si
definisce temporaneamente un supercompito in modo sommario, abbozzato,
approssimativo. (Non Leningrado, ma Tver', o magari una stazioncina
di provincia).
6.
Sulla
base del materiale ricevuto - tracciare una trans-azione (direttrice
d'azione) temporanea e approssimativa). Interrogarsi continuamente:
che farei se (li trovassi nella situazione data...).
7.
Per
questo - dividere l'azione in brani fisici grandi (senza di che non
c'è il dramma, senza azioni fisiche grandi o piccole).
8.
Eseguire
(recitare) queste azioni fisiche così abbozzate sulla base della domanda:
cosa farei, "se" io...
9.
Se
il brano grande sfugge all'esecuzione - dividerlo temporaneamente in
brani medi e se necessario, piccoli e piccolissimi. Imparare la natura
delle azioni fisiche. Osservare rigorosamente la logica e la consequenzialità
dei brani grandi e delle loro parti costitutive; collegarle in azioni
grandi, complete, senza oggetti.
10.
Formare
una linea logica e conseguente di azioni fisiche e organiche. Notare
questa linea e rafforzarla nella pratica. (Ripassarla molte volte, recitarla,
fissarla solidamente: liberarla di tutto il superfluo: via il 95%!).
Condurla alla verità e alla convinzione. La logica e la consequenzialità
delle azioni fisiche conducono alla verità e alla convinzione. Rafforzarle
attraverso la logica e la consequenzialità e non attraverso il verismo
fine a se stesso (verità per la verità!).
11.
La
logica, la consequenzialità, la verità e la convinzione, accompagnati
dal "qui, oggi, ora" si rafforzano.
12.
Tutti
insieme formano lo stato che si chiama dell' "io sono".
13.
Dove
c'è l' "io sono", là c'è la natura organica e suo subcosciente.
14.
Fino
ad ora avete recitato con parole vostre. Prima lettura del testo. Gli
allievi o attori si approprino di singole parole o frasi del testo dell'autore
che sembrano loro necessarie, che li hanno colpiti. Le annotino e le
includino nel testo del ruolo in mezzo alle loro parole casuali, improvvisate.
Dopo qualche tempo - una seconda, terza e successive letture del testo
con nuove inclusioni nel testo composto di parole improvvisate. Così
a poco a poco, in principio in oasi singole, e poi in interi lunghi
periodi il ruolo si riempie delle parole dell'autore. Resteranno lacune,
ma anch'esse presto si riempiranno del testo dell'autore - a seconda
dello stile, della lingua, della frase.
15.
Si
impara il testo, lo si fissa, ma non lo si pronunzia forte, per non
usare una dizione meccanica, perché non si formi una linea di artifici
verbali. Anche la messa in scena non va fissata per non permettere che
una linea di messinscena rigida si formi in parallelo alla linea dell'emissione
meccanica delle parole. Recitare a lungo e rafforzare la linea delle
azioni logiche e coerenti, della verità, della convinzione, dell' "io
sono", della natura organica e del subcosciente. Man mano che tutte
queste azioni si realizzano (giuste, vere), sorgono spontaneamente nuove
circostanze date più precise, e si forma una direttrice d'azione (trans-azione)
più approfondita, più ampia, più comprensiva. Durante questo lavoro
continuare a raccontare sempre più particolareggiatamente il contenuto
del dramma. A poco a poco giustificare (rendere più vera, più giusta)
la linea delle azioni fisiche con circostanze psicologiche sempre più
precise, precisando sempre di più il supercompito e la direttrice d'azione
(trans-azione).
16.
Continuare
a recitare la commedia secondo le linee stabilite. Le parole, pensarle
(pronunciarle soltanto mentalmente), e, recitando, sostituirle con un
corrispondente "ta-ta-ti-ra".
17.
Durante
il processo di giustificazione (in cui si sono fatte vere) delle azioni
fisiche e delle altre si è disegnata una linea interna vera. Rafforzarla
ancora, facendo in modo che il testo parlato resti subordinato ad essa,
e non sia pronunciato come a sé stante, meccanicamente. Continuare a
recitare la commedia col procedimento del "ta-ta-ti-ra" e
contemporaneamente continuare a lavorare al rafforzamento della linea
interiore del sottotesto. Raccontare con parole proprie: 1) la linea
del pensiero; 2) la linea delle immagini; 3) chiarire queste due linee
ai propri interlocutori nel dramma: per stabilire una comunicazione
e la linea dell'azione interna. Queste sono le linee fondamentali del
sottotesto del ruolo. Rafforzare più saldamente possibile e tenerle
continuamente vive.
18.
Dopo
che questa linea s'è rafforzata, leggere a tavolino il testo dell'autore,
seduti sulle proprie mani, sforzandosi di trasmettere con la massima
esattezza ai propri interlocutori tutte le linee elaborate, le azioni,
i particolari, e tutta la partitura.
19.
Lo
stesso, a tavolino, con le mani e il corpo libero, con alcuni movimenti
e una messinscena abbozzata.
20.
Lo
stesso, in scena, con messinscena abbozzata.
21.
Elaborazione
e definizione della pianta della scena: in quattro pareti. Domandare
a ciascuno: dove (in quale circostanze sceniche) vorrebbe essere a recitare.
Che ognuno presenti la propria pianta. Da tutti i piani forniti dagli
attori si forma il piano del dispositivo scenico.
22.
Elaborazione
e abbozzo della messinscena. Stabilire la scena secondo la pianta fissata
e chiamare in essa l'attore. Domandare: dove ti metteresti a fare una
dichiarazione d'amore, o una discussione a quattr'occhi, dove confesseresti
qualcosa a qualcuno, ecc.? Dove andresti, se volessi nascondere il tuo
turbamento? Gli attori camminino per la scena, e facciano tutte le azioni
fisiche necessarie alla commedia: cercare libri in biblioteca, aprire
una finestra, accendere il fuoco nel camino.
23.
Prova
della validità delle varie piante e messinscena aprendo ora l'una ora
l'altra delle quattro pareti.
24.
Sedersi
a tavolino e condurre una serie di conversazioni sulla linea letteraria,
politica, artistica e così via.
Caratterizzazione. Tutto quello che è stato
fatto, ha formato la caratterizzazione interna. Con questo deve di per
sé comparire la caratterizzazione esterna. Ma come regolarsi nel caso
che la caratterizzazione (esterna) non compaia? In questo caso facciamo
tutto quello che è stato già fatto, ma accompagnandolo con lo zoppicare
della gamba, o il farfugliare della lingua, con una certa posizione
dei piedi, delle mani, del corpo, con abitudini e tic appresi dall'esterno.
Se la caratterizzazione esterna non compare di per sé, innestatela dall'esterno,
come innestereste un ramo di limone su un pompelmo.
Si tratta di appunti, un pro-memoria,
la cui validità è relativa al lavoro concreto di una determinata messinscena,
stesi in un periodo di non-presenza di Stanislavskij (a causa della
malattia) dallo "studio" e in una fase terminale della sua
vita - dunque riflettenti concezioni "finali". Nonostante
tutti questi limiti, è avvertibile, accanto alla specificità delle indicazioni
assegnate, la direzione verso cui ancora una volta il vecchio "maestro"
si muove: innanzitutto la possibilità stessa dell'esistenza di un'analisi
del percorso formativo relativo alla "costruzione" del personaggio
da parte dell'attore. La permanenza dell'idea di strategia, finalizzata
al conseguimento della "verità" dell'interpretazione. L'idea
che nemico da contrastare a tutti i costi, sempre, è l'enfasi e la meccanicità
dell'interpretazione non solo dei gesti (di qui l'imposizione di "recitare"
tenendo le palme delle mani bloccate dal proprio sedere, in una delle
"tappe") ma anche della propria voce (di qui l'uso del "ta-ta-ti-ra"
al posto delle parole). E che il lavoro che l'attore deve compiere è
un lavoro che solo in parte è individuale, che richiede la compresenza
e la collaborazione degli altri (gli "interlocutori" del dramma),
e che il regista deve tenere conto delle esigenze degli attori.
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