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Con Stanislavskij si opera,
nella storia del teatro del Novecento, una trasformazione essenziale:
l'attore non è più solo al servizio dell'autore, ma acquista importanza
e ruolo all'interno della creazione drammaturgica. L'azione dell'attore
diventa l'elemento costitutivo dello spettacolo. La parola del testo
drammatico perde il suo primato, cedendolo all'azione drammatica [].
E' un cambiamento che apre
nuovi orizzonti, anche se l'apporto di Stanislavskij può apparire meno
eclatante di quello di Mejerchol'd o meno utopico di quello di Artaud. E in ogni caso mantenendo
una aderenza e una fedeltà al testo che altri registi vorranno superare
(così in Grotowski, per il quale il testo e solo
un pre-testo). Non si tratta di "insufficienze" rispetto a
una evoluzione successiva, ma di precise scelte e diversi obiettivi
di Stanislavskij rispetto ai registi-autori successivi. Per Stanislavskij
non si tratta di mutare senso a un testo, ma di attuare un testo in
maniera più coerentemente efficace dal punto di vista drammaturgico.
Dando una lettura del testo non superficiale, non basata solo sulla
lettera espressa, tenendo presente anche dei risultati che la letteratura
russa (Tolstoj, Gor'kij, Dostojevskij) aveva raggiunto proprio nei confronti della complessità psicologica
narrativa. Si pensi alla scoperta della polifonicità delle costruzioni
narrative [] o alla scoperta
dell'idiosincrasia tra motivazioni psichologiche e motivazioni logico-formali
[] nell'azione
dei personaggi. E tenendo presente delle ricerche in campo scientifico,
le teorie psicologiche della scuola russa, in particolare le idee di
Secenov e della sua psico-fisiologia [].
Il personaggio indicato nella
lettera del testo drammaturgo possiede così una serie di elementi, motivazioni,
una vita pre-testuale e che lo fa agire in quel determinato modo: ricostruire
il pre-testo significa "entrare" nel profondo del personaggio.
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