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Alla fine del 1922 Stanislavskij
decide di giocare la carta della tournée. In patria sente di essere
in declino, in Europa e soprattutto negli Stati Uniti è invece il trionfo.
Ciò ha conseguenze anche sulla possibilità di poter continuare a fare
teatro in patria: da questo momento in poi il Teatro d'Arte diventa
uno dei simboli della cultura russa nel mondo, istituzione. Per l'Europa
e gli Stati Uniti invece è la consacrazione del Teatro d'Arte e del
"sistema Stanislavskij", che entrano definitivamente nel sangue
del teatro occidentale.
Alla fine degli anni Venti
il Teatro d'Arte si trova alla destra dello schieramento culturale:
i formalisti come Eisenstein e Mejerchol'd tentano attraverso le loro sperimentazioni
di innovare il teatro. Nel 1927 però la politica culturale del regime
sovietico cambia - Stalin ha ormai saldamente il potere nelle mani (nel
1924 era morto Lenin) e nel 1928 viene avviata la campagna per l'industrializzazione
e la socializzazione delle terre; negli anni Trenta la situazione sarà
ancora più imbrigliata con l'imposizione del "realismo socialista"
(1934) e con la creazione di una Direzione Centrale dei Teatri (1936)
sotto cui dovevano sottostare tutte le sale teatrali. La stretta politica
decapita il teatro sperimentale (Mejerchol'd finirà fucilato). Rimane il Teatro
d'Arte, con il suo repertorio di classici. Negli anni Trenta il repertorio
viene migliorato con l'immissione delle opere di Bulgakov (e di Leonov, Vsevolod Ivanov), ma si tratta di piccoli scarti rispetto a un lavoro che sostanzialmente
è di riproposizione di classici di repertorio. Stanislavskij continua
a lavorare fino all'ultimo soprattutto sulla formazione degli attori,
e sulla riformulazione delle tecniche del "lavoro sull'attore".
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