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Il Secondo Studio nacque a
opera di uno dei giovani allievi di Stanislavskij, il giovane regista Mcedelov nel 1916 insieme a una piccola scuola
d'arte drammatica di Mosca. Essi misero insieme un repertorio di autori
contemporanei, fecero una tournée in provincia, nel 1925 furono inglobati
nel Teatro d'Arte fornendo la "seconda generazione" di attori:
trionfarono con il primo testo di un autore contemporaneo dato al Teatro
d'Arte dopo la rivoluzione del 1917, I
giorni dei Turbin (tratto da La
guardia bianca) di Michail Bulgakov.
La nascita del Terzo Studio
fu più controversa. A succedere nella direzione del Primo Studio dopo
la morte di Sulerziskij fu un suo allievo, Evgenij Vachtangov, che tentò vie autonome. Cercò
di coinvolgere non più attori professionisti ma un gruppo di studenti
dilettanti e entusiasti. La prima prova fu un fallimento: Stanislavskij
gli vietò di perseverare, ma Vachtangov perseverò facendo riunire di nascosto
il suo gruppo di allievi. Vachtangov impose agli allievi regole monastiche,
partendo dal principio che il buon attore deve cominciare a essere un
uomo buono: ogni scorrettezza, scortesia, eccessiva familiarità veniva
denunciata come "non studietà", mancanza di coscienza nei
confronti dello studio. Criterio di ammissione e permanenza nel Terzo
Studio (che ricevette questa denominazione solo nel 1920) non era l'effettivo
talento dell'individuo ma l'amore per il mestiere e il rispetto della
disciplina. Per due anni si fecero esercizi di improvvisazione, concentrazione,
pantomime per sviluppare fantasia e teatralità, immedesimazione. Dopo
alcuni testi, il gruppo ottenne il trionfo con la Turandot
(Gozzi) nel 1922, vera festa del teatro e della recitazione.
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