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Stanislavskij inizia presto
a raccogliere appunti sul proprio mestiere. Essi confluiranno poi nelle
opere auto-biografiche, strumento indispensabile di studio per chiunque
si accosti all'opera di Stanislavskij. Stanislavskij ricorda l'influenza
avuta per i contatti con il circo, il teatro di marionette, e poi con
l'opera italiana, il balletto, e poi la frequentazione giovanile come
spettatore del Malyj Teatr []. Dopo la pratica
al Circolo Alekseev, il vero salto di qualità lo ha con l'ammissione
alla Scuola d'arte drammatica
dei teatri imperiali di Glikerija N. Fedotova e poi con la fondazione (1888)
della Società di arte e letteratura
e il contatto con Aleksandr F. Fedotov. Dopo due anni la Società fallisce ma continua a allestire spettacoli
al Circolo della caccia. Sono anni importanti di formazione, che consentono
a Stanislavskij di maturare la propria esperienza.
Ciò che contraddistingue la
ricerca di Stanislavskij in questa fase è l'attenzione alle capacità
mimetiche dell'attore, al realismo psicologico e caratteriale dell'interpretazione.
Per "Il cavaliere avaro" di Puskin, regia di Fedotov [],
Stanislavskij su suggerimento di Fedotov cercò una interpretazione che
superasse il modello proveniente dalle opere liriche all'italiana: di
contro alla tradizione del "padre nobile" imponente e ben
vestito, volle rappresentare la degradazione e la vecchiaia del personaggio.
Per fare questo si mise prima a osservare e imitare gli anziani che
aveva sott'occhio, le rigicità del corpo ecc. Durante una vacanza estiva
a Vichy si fece rinchiudere in un sotterraneo umido di un castello,
pieno di topi, per sperimentare la realtà della situazione che avrebbe
poi dovuto fingere sulla scena. Sono ancora tentativi sperimentali,
che non sembrano dare risultati: Stanislavskij ne ebbe un forte raffreddore
ma nessun vantaggio per la costruzione del personaggio. Scrisse in seguito
Stanislavskij:
"Evidentemente per diventare
attore tragico non bastava rinchiudersi in un sotterraneo con i topi,
ci voleva qualche altra cosa. Ma che cosa? I registi spiegano con genialità
quello che vogliono ottenere, ossia ciò che c'è bisogno per la rappresentazione;
a loro interessa soltanto il risultato finale. Essi criticano, mostrando
ciò che non bisogna fare. Ma come ottenere quello che desiderano non
lo dicono".
Negli anni in cui Stanislavskij
è attivo, la Russia vive un periodo frenetico di cambiamenti, sociali
e politici. Nota Fausto Malcovati, riguardo al periodo di apprendistato di Stanislavskij, con la Società
di arte e letteratura:
"Negli appunti [di quegli
anni] manca qualsiasi nome legato alla politica o alla vita sociale:
e c'è da domandarsi se in realtà Stanislavskij seguisse gli avvenimenti
storici del suo tempo […]. Non va dimenticato che erano anni cruciali
per la Russia: c'era stato l'assassinio dello Zar Alessandro, la dura
repressione, i tentativi di riforma. Tolstoj denunciava senza mezzi termini in articoli e saggi lo stato di depressione
e di carestia di alcune regioni dell'impero, l'industrializzazione procedeva
aggravando gli squilibri sociali. Ma di tutta la situazione poco riflesso
si trova nell'attività di Stanislavskij e della neofondata Società"
[].
La mancanza, nei suoi scritti,
di riferimenti o proclami ideologici, sarà essenziale per il "successo"
dei suoi insegnamenti in occidente, e per la permanenza in Urss di una
scuola legata al suo nome.
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