Philippe
Soupault
Philippe Soupault
Nato a Chaville (Paris) nel 1897, alla
fase dadaista appartengono i versi de Rosa dei venti (Rose des
vents, 1920); con Breton ha sperimentato la scrittura automatica
ne I campi magnetici (1920). Nel 1927 si staccò dal surrealismo
disapprovando l'adesione di Breton al PCF. La sua poesia era però
già svincolata dalle tematiche del gruppo: Westwego (1922),
Wang- Wang (1924), Georgia (1926). Nelle opere posteriori sono
ritmi popolareggianti e una più viva partecipazione agli
eventi della storia: C'è un oceano (Il y a un océan,
1936), L'arma segreta (L'arme secrète, 1946), Canzoni del
giorno e della notte (Chansons du jour et de la nuit, 1949), Senza
frasi (Sans phrases, 1953).
Nel 1923-28 sperimentò una narrativa
d'ispirazione surrealista: in una prosa lirica estremamente tesa
evoca personaggi travolti dal sogno, dal vizio, dalla smania dell'avventura:
Il buon apostolo (Le bon apotre, 1923), Alla deriva (A la dérive,
1924), Puntate! (En joue, 1925), Il negro (Le nègre, 1927).
Punto d'arrivo di questa esperienza è Le ultime notti di
Paris (Les dernières nuits de Paris, 1928), romanzo poliziesco
che ha per protagonista Paris colta nei suoi aspetti quotidiani
e più allucinanti.
Soupault ha scritto per il teatro e per il
cinema. Tra gli scritti letterari e artistici: Profili perduti
(1963), L'amicizia (1965). Autobiografico è Il tempo degli
assassini : storia del detenuto n.1934 (1945) dove Soupault rievoca
l'arresto e la prigionia subiti a Tunisi nel 1943 a opera del
governo di Vichy.
[1997]
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