Umberto 
              Saba  
            
             
             
              Umberto Saba 
               
               Nato a Trieste nel 1883, morì a Gorizia 
                nel 1957. La madre, ebrea, fu abbandonata dal marito prima della 
                nascita del figlio. Saba conobbe il padre solo da adulto ma ne 
                rifiutò il cognome, assumendone uno che suonasse omaggio 
                alla razza materna ("saba"=pane, in ebraico). Senza aver terminato 
                gli studi, lavorò come praticante in una casa di commercio 
                triestina; fu anche mozzo su un mercantile. 
                 
                Esordì come poeta nel 1903 con l'edizione privata de Il 
                mio primo libro di poesia , ma la sua prima vera uscita fu con 
                Poesie (1911), introdotte da S. Benco. Soggiornò a Firenze 
                ed ebbe rapporti con il gruppo della rivista «La Voce». Seguirono 
                le liriche di Coi miei occhi (1912), e il saggio "Quel che resta 
                da fare ai poeti" che fu rifiutato da «La Voce» (dei rapporti 
                non buoni che ebbe Saba con quel gruppo è indicativa la 
                stroncatura che delle sue "Poesie" fece S. Slataper). 
                 
                Militare durante la prima guerra mondiale, non al fronte. Dopo 
                la guerra divenne proprietario di una libreria antiquaria che 
                costituì per lui rifugio e mezzo di sostentamento. 
                 
                Nel 1921 pubblicò presso la sua Libreria antica e moderna 
                il Canzoniere  che raccoglie la produzione poetica di 
                un ventennio: la critica restò generalmente fredda; con 
                cautela limitativa reagì un critico come Emilio Cecchi, 
                mentre ammirazione mostrò il critico G. Debenedetti. Seguirono: 
                Preludio e canzonette (1923), Autobiografia (1924), I prigionieri 
                (1924), Figure e canti (1926), Preludio e fughe (1928). Nel 1928 
                la rivista «Solaria» dedicò a Saba un numero unico, a testimonianza 
                della sua fama crescente. 
                 
                Contemporaneamente peggiorano le sue condizioni psichiche, già 
                da anni sofferente di nevrosi, fu costretto a sottoporsi dal 1929 
                in poi a cure psicoanalitiche spesso intense. Con la promulgazio 
                ne delle leggi razziali fu costretto a rifugiarsi prima a Paris 
                poi a Firenze dove Montale e altri intellettuali antifascisti 
                lo protessero. Nel frattempo furono pubblicate altre raccolte: 
                Parole (1934), Ultime cose (1944). 
                 
                Subito dopo la guerra fu pubblicata la seconda edizione del Canzoniere 
                (1948), destinata a ottenere massimi e unanimi consensi. La fama 
                non l'aiutò a vincere le crescenti crisi depressive che 
                lo costrinsero a un quasi totale isolamento. Nel 1953 fu ricoverato 
                in una clinica romana. Nel 1956 quando morì la moglie Lina, 
                si stabilì a Gorizia dove rimase fino alla morte. 
                 
                Nell'ultimo decennio di vita pubblicò numerose raccolte 
                poetiche: Mediterranee (1946), Uccelli (1950), Epigrafe (1959), 
                tutte confluite nelle varie edizioni del Canzoniere : nel 1951 
                e nel 1961. Numerosi anche i volumi di prosa: Scorciatoie e raccontini 
                (1946); interessante anche se autoencomiastica interpretazione 
                della propria poesia in Storia e cronistoria del Canzoniere (1948); 
                Ricordi-Racconti (1956); il romanzo incompiuto Ernesto (1953, 
                edito nel 1975) sensibilissima analisi dell'educazione sessuale 
                di un adolescente narrata in commistione di triestino e italiano. 
                Il suo epistolario è apparso finora in raccolte fram mentarie: 
                Lettere a un'amica (1966), Lettere inedite (1968), Amicizia (1976), 
                La spada d'amore (1983). 
                 
                In Saba i testi poetici sono in osmosi, paralleli e intreccia 
                ti, con la sua vita. Ha cercato sempre di specchiare la sue esi 
                stenza nella pagina scritta, ovvero a riconoscere come proprie 
                le verità della letteratura. E' una identificazione che 
                è cosa di versa dall'identificazione decadentista arte-vita: 
                Saba lesse molto e amò da giovane D'Annunzio, ma dopo una 
                visita in Versilia al "vate" la delusione fu tale da fargli rigettare 
                l'idolo. L'osmosi è una riproposizione originale del rapporto 
                soggetto/mondo: un rapporto che è all'origine della costruzione 
                metaforica di molta poesia del novecento, gli oggetti del mondo 
                che simboleg giano stati del soggetto. In Saba invece è 
                un rapporto di conti guità, di rimando reciproco, di cornice: 
                le vicende del soggetto si appellano continuamente al mondo come 
                contesto, come sede di quel flusso esistenziale da cui solo contingentemente 
                si distacca l'io individuale. Ciò fa sì che la poesia 
                di Saba si caratterizzi come un intreccio costante di lirismo 
                e racconto, di aulicità del metro e del ritmo e quotidianità 
                del lessico. Saba ricorre anche a un repertorio di parole e immagini 
                tipico della poesia lirica, al limite della banalità, ma 
                forzandolo in costruzioni ritmiche aspre che rifiutano ogni possibile 
                "canto". A questi diversi re gistri espressivi corrisponde una 
                materia autobiografica densa e angosciata. Si realizza una scissione 
                tra l'apparente facilità delle parole e la profondità 
                delle analisi impietose, la violenza dei sentimenti portati alla 
                luce. 
                 
                Saba conobbe le teorie freudiane, Nietzsche (una conoscenza quasi 
                inedita per i letterati italiani del tempo), ebbe un pro fondo 
                legame con la tradizione mitteleuropea della cultura trie stina: 
                tutto ciò sposta l'area di riferimento della poesia di 
                Saba da quella peninsulare a una continentale, e ciò spiega 
                le incomprensioni incontrate presso il mondo letterario italico. 
                La nascita a Trieste implicava una costituzionale arcaicità 
                del gusto culturale, legato a forme e linguaggi tradizionali; 
                di qui il recupero del classicismo italico (Parini, Foscolo, Leopardi, 
                il melodramma), e una problematicità europea (da Baudelaire 
                a Heine). Prima è la fusione di questi elementi in un'esasperata 
                ten sione diaristica, che caratterizza le prime prove e che raggiunge 
                un equilibrio nelle sezioni del Canzoniere del 1909 e 1912 inti 
                tolate "Casa e campagna" e "Trieste e una donna", incise da una 
                vivissima tensione a cogliere amarezze e gioie del quotidiano; 
                poi drammatizzandoli nelle raccolte degli anni '20, nelle con 
                traddizioni e lacerazioni del soggetto sottoposto alla analisi 
                freudiana, ma anche con gli eccessi di affabulazione del Piccolo 
                Berto , gruppo di poesie del 1929 (apparso in Tre composizioni 
                , 1933). Con "Parole" e "Ultime cose" è l'ultima fase dell'opera 
                di Saba, caratterizzata da un classicismo meno oratorio e più 
                conci so, capace, nel frammentismo e nella sincerità del 
                discorso, di approdare a toni sentenziosi racchiusi in rapide 
                emblematiche im magini. Nelle ultime raccolte ("Mediterranee", 
                "Epigrafe") l'istanza narrativa e autobiografica torna pressante 
                ma filtrata dalla saggezza dell'anziano, dalla disillusa ma ancora 
                attiva vo lontà di confrontarsi con l'esistenza. 
                 
                Con Saba non siamo propriamente nell'ambito dell'ermetismo, ma 
                negli esiti del pascolismo, arricchiti da apporti culturali e 
                d'ambiente provenienti da una città eccentrica rispetto 
                al panorama provinciale italico, com'era la Trieste post prima 
                guerra mondiale. 
               
              
               
              [1997]
              
             
            
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