Storia della letteratura europea - Torna in homepageAndrej Platonovic Platonov


Andrej Platonovic Platonov


Andrej Platonovic Platonov nacque a Voronez nel 1899 (morì a Mosca nel 1951, per una tubercolosi contratta accudendo il figlio malato). Laureatosi in ingegneria, lavorò per qualche tempo a im prese di bonifica e elettrificazione nella Russia meridionale. Dopo un modesto esordio poetico, cominciò a scrivere in prosa verso la metà degli anni venti, pubblicando su riviste una serie di racconti e romanzi tra cui Il dubbioso Makar (1929), L'uomo di stato (1929), A buon pro (1931), in cui mostrava di orientarsi verso la linea ornamentale di Gogol', Leskov, Remizov. Densi di spunti satirici contro la burocrazia e attenti al fenomeno della disumanizzazione dell'individuo, questi scritti procurarono a Platonov violenti critiche culminate nell'arresto e nel confino. Tra gli scritti più interessanti prima dell'esilio è il racconto Kotlovan (1930). Esso è ambientato nel mondo contadino, in teressato dalle collettivizzazioni staliniane, tra il dicembre 1929 e l'aprile 1930. Al centro è una metafora, quella della costruzione di un edificio, la «casa proletaria comune», alle cui fondamenta tutti sono chiamati a lavorare. Ma lo scavo si fa via via più largo e profondo. Da questa metafora centrale se ne dipartono altre: l'orso martellatore che partecipa alla spedizione contro i kulaki ma che poi non riesce a fermarsi e continua a far baccano; Nastja la bambina che dovrà abitare la casa comune, mostriciattolo saputello, "uomo nuovo" che parla per slogan e che ha una "coscienza di classe" che si confonde con la crudeltà dei bambini. Il racconto non appartiene al genere grottesco né a quello utopico o anti-utopico. E' una rappresentazione del mondo nella sua totalità, la verifica disperata di una speranza inizia le. Voscev, il protagonista, nel giorno del suo trentesimo com pleanno viene licenziato dall'officina meccanica in cui lavorava, si mette in cammino per conoscere la verità: il libro è il rac conto di questo viaggio. Il protagonista è un ciudak, un bislacco, come tutti i personaggi di Platonov. Vuole conoscere il vero peso delle cose, il perché della vita e della morte, conservare la memoria di tutto in modo che nulla sia stato inutile. Il suo fermarsi allo sterro non scioglie l'incertezza. E' una impotenza che tocca il culmine con le pagine finali sulla morte della bambina: «A che scopo gli serviva ora il senso della vita e la verità sull'origine di tutte le cose, se non c'era più quel piccolo e fedele essere umano, dove la verità si sarebbe fatta gioia e movimento?». Il suo viaggio è un fallimento annunciato: «e se fosse solo un nemico di classe, questa verità?». La collettivizzazione, la nuova frontiera dell'utopia, è un altro sogno sanguinoso. Linguisticamente il racconto è una amalgama di parole d'ordine, brandelli di slogan, citazioni della propaganda ufficiale, termini scientifici, formule politiche, direttive: un universo linguistico che ricrea un universo reale. Tornato dall'esilio, riprese a scrivere ma le sue opere non poterono essere pubblicate. Visse in miseria. Dopo la sua morte hanno visto la luce, all'estero, alcuni racconti e romanzi brevi: Raccolti scelti (1958), Nel mondo bellissimo e violento (1965), Alla ricerca di una terra felice (1968). In URSS la ripubblicazione timida delle opere di Platonov si è avuta tra il 1986 e il 1988, nel corso della breve primavera gorbacioviana: Il mare della giovinezza (Juvenil'noe more) uscito sulla rivista «Znamia» (n.6/1986) e poi in volume autonomo [Moskva : 1988], "Kotlovan" su «Novyj mir» (n.6/1987), Cevengur su «Druzba narodov» (n. 3-4/1988). Nelle opere più mature Platonov sostituisce l'elaborato stile dei primi libri con una scrittura più semplice. La sua narrativa dà, nel complesso, una coraggiosa alternativa ai toni celebrativi della letteratura ufficiale, di cui affronta gli stessi temi: la tragedia della guerra civile, la riedificazione della società sovietica ecc., ma con un'angolazione che privilegia le ragioni dell'uomo comune e non esita a colpire gli aspetti mistificanti della realtà post-rivoluzionaria.



[1997]

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