Boris
Pil'njak
Boris Pil'njak
Boris Pil'njak: Boris Andreevic Vogau, come si
chiamava in realtà, nacque a Mozaisk [Mosca] nel 1894.
Nel suo primo romanzo di successo, L'anno nudo (1922) ispirato
alla rivoluzione, portò all'estremo la tecnica non-narrativa
di Aleksandr Belyj e teorizzata dai formalisti. Ricorrendo a bruschi
montaggi di brani eterogenei, vi esprime la sua personale visione
della rivoluzione russa come esplosione informe di energie primordiali.
Seguirono racconti e romanzi brevi: Ivan-de- Marija, La terza
capitale, Madre umida terra - raccolti nei volumi Pane nero (1923)
e Oltre le foreste (1924). Qui Pil'njak sviluppa ulteriormente
la sua tecni ca. L'intonazione fortemente slavofila di alcuni
suoi scritti non piacque alla critica ufficiale che vi vide posizioni
reazionarie. Dopo le polemiche suscitate dal Racconto della luna
che non fu spenta (1926) in cui si alludeva alla morte di Frunze,
capo dell'Armata Rossa, tentò l'autocritica con Il Volga
si getta nel mar Caspio (1930) di argomento edificante. Ma una
parte del romanzo, pubblicata all'estero separatamente con il
titolo di Mogano (1929) tradiva i dubbi sulla possibilità
di riscattare l'antica indolenza asiatica del popolo e, in ultima
analisi, denunciava la sua simpatia per un immobile passato medievale.
Accusato di atteggiamento antisociale e antistorico, cadde definitivamente
in disgrazia. Dal 1937 il suo nome fu ignorato dalla stampa sovietica.
Si seppe più tardi che fu arrestato come spia dei giapponesi:
morì in un campo di concentramento intorno al 1938.
[1997]
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