La
letteratura coloniale
La letteratura coloniale
Con la definizione di "letteratura coloniale" si fa riferimento
alla produzione letteraria degli autori di provenienza soprattutto
europea, avente come ambiente e tema il colonialismo, e il rapporto
tra l'europa e i paesi africani e asiatici. Il colonialismo, l'occupazione
territoriale e lo sfruttamento economico delle regioni africane
e in parte asiatiche, è giunto in questo periodo nella
sua fase pre-agonica: in parte perché tutto quello che
c'era da conquistare era ormai stato conquistato: l'ultima guerra
coloniale, di "conquista" di una regione afroasiatica da parte
di un paese europeo è la guerra italo-etiopica: ma ha tutte
le caratteristiche di una guerra tra nazioni statalmente strutturate,
non tra eserciti contro tribù. Si tratta dell'aggressione
di un paese europeo finora non o poco coloniale nel tentativo
di partecipare al consesso delle potenze coloniali, un parvenù
del colonialismo.
Tra le grandi potenze a parte lo scontro nelle aree di confine
(soprattutto nei paesi arabi, per il controllo dei giacimenti
petroliferi) domina l'assestamento delle strutture interne, alle
prese con i primi fenomeni nazionalistici. La produzione letteraria
coloniale è per ora in possesso di autori di provenienza
europea. A parte il soddisfacimento del gusto per l'esotico decadentista
e romanticista, è una produzione che risponde a bisogni
particolari. Parleremo qui dei prodotti migliori di questa produzione,
di cui non bisogna vedere solo l'aspetto connesso al dominio di
una nazione o di una razza su un'altra. Nei prodotti migliori
questo aspetto è anzi ampiamente stigmatizzato: molte di
queste opere appartengono alla letteratura di denuncia dello sfruttamento
colonialista. Gli "europei" non sono stati solo colonialismo e
sfruttamento, ma anche, in alcuni, elaborazione di un'idea della
convivenza tra le persone, un'idea di comunità umana. Il
filone progressista è, all'interno delle società
europee, filone non dominante e anzi guardato con sospet to se
non perseguito da parte delle classi al potere. La denuncia del
colonialismo è parte di un discorso più ampio, della
cultura progressista, della denuncia dello sfruttamento e del
male propri a un sistema di potere che, nelle società europee
significa il dominio di una minoranza di privilegiati su una gran
massa esclusa da qualsiasi partecipazione a quei privilegi; in
ambiente coloniale lo sfruttamento delle risorse e delle popolazioni
delle regioni extraeuropee, per sostentare il potere economico
di quei ceti. Quello progressista è il filone più
politicizzato, e darà impulso anche culturale alla stessa
lotta delle popolazioni locali contro il dominio delle potenze
coloniali. Sul piano letterario gli esiti vanno dalla denuncia
diretta all'uso del realismo.
Esiste un altro filone, che si connette con un altro atteggiamento
psicologico o, se si vuole, con un altro bisogno. La ricerca romanticistica
del genuino, dell'originario, di ciò che non è incrostato
o inquinato dalla civiltà industriale e borghese. Ciò
che spinge molti europei all'avventura per esempio africana o
indiana. Con esiti controversi, di disillusione, oppure di incondizionato
entusiasmo per la realtà dei paesaggi e dei modi di vivere
delle popolazioni non europee. Un entusiasmo che in alcuni diventa
abbandono della vecchia patria europea e adozione del nuovo paese
come propria nuova patria, e lotta per la difesa e le sorti di
questo nuovo paese. Il loro spingersi verso il limite, sul territorio
di confine della cultura accettata (quella europea) verso una
cultura minoritaria e in ogni caso facente parte del "diverso"
e del "minoritario", li fa portatori di un discorso sovversivo
per le società dominanti (coloniali o meno che siano).
E' chiaro che vi sono dei limiti al loro stesso spingersi verso
il limite. E tanto più dentro i confini essi si trovano
tanto più la loro opera viene accettata e "letta" da parte
del pubblico. Essi stessi del resto usano gli strumenti letterari
della cultura dominante, lingua e mezzi espressivi, orizzonte
referenziale. Ciò però non fa di "tutti" questi
parte integrante della cultura dominante. E l'attenzione verso
le cultura altre non è sempre esteriore o di colore, ma
nei migliore sostanziale, in alcuni addirittura di parte, in altri
con funzione di mediazione. Chi scrive del resto testimonia in
ogni caso non un abbandono totale della cultura occidentale, di
cui gli stessi mezzi espressivi fanno parte: l'abbandono è
il silenzio (Rimbaud). Chi scrive testimonia in genere una esperienza:
esperienza dell'altro, esperienza di una realtà fatta di
poteri che dominano su regioni e popolazioni ecc. Non a caso gran
parte di questa letteratura si presenta nella forma memorialistica.
Una testimonianza che è volontà di comunicare ciò
che si è visto e provato agli altri: il pubblico della
ex "propria gente" o di quelli che è tornata a essere la
"propria gente", dopo una parentesi che in alcuni è considerata
come conclusa in altri no: verso cui dopo si torna ossessivamente,
oppure con l'indulgenza che si ha verso l'esperienza della giovinezza.
Forse il più famoso, per la "leggenda" creatasi attorno
al suo nome (ripresa e diffusa anche dal cinema) è la personalità
di Thomas Edward Lawrence.
A un personaggio come quello di Lawrence nettamente contrasto
fa la personalità di Karen Blixen.
Alla razza dei viaggiatori appartiene un 'minore' come Robert
Byron.
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