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La canzone tra le due guerre

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vai sopra / up La canzone: dal disco al cinema

La canzone popolare, continua a manifestarsi nel doppio canale del canto di lavoro e di festa, e nel canto di protesta connesso con i movimenti politici. La nascita dei partiti e dei sindacati, di organizzazioni cioè, strutturate, porta alla diffusione della canzone-inno, legata a quel dato partito o a quella data organizzazione. Le cose più interessanti provengono, per noi, dall'espressione delle ansie di giustizia e di dolore. Un filone consistente deriva dall'evento prima guerra mondiale, sulle cui spalle, durante e dopo, si diffondono decine di canzoni. Tra quelle che esprimono l'orrore per quella guerra, uno dei testi più interessanti (e famoso) in Italia è quello intitolato O Gorizia. Molto diffuso du rante la guerra, conosciuto in varie versioni non solo in italia no ma anche nei vari dialetti delle regioni italiche, costante è l'esplicito rifiuto della guerra:

"La mattina del cinque d'agosto | si muovevano le truppe italiane | per Gorizia e per terre lontane | e dolente ognun partì. || Sotto l'acqua che cadeva la rovescio | grandinavano le palle nemiche | su quei monti, colline e gran valli | si moriva dicendo così: || O Gorizia tu sei maledetta | per ogni cuore che sente coscienza | dolorosa ci fu la partenza | e il ritorno per molti non fu. || O vigliacchi che voi ve ne state | con le mogli sui letti di lana | schernitori di noi carne umana | questa guerra ci insegna a punir || Voi chiamate il campo d'nore | questa terra di là dei confini; | qui si muore gridando assassini | maledetti sarete un dì. || Cara moglie che tu non mi senti | raccomando ai compagni vi cini | di tenermi da conto i bambini | che io muoio col suo nome nel cuor || O Gorizia [... ritornello]".

Nel periodo tra le due guerre in italia è la trasformazione della romanza in canzone commerciale. Se negli anni '20 ancora i temi sono quelli del romanticismo più decadente, fatto di scettici e maliarde, mentre i ritmi sono vivificati dall'influsso del tango, le cose migliori vengono ancora dalla realtà delle tradizioni (mercati) regionali: soprattutto quello napoletano, ma anche toscano, milanese, romano. Dagli anni '30 l'apparizione dei nuovi mass-media porta alla diffusione di prodotti diversi, destinati a un pubblico (e a un mercato) sovra-regionale. Spettacoli pubblici come il varietà e la rivista, o l'operetta danno il loro contributo, ma il fatto nuovo è ora dato dalle radio e dal cinema: sono questi due media a dare alla canzone commerciale una grande diffusione quotidiana. Non è un caso che il primo film sonoro del cinema sia Il cantante di jazz (1927): protagonista Al Jolson, uno dei più popolari cantanti statunitensi tra anni '20 e '30, che fa la sua apparizione con la faccia tinta di nero, nello stile dei vecchi minstrels dell'ottocento. Il sonoro cinematografico veicola la canzone. Gli interpreti della canzone commerciale conoscono a partire dagli anni trenta il fenomeno del divismo: in italia Natalino Otto, Pippo Barzizza, il Trio Lescano, Odoardo Spadaro; negli anni '40 sono orchestre e interpreti che continueranno la loro carriera anche nel dopoguerra: Angelini con la sua orchestra porta al successo molti brani, Alberto Rabagliati, il Quartetto Cetra, Gorni Kramer.

Il cinema italiano, aveva cominciato a cantare con "La canzone dell'amore". Intenso uso delle canzoni d'amore fecero i film com merciali dei "telefoni bianchi": le canzoni si identificarono spesso con i volti delle attrici allora più celebri, eroine ange licate di universi senza tragedia (anche per ragioni politiche), come Assia Noris ("Grandi magazzini" ne I grandi magazzini regia di Camerini, "Una romantica avventura" nel film omonimo sempre di Camerini; fu accanto a De Sica in Darò un milione, con John Lodge e Maurizio D'Ancora in Batticuore) la prima attrice italiana ad apparire in un film nel costume a due pezzi, Alida Valli (interprete di "Ma l'amore no", parole di M. Galdieri, nel film Stasera niente di nuovo regia di Mattoli. Nel dopoguerra fu l'interprete di Senso di Visconti nella parte della contessa Sertieri), Carla Del Poggio (nel film La scuola dei timidi, regia di C.L. Bragaglia, in cui Alberto Rabagliati cantava "Tu musica divina". Lei aveva debuttato nel 1941 nel ruolo di una collegiale nel film Un garibaldino al convento di De Sica), Lilia Silvi (il suo vero nome era Silvana Musitelli, fece la cantante alla radio e sullo schermo partecipò a alcune commedie di successo come "La bisbetica domata", "Giorni felici", "Il diavolo va in collegio"), Clara Calamai (nella storia del cinema italiano dell'epoca è la prima a portare una scena di nudo sugli schermi: ne La cena delle beffe, Amedeo Nazzari nelle vesti di Neri Chiaramontesi strappa con furore gli abiti dal copro della traditrice Ginevra, interpretata da Calamai, che rimane a dibattersi urlante nel letto. La Calamai interpretò nel dopoguerra un film basilare come Ossessione, la parte della popolana Giovanna, la prima donna vera del cinema italiano), Doris Duranti, Luisa Ferida, Elli Parvo, Mariella Lotti, Maria Denis, Adriana Benetti, Caterina Boratto; e di alcuni attori-cantanti come Vittorio De Sica ("Parlami d'amore Mariù" nel film Gli uomini che mascalzoni; "Dammi un bacio e ti dico di sì" in duetto con Elsa Merlini nel film Non ti conosco più).

Una notevole influenza, come del resto nel cinema, ha la canzone commerciale proveniente dagli Stati Uniti. Grande popolarità ha "Polvere di stelle" (Stardust) di Mitchell Parish, musica di Hoagy Carmichael, il cui testo fu adattato in italiano da Devilli o anche le canzoni di Cole Porter ecc. Tende a dilagare, ac canto alla canzone commerciale d'amore, la canzone swing. Fiorita negli Stati Uniti negli anni '20 (ripresa dalla seconda metà dell'ottocento) la "nonsense song" con le sue 'parole in libertà' viene ripresa dagli autori e interpreti italiani. Anche le orche strazioni si rifanno a modelli nordamericani, soprattutto ai grossi complessi di 'jazz bianco' con poderose sezioni d'archi, come quello di Paul Whiteman. Tipiche canzoni di questo filone furono "Quel motivetto che mi piace tanto" portato al successo dall'orchestra Barzizza, pezzo strumentale con ritornello canta to, caratteristico delle big bands statunitensi di quel periodo; "Tornerai" (1937), "Maramao perché sei morto?", "Il pinguino in namorato" interpretate dal Trio Lescano; "Ba-ba baciami piccina", "Oi Marì" cantate da Alberto Rabagliati; su un filone accattivante e umoristico "Lodovico" cantato da Vittorio De Sica; atmosfere ampiamente romantiche e melodiche in "Notte e di'" del trio Capinere; "Ho un sassolino nella scarpa" (1943) cantato da Natalino Otto, allegro motivetto in stile dixieland.

La politica fascista nei confronti delle musiche straniere, soprattutto statunitensi, fu piuttosto labile all'inizio. Negli anni '20 una frangia fascista di derivazione futurista aveva predicato la superiorità della batteria (allora era chiamata "jazz-band") su ogni altro strumento, in nome del culto della velocità e del ritmo. Anton Giulio Bragaglia scrisse sul jazz come forza purificatrice. Durante l'autarchia e soprattutto con l'alleanza italo- tedesca, si ha un notevole restringimento: la casa discografica Fonit di Milano, che cercava di continuare l'importazione di dischi nordamericani, fu assaltata da un manipolo di fascisti e alcuni pacchi di dischi furono buttati in strada. Eppure l'importazione continuò, e le canzoni furono adattate: "Saint Louis blues" (di Handi) divenne nel titolo "La tristezza di San Luigi". Natalino Otto fu escluso dai microfoni dell'EIAR, ma continuò ad avere successo con i suoi dischi, con canzoni come "Mamma voglio la fidanzata", e persino con una canzone surreale come "Olga For nacelli".

Durante la guerra la canzone commerciale è impegnata nello sforzo di propaganda del regime. Si cantano gli slogan del regime, si esprimono però anche le ansie, le paure, i desideri di una nazione coinvolta in una calamità generale. Tra le canzoni di regime è "La canzone dei volontari": presentata nel 1935 da Vittorio De Sica nel film Amo te sola : idillio 1848 di Mattioli, film dunque risorgimentale, fu ripresa nel 1940-42 in altro contesto. In genere domina un registro malinconico in questa canzoni d'uso fascista, ed è questo registro che ce le fa ancora oggi umanamente comprendere. Veicolo di diffusione ancora una volta il cinema, oltre alla radio: film come Uomini sul fondo ("La canzone dei sommergibili" di Ruccione e Zorro, cantata da Michele Montanari), Giarabub ("La sagra di Giarabub" parole di F.A. De Torres e A. Simeoni, musica di M. Ruccione, interpretata da Francesco Albanese), L'angelo del crepuscolo ("Ninna nanna in grigioverde" cantata da Gianna Pederzini), Finestra sul mare ("Domani partirai" interpretata da Delia Lodi). Celebri furono anche "Caro papà" (1940) interpretata da Jone Cacciagli, dove accanto agli slogan è il tono nostalgico e triste; celeberrima "Lilì Marleen" (musica di Norbert Schultze, parole di Hans Leip, interpretata in italia da Lina Termini), anche se ritenuta dai regimi nazifascisti sostanzialmente disfattista: vero inno internazionale durante la guerra dei nazionalismi europei, cantata e conosciuta da tutti gli eserciti contendenti. Schultze la compose nel 1938, ma a nessuno venne in mente di pubblicarla. Solo più tardi, giovandosi della voce dell'attrice-cantante Lale Andersen, la fece pubblicare: fu un fiasco, del disco si vendettero poche centinaia di copie. Goebbels non gradiva che soldati del Reich venissero ritratti come normali malinconici innamorati: pare fu Goebbels stesso a distruggere l'incisione originale di "Lilì Marleen". Una copia però arrivò a London, mentre i dischi avanzati giacquero nei sot terranei di Radio Berlin. La sera del 18 agosto 1941, l'ufficiale tedesco che dirigeva la radio di Belgrado occupata fece trasmettere il disco, arrivato da Berlin insieme a vecchie musiche. "Lilì Marleen" fu ascoltata dai soldati dell'Afrika Korps: nel giro di una settimana Radio Belgrado fu sommersa di lettere. Hit ler in persona diede ordine che fosse trasmessa ogni sera alle 21,55. Da allora "Lilì Marleen" fu cantata su tutti i fronti, in varie lingue ma con parole sostanzialmente identiche. Lale Andersen divenne celebre, ma non la mise al riparo dalle persecuzioni del regime: la sua famiglia era di origini ebraiche, lei stessa tentò di fuggire in Svizzera. Arrestata, tentò di uccidersi. Radio London diede notizia che era stata rinchiusa in un lager. Per confutare Radio London la cantante fu tirata fuori e fatta cantare in diretta.

In italia canzone ufficiale del regime era "Vincere". Una serie di canzoni furono scritte in onore dei vari corpi dell'esercito: aviatori ("Rondinella azzurra"), marinai ("Il saluto del marinaio"), carristi ("La canzone del carrista"): stranamente solo "La canzone dei sommergibili" ebbe successo. Per il resto si cercava di non pensare alla guerra: il trio Lescano cantava "Camminando sotto la pioggia" (ripresa dalla rivista di Macario "Tutte donne") in cui "le gocce cadono ma che fa | se ci bagnamo un po', | domani il sole ci potrà asciugar..."; mentre Ernesto Bonino era interprete di "A zonzo". Ambigue canzo ni come "Signora illusione" di Fragna e Cherubini la cui popolarità non si deve tanto alla musica o al testo ma proprio all'interpretazione tendente a alludere ironicamente: l'illusione, ultima spiaggia dei naufraghi della realtà; "Il valzer dell'organino" di Bixio e Cherubini, interpretata da Piero Pavesio ("se cambia il motivo dei vecchi organin, | potrebbe in un giro cambiare il destin..."); "E' stata una follia" interpretata da Nini Serena; e l'umoristico "Tutto bene, madama la marchesa" interpretata da un pool formato da Massucci, Osella, Nunzio Filogamo, Molinari e che riprendeva una vecchia canzone francese. Indimenticabile è "Mille lire al mese" di Innocenzi e Sopranzi, presente nel film omonimo regia di Max Neufeld (con Alida Valli, Umberto Melnati, Renato Cialente): in piena guerra, con il raziona- mento di burro e pane, e le automobili vendute - per chi ancora poteva permettersele - senza gomme, e gli stipendi decisamente lontani da quella cifra (una domestica percepiva 80 lire/mese, un capufficio d'in dustria laureato in ingegneria 800). Con la 'liberazione' si diffuse una canzone allegra e speranzosa come "Rosamunda" cantata da Dea Garbaccio e incisa dall'orchestra Angelini: si trattava di una canzone nordamericana del 1939 ("Beer Barrel Polka" scritta da Veywoda; in italia fu adattata da Nisa).


vai sopra / up Operetta

Al genere dell'operetta danno il loro contributo soprattutto gli ungheresi: Franz Lehar continua la sua carriera (1870\1948, "Il paese del sorriso" 1929, "La danza delle libellule" 1922, "Paganini" 1925), Emmerich Kálmán arricchì l'operetta viennese con suggestioni del folclore magiaro (1882\1953, "La contessa Maritza" 1924); tra gli italiani: Virgilio Ranzato (1883\1937, "Il paese dei campanelli" 1923, "Cin-ci-là" 1925), Carlo Lombardo (1869\1959, "Madama di Tebe" 1918, "La donna innamorata", "La duchessa del bal tabarin", ma fu il librettista di Ranzato per le sue due operette più famose), Giuseppe Pietri (1886\1946, "Addio giovinezza" 1915, "Acqua cheta" 1920 con il brano famoso de "La rificolona", "La donna perduta" 1923; scrisse anche opere come "Maristella" 1934), Mario Pasquale Costa (1858\1933, "Il re di Chez Maxim", "Scugnizza" 1922). Il ceco-statunitense Rudolf Friml (1879\1972, "Rose Marie" 1924, divenne anche film), l'ungherese Paul Abraham (1892\1960, "Fior d'Hawai" 1928, "Vittoria e il suo ussaro" 1930, "Ballo al Savoy" 1932). Con il praghese-statunitense Ralph Benatzsky (1884\1957, "Al cavallino bianco" 1930; fu autore di un gran numero di canzoni e musiche per film) è più sensibile il passaggio dal modello dell'operetta viennese alla commedia musicale nordamericana.


vai sopra / up Music-hall e cabaret

A Paris è forse l'ultima stagione del music-hall. L'Olympia conosce tra il 1918 e il 1928 il suo periodo di massimo splendore, accogliendo le migliori vedettes del periodo: Damia, Frehel, Lucienne Boyer. Ma non è un caso che nel 1929 sia costretto a trasformarsi in sala cine- matografica. Negli anni '20 Paris era il centro della vita mondana, della moda, dello spettacolo. Al caffé Les Deux Magots di Saint-Germain-des-Prés sedevano per ore, a conversare, Hemingway, Pound, Gertrude Stein, Dos Passos, Francis Scott Fitzgerald e sua moglie Zelda. Ma anche Cole Porter vi trascorre anni lieti (e dedicherà a Paris canzoni come "I love Paris" e "April in Paris"), e Gershwin va a studiare da Nadia Boulanger, "mamma" di tutti i principali compositori del secolo. Impazza il jazz, anche se Armstrong arriverà solo nel 1933. Nel 1955 debutta con la "Révue Nègre" Josèphine Baker, portata sulle spalle da una gigante negro, nuda, con solo una piuma di fenicottero tra le gambe. Divenne famosissima. Al culmine del suo successo, nel 1927, si contraddistingueva per una serie di "stranezze" tra il folclorico e il divismo: passeggiava per gli Champs Elysées con due leopardi al guinzaglio, poi sostituiti con due cigni bianchi, allevava animali di ogni tipo nel suo castello di 50 stanze che era appartenuto a Maria Antonietta. Lei rappresentava l'esotico, il primordiale africano.

Contesto

Indice 1917-1939

 


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