Stefan
George
Stefan George
Nato a Büdesheim [Bingen] nel 1868, cominciò
a viaggiare per l'europa a vent'anni. A Paris frequentò
i simbolisti, Mallarmé, Verlaine. In Belgio conobbe Verhaeren,
in Inghilterra Swinburne e i preraffaelliti. Nel 1890 creò
un proprio circolo attorno alla rivista «Blätter für
die Kunst» (Fogli per l'arte), organo di op posizione al naturalismo.
A partire dal 1900 visse quasi stabil mente a Monaco-di-Baviera.
In segno di protesta contro l'uso pro pagandistico che il nazismo
faceva della sua opera, nel 1933 si trasferì in Svizzera.
Morì a Minusio [Locarno] nel 1933.
Il suo esordio letterario avvenne con le raccolte Inni (Hymnen,
1890), Pellegrinaggi (Pilgerfahrten, 1891) e Eliogabalo (Al gabal,
1892).
Seguirono i tre Libri delle poesie pastorali e delle laudi, delle
leggende e dei canti e dei giardini pensili (Die Büchner
der Hirten-und Preisgedichte der Sagen und Sänge und der
hängen den Gärten, 1895) preziosi quadri ispirati alla
Roma antica, alle leggende medievali e all'Oriente fiabesco. Del
1897 è la raccolta L'anno dell'anima (Das Jahr der Seele)
caratterizzati da un lirismo fortemente interiorizzato. Nel 1900
è Il tappeto della vita e i canti del sogno e della morte
(Der Teppich des Lebens und die Lieder von Traum und Tod) in cui
George formulò, in smaglianti vignette preraffaellite,
un'immagine del poeta come rivelatore del divino.
Il settimo anello (Der sibente Ring, 1907) mostra un crescente
interesse politico. Tra le poesie più felici di questa
raccolta sono le brevi canzone dedicate all'efebo Massimino, che
sarà poi il centro del volume La stella del patto (Der
Stern des Bundes, 1914). E ricomparirà, trasfigurata nel
mito della divina giovi nezza, nell'ultimo volume di George, Il
nuovo regno (Das neue Reich, 1928).
Per Stefan George l'attività poetica era una missione,
in ari stocratica polemica con la cultura borghese: con il positivismo
in filosofia, con il naturalismo in letteratura. Il poeta è
per George sacerdote e maestro di una nuova mistica, che oppone
il sublime eterno alla passionalità del contingente. Sul
piano for male la poesia di George tende a una pura immaterialità
che si traduce in strenua, marmorea levigatezza. La stessa presentazione
tipografica, i caratteri, i frontespizi, assumono, come per esem
pio in D'Annunzio, una rilevanza stilistica. La lingua tedesca
viene piegata e contorta alla ricerca di una solennità
lapidaria. Ne deriva una lirica oscura e armoniosa, di struggente
perfezione formale.
[1997]
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